Quando Griffin trovò la forza fisica e psicologica per alzarsi dal letto e affrontare le conseguenze della notte precedente, erano ormai le dieci del mattino e i suoi genitori erano già in cucina a fare colazione. E dato che in guerra e in amore ogni arma è lecita e lui voleva farsi almeno un'idea di quale sarebbe stato il suo destino per prepararsi al meglio, decise di sfruttare quei secondi in cui non si erano ancora accorti della sua presenza per origliare la loro conversazione.
«Non so che fare, davvero», stava dicendo suo padre, e dalla voce suonava stremato. «Insomma. È evidente che dobbiamo punirlo, ma dopo ciò che ci ha raccontato quel ragazzo... credi che siamo stati troppo duri con loro?»
«Non lo so, Daniel. Con tutta onestà non ero preparata a una cosa del genere.»
«Che vuoi dire?»
«L'hai visto anche tu ieri sera. Hai visto come si è comportato, come ha parlato. Ha difeso quel ragazzo con le unghie e coi denti. Si è mai messo così tanto in gioco per qualcosa prima d'ora?»
«...No, hai ragione. È stato indubbiamente... inaspettato.»
«Non era solo per l'alcol, e non stava solo facendo "il ribelle" per contrariarci. Credimi, so riconoscere la differenza. Il Griffin che abbiamo lasciato due settimane fa non avrebbe mai fatto un discorso come quello di ieri sera.»
«Erano mesi che non lo sentivo parlare così a lungo.»
«Esatto! Qualsiasi cosa sia successa mentre siamo stati via, l'ha cambiato. E sospetto che quel ragazzo abbia fatto la sua buona parte in tale cambiamento.»
«Ora sta tutto nel capire se sia cambiato in meglio, mhm?»
Griffin aveva sentito abbastanza. Uscì dal suo nascondiglio dietro l'uscio della porta ed entrò in cucina, schiarendosi la voce per annunciare la sua presenza. I suoi genitori si voltarono all'istante, entrambi i volti imperscrutabili, al punto che se non l'avesse sentita con le sue orecchie Griffin non avrebbe mai detto che avevano appena avuto una profonda conversazione su di lui.
Non avevano un ottimo aspetto: sua madre doveva ancora sistemarsi i capelli che le incorniciavano il viso in un groviglio biondo ingestibile, mentre suo padre aveva un principio di occhiaie e continuava a tamburellare nervosamente le dita sul tavolo.
Non dovevano aver trascorso una notte particolarmente tranquilla.
Per qualche secondo ci fu un silenzio colmo di disagio, silenzio che venne rotto da lui stesso.
«Buongiorno.»
Non abbassò lo sguardo, altra cosa che stupì i suoi genitori, anche se loro fecero un ottimo lavoro nel nasconderlo. Ma quelle due settimane a cercare di carpire i segreti di Alistair erano state un eccellente allenamento nell'osservazione delle reazioni umane.
«Buongiorno, Griffin», rispose sua madre, la voce mantenuta accuratamente impassibile. Griffin sentì su di sé gli sguardi dei suoi genitori mentre andava verso il frigorifero e ne tirava fuori il suo succo al pompelmo e una brioche al cioccolato. Si sedette poi a tavola in mezzo a loro, sforzandosi di ignorare il posto vuoto che per due settimane era appartenuto ad Alistair.
«Il tuo amico sta ancora dormendo?» domandò suo padre.
«Se n'è andato», rispose lui con tutta la calma del mondo. «Ha preso le sue cose stamattina presto e ha tolto il disturbo.»
«Se n'è andato senza dire niente?»
«C'era forse qualcos'altro da dire? Avete reso la vostra posizione molto chiara ieri sera. Immagino abbia voluto andarsene in silenzio per evitare a tutti ulteriore imbarazzo.»
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La Canzone del Silenzio
Genç KurguGriffin Lockhart non parla mai. Né, tantomeno, esce mai dal suo piccolo villaggio. Ha trascorso la sua vita a confondersi con lo sfondo: un semplice adolescente solitario amante della musica, che preferisce la compagnia di un bel romanzo di mistero...