Solitudine

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"Fantastico: mi piace. Prendiamo anche questo: li prendiamo tutti." Logan le fece fare un giro a trecentosessanta gradi ed emise un verso di ammirazione, come se tanta bellezza gli facesse male.
"Tutti? Non ce n'è nemmeno uno che non ti piaccia?" Fece notare Mar.
"È perché ti stanno benissimo tutti." Le disse per poi baciarla.
"Quando voi due avrete finito, Mar vieni: ti devo parlare."
"D'accordo." Si girò verso il suo ragazzo alzando gli occhi per quanto il suo manager la stesse seccando.
"Cosa devi dirmi?" Gli chiese una volta fuori. Lui non rispose e le mise in mano un recipiente contenente delle pastiglie. "Che cos'è?"
"Sono degli integratori alimentari, per la stanchezza: ti voglio brillante per il tour."
"Oh, beh: grazie."
"Solo delle accortezze: guardati dall'assumere sostanze alcoliche quando lo prendi e non superare mai, per nessun motivo, una pastiglia al giorno." La serietà con qui diceva quelle cose era strana, ma in fondo era Freddy: cosa c'era di normale in lui?

Entrando a scuola era al telefono, molto irritata.
"Io ho chiesto un vestito con i brillantini e me ne è arrivato uno con le paillettes... No, non mi interessa se non ce n'erano: non posso indossare quel vestito, è orribile... Se non conosce la differenza tra brillantini e paillettes non so perché lei abbia aperto un negozio di sartoria...Facciamo così: avete due ore a partire da questo momento per portarmi il mio vestito, dopodiché, se non sarà arrivato, farò in modo che il vostro negozio guida e non riapra mai più." Chiuse la chiamata. In realtà non era arrabbiata per il vestito, il fatto non la toccava quasi, era stato l'atteggiamento di Henry a mandarla su tutte le furie.
Non si capacitava di come avesse potuto lasciarla così, a lei: a Margaret Peirstry. Gli aveva dato già più di un'occasione, e lui le aveva sprecate tutte.
Sbattè con forza l'armadietto e si diresse verso la classe, ma venne bloccata dal diretto interessato. "Mar, perdonami: davvero. Perdonami io..."
"Devo andare in classe." Interruppe il suo balbettio riconsegnandogli il suo telefono prima di andarsene.
Erano finite le lezioni e Mar aveva accuratamente evitato di rivolgere la parola ad Henry - impresa particolarmente difficile dato il fatto che erano vicini di banco- e, appena misero piede fuori dalla classe tornò al telefono.
"Max! Dovevi portarmi il mio vestito: dove sei?"
"Mar: aspetta un attimo. Voglio solo parlarti."
"Non ora Henry. Max!" Gli disse distrattamente tornando a strillare al telefono.
"Hey principessa. Se continui con questi isterismi morirai giovane." Max, il suo migliore amico, era finalmente apparso ed Henry ebbe la spiacevole sorpresa di scoprire a chi si riferisse: Max Thunderman. Lui ammiccò con un sorriso compiaciuto in sua direzione alla sua espressione di puro stupore.
"Hai il mio vestito?"
"Stai forse parlando di questo?" Disse tirando fuori un vestito ancora imballato, lo stesso modello che aveva indossato per il videoclip del suo ultimo singolo.
Mar gli sorrise.
"Non lo merito qualcosa?" Chiese allungando il collo aspettando un bacio sulla guancia. Lei, troppo concentrata si vestito, si baciò distrattamente la mano e la poso sulla sua guancia in modo frettoloso.
"Mar..." Henry fece un ultimo tentativo per attirare la sua attenzione.
"Max, andiamo." Lo interruppe di nuovo.
"Ti raggiungo subito."
"Ti aspetto in macchina." Disse allora avanzando verso l'uscita.
"Vedo che hai già dei problemi con lei." Gli disse divertito.
"Smettila: è colpa tua e dei tuoi stupidi capricci."
"Allora diglielo, ma: ops, non puoi." E rise.
"Non ci trovo nulla di divertente."
"Io invece lo trovo esilarante. Ma senti." Si fece serio. "Mar può sembrarti una ragazza fantastica - e lo è - ma è piena di problemi e tu finiresti per fartene carico. In più so che può sembrarti il contrario, ma quando ci si mette è la persona più snob e capricciosa al mondo: può letteralmente farti impazzire. Detto ciò è la mia migliore amica e non ti lascerò avvicinare a lei nemmeno con lo sguardo: ci vediamo presto."
Perfetto: ora non solo Mar non voleva rivolgergli la parola, ma aveva pure il suo migliore amico contro. Si chiese se poteva andare peggio di così, ma presto si scoprì a non volerlo aver mai pensato.
~~~
"Devo tornare a Hiddenville." Le disse d'un tratto.
"Di già?"
"Sì, ma tornerò presto: ti prometto che per la tua esibizione ci sarò." Lei gli sorrise, sapeva che sarebbe venuto perché lui manteneva sempre le promesse, era l'unico a farlo.
Arrivarono le davanti a casa sua.
"Allora ti saluto qua." Lo abbracciò.
"Abbi cura di te, mi raccomando."
"E quando mai non l'ho fatto?" Lei ridacchiò e uscì dall'auto.

Entrata in casa ebbe però un'altra brutta sorpresa: suo nonno aveva le sue valigie in mano.
"Ti prego dimmi che stai cambiando stanza."
"Hanno trovato un raro esemplare di testuggine in Australia che si credeva estinto: non posso proprio perdere questa occasione. Mi dispiace molto: avrei voluto stare più tempo accanto a te.
"No, no non fa nulla: vai pure e quando torni raccontami tutto."
Lo abbracciò e lo salutò con la mano guardandolo uscire. Era rimasta sola in casa: completamente. I domestici erano stati tutti mandati in ferie da suo padre, così in quel momento era sola in una casa enorme. Odiava stare sola, però si ritrovava sempre così. Suo padre non c'era mai e la lasciava sola in una casa enorme e vuota. A cosa serviva una casa tanto grande se poi era l'unica a viverci? A cosa serviva tanto sfarzo se nemmeno poteva goderselo? Si asciugò le lacrime che non sapeva nemmeno stessero scendendo, e poi arrivò un singhiozzo, e poi un altro è un altro ancora: la consapevolezza di essere completamente sola le pesava troppo. Cosa c'era di sbagliato in lei? Perché finivano tutti per abbandonarla? C'era almeno qualcuno a cui importasse cosa pensava o cosa volesse? Continuò a singhiozzare e cadde in ginocchio tormentata dalla sua malinconia. Perché le facevano questo? Sua madre era morta da solo un anno e lei aveva dovuto cercare di andare avanti da sola, a nessuno era importato se ci riuscisse o meno, l'avevano semplicemente preteso. Lei allora aveva dovuto nascondere il vuoto che davvero provava con un finto sorriso che le abitava la faccia ogni giorno, ma nessuno si era accordo di nulla: era perché lei era brava a fingere o perché gli altri erano bravi a non vedere?
Nemmeno aveva il tempo per piangere: quella avrebbe avuto le prove per lo spettacolo di quel weekend. Asciugò le lacrime e cercò di respirare: nessuno doveva vederla in quello stato.
~~~
"Ci siete?" Chiese Fred. I ballerini assentirono e la musica partì. Non aveva nemmeno aspettato una sua risposta.
Durante la coreografia perse il tempo tre volte e aveva perso il conto di quante volte si era inciampata.
"Stop! Stop. Margaret tutto bene, hai bisogno di rivedere la coreografia?"
"No, è solo che non sono molto in forma oggi."
"In forma? Cosa sei: un formaggio? Facciamo così, Meredith: mostra la coreografia a Mar. Mar, tu mettiti qua e osserva attentamente." Lei sbuffò sonoramente prima di sedersi a guardare: non era dell'umore giusto per le prove, men che meno per le battute di Fred.
Meredith eseguì la coreografia in modo perfetto e Fred ne approfittò per riempirla di complimenti e sottolineare a Mar che quello era esattamente ciò che voleva.
"Adesso vai di nuovo." Ripartì la musica, ma la prestazione fu la stessa: per qualche motivo non riusciva a fare un passo senza inciampare e dimenticava interi pezzi della coreografia.
"Stop! Così non va bene. Mar, vieni un attimo qui." Lei si avvicinò titubante.
"Ricordi ciò che ti ho dato un po' di tempo fa?" Le chiese parlando piano.
"Sì."
"Devi ricominciare a prenderle."
"Ma, Fred. Hanno un pessimo effetto su di me."
"Le tue prestazioni migliorano: sono solo un po' di effetti collaterali per riuscire a dare il meglio."
"Ma..." Ma non la stava più ascoltando.
"Per oggi le prove possono finire qui, ma domani ti voglio più splendente che mai: lo spettacolo è questo weekend e non ti puoi permettere errori.
Lei non rispose, prese le sue cose e se ne andò.

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