Capitolo III

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Cacciai immediatamente Polibote dalla mia stanza insieme ad una sfilza di imprecazioni, poi aprii l'armadio.

Ero abituata a mettere sempre abiti normalissimi tipo jeans e magliette, ma sapevo di dover mettere qualcosa di elegante.

Frugai nell'armadio buttando sul letto i vestiti normali, finché non trovai un abito che non sapevo di avere.

Era un abito intero completamente bianco, escludendo le perle rosa pallido che lo decoravano.

Me lo misi, restando sorpresa dalla comodità e dal fatto che era proprio della mia taglia. Ebbene sì, mi stava bene.

Qualcuno bussò alla porta principale, quindi iniziai in fretta e furia a pettinare i miei capelli neri costantemente arruffati.

Ci misi un paio di minuti, poi corsi fuori dalla stanza a rotta di collo, rischiando di schiantarmi contro un muro.

Arrivai alla rampa di scale, che era affiancata dall'armadio delle scarpe.

Mi misi un paio di ballerine e scesi le scale lentamente per evitare di rotolare giù di sotto.

Arrivai proprio mentre Polibote apriva la porta.

Due uomini entrarono.

Il più grande era alto come Polibote, quindi una decina di metri.

L'altro era alto 3 o 4 metri, ma aveva l'aria di poter contrastare i due giganti senza problemi.

Il primo scrutò Polibote, poi lo strinse in un abbraccio che avrebbe ucciso sul colpo chiunque altro.

«Ciao fratellino» disse.

«Ciao fratello, re dei giganti»

I due si separarono, poi Porfirio mi scrutò.

«E lei?»

L'altro uomo si rimpicciolì fino ad essere alto poco più di me e si avvicinò.

Lo scrutai, azzurro nell'oro.

Poi lui disse: «Figlia»

«Padre»

Restammo tutti e quattro in silenzio, poi Crono mi abbracciò.

Immagino già cosa state pensando: Crono che abbraccia qualcuno?!

Comprendo la vostra perplessità, visto che in 14 anni mi aveva abbracciato forse una decina di volte.

Ricambiai timidamente l'abbraccio.

«Quanto sei cresciuta! E questo vestito ti dona tantissimo»

«Ehm... Grazie» borbottai, rossa come un peperone.

Crono si separò e disse: «Dovremmo chiederti un favore, ma prima dovremmo mangiare qualcosa. Che ne dite?»

«Ottima idea. Chi di voi sa cucinare?» chiesi.

Silenzio.

Sospirai e dissi: «Ok, vado»

-

Ci misi solo mezz'ora a cucinare tutto.

Se ve lo chiedete sì, è poco, calcolando che avevo dovuto cucinare quattro mucche intere e quattro pesci.

Alla fine dovetti chiamare Polibote per portare tutto.

Una volta giunti al tavolo distribuimmo tutto.

Mi sedetti al tavolo e iniziai a mangiare, senza badare troppo alla galanteria; i pesci erano troppo buoni.

Sarebbe stato perfetto, ma il campanello suonò.

Polibote urlò: «Andatevene!»

Il campanello insistette a suonare.

Polibote ringhiò quattro o cinque volte contro la porta, poi, prima che uscisse e ammazzasse chiunque fosse, andai ad aprire.

Fuori c'era una donna multicolore; era di carnagione pallida, capelli neri non molto lunghi e occhi colorati. I vestiti erano arcobaleno.

Lei mi disse: «Scusa, dovrei parlare col Signore dei Titani e il Re dei Giganti»

«Vado a chiamarli»

Tornai in cucina e dissi: «Una donna vi vuole vedere»

Feci strada a Porfirio e Crono fino alla porta.

«Cosa vuoi, Iride? Ti avevo detto esplicitatamente di non disturbarci» ringhiò Porfirio.

«Lo so, ma mi ha mandato Gea. Ha un messaggio per voi» disse tendendo a Crono un foglio.

Lui lo prese e iniziò a leggerlo, poi disse: «Quando vuole la risposta?»

«Appena avete deciso. Ha detto che me la dovrete dare direttamente»

Crono disse qualcosa a Porfirio, poi disse: «Astrid, tienila d'occhio. Noi abbiamo molto da dire»

«Ma io...» protestò Iride, ma Crono disse: «Il tempo degli dei è passato, Iride. Ora ci siamo noi, quindi o obbedisci o ti spediamo nel tartaro»

La donna non disse nulla, poi mi scrutò.

«Vieni» dissi, e lei mi seguì.

Astrid - La liberazione degli deiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora