Capitolo XIII

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Il pranzo con la famiglia al completo mi lasciò senza parole.

Non mi era mai capitato prima, anche perché mia madre la vedevo al massimo una volta all'anno e solo per un'ora.

In quel momnto stavo mangiando con due dee, un titano, una mortale e una semidea (semititana).

Eravamo al dolce quando Crono disse: «Al dolce si parla meglio, e io ho molto da dire a te, Astrid. Vorrei ti unissi a noi»

Mangiai una fetta di crostata in silenzio, poi dissi: «Mi pareva di aver detto che volevo restarne fuori da questa faccenda»

«Non provare a prenderti gioco di me, Astrid. So perfettamente che hai detto ai tuoi amici di andare a salvare Artemide, quindi sei dalla loro parte»

«Gli ho detto di salvarle solo perché quello che le volete fare è ingiusto» ribattei.

«Loro potranno anche salvarle, Astrid, ma te non ti salverai di certo»
Prese la falce e mi attaccò.

-

Fu una fortuna che io avessi portato con me la spada.

L'attacco mi avrebbe sicuramente ucciso se non avessi parato il colpo con essa.

Arretrai per impedire a Crono di uccidere qualcuno al di fuori di me. Cioè, non volevo morire, ma non volevo accadesse nulla a loro.

Mio padre fece ruotare a velocità supersonica la falce, tanto che riuscii ad evitarla solo piegandomi all'indietro.

Attaccai, ma lui parò il colpo con il manico dell'arma.

Non c'era niente da dire; era troppo bravo ad usarla.

Parai una rapida sequenza di colpi, poi un suo colpo mi graffiò un fianco.

Forse state pensando: e non ti ha succhiato l'anima?

Beh, no, perché ne ero immune. Non chiedetemi perché, ma ne ero immune.

Per puro miracolo riuscii a graffiargli un braccio.

La cosa parve mandarlo in bestia, perché mi attaccò con violenza e, approfittando di un istante, mi tirò un calcio che mi fece volare in sala.

Mi sentii debole tutto d'un tratto.

Anche Crono parve vacillare per un attimo.

«Rivestimento di metallo d'oscurità... Non posso usare i miei poteri qui» borbottò.

Se prima avevo un minimo di speranza di batterlo, ora ero spacciata.

Combattemmo ancora, lui in attacco, io in costante difesa.

Bastò un istante; a Crono bastò un movimento di polso rapidissimo, e la spada volò dall'altra parte della stanza.

Restammo un attimo fermi, poi saltai addosso a mio padre.

Era una scemata? Esatto, ma almeno funzionò.

Non riuscì ad evitarmi, così inseguii la spada saltandogli addosso per prendere slancio.

Superai la spada e mi schiantai per terra.

Mi alzai per cercare la spada e mio padre, ma soprattutto la spada.

Guardai il punto dove si trovava prima, ma non c'era nulla.

Rimasi stordita, poi un dolore indefinibile mi riscosse.

Dal mio petto spuntava la lama di una spada.

La mia spada.

-

Guardai mio padre con la cosa dell'occhio.

Lui mi guardò con occhi cattivi e disse: «Non avresti mai dovuto sfidarmi. Questo è il tuo premio»

Rigirò la spada, poi la estrasse.

Crollai a terra.

Sentii ancora più dolore; la spada spuntava dal mio fianco.

La rigirò e la estrasse, poi colpì l'altro fianco.

Non ci vedevo più dal dolore.

Poi un ultimo colpo, all'altezza del cuore, mise fine alla mia sofferenza.

Astrid - La liberazione degli deiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora