Capitolo XX

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La testa mi faceva malissimo.

Chiunque fosse stato evidentemente non aveva particolarmente badato al fatto che io fossi una femmina.

Cercai di aprire gli occhi, ma non vedevo nulla.

Qualcuno mi aveva bendato.

Provai a muovermi, ma qualcuno mi aveva legato ad una sedia.

Una voce disse: «Era facile prevedere che saresti ritornata qui. La nostra spia sull’Olimpo ci aveva detto infatti che te n’eri andata, quindi è stato facile per Crono prevedere dove saresti andata»

Riconobbi quella voce con un brivido.

Atlante.

«Cosa volete da me?» dissi con la bocca impastata.

«Interrogarti e usarti come esca per ricatturare gli altri» disse Atlante.

Scoppiai a ridere. Era una risata folle decisamente non da me, ma non vi saprei spiegare perché fosse così. In quel momento ero pazza.

«Temo proprio che sarebbe inutile. Zeus è troppo testardo per scomodarsi e venire a salvarmi. Non funzionerà mai»

«Se vede che ti torturiamo sì però. Gli altri dei gli faranno una pressione terribile e alla fine arriveranno a salvarti»

Tacqui. Sapevo che aveva ragione.

«Come avete fatto a tornare sott’acqua? Mi pare che voi non avreste potuto andarci»

«Grazie a te siamo tornati nel tartaro e abbiamo fatto tornare Polibote. Forse non ti torturerà quanto Poseidone e Jackson, ma ti garantisco che torturarti in mezzo al veleno non sarà piacevole» disse Atlante.

Un odore terribile si diffuse nell’aria. Pardon, nell’acqua.

Cercai di non darlo a vedere, ma faticavo a respirare. Il veleno era troppo concentrato.

Qualcuno mi tagliò parte del vestito, all’altezza del petto appena sotto il seno.

Non feci in tempo a chiedere spiegazioni; qualcosa di rovente mi toccò in quel punto.

Lanciai un urlo unito ad una sfilza di imprecazioni.

All’improvviso una voce disse: «All’attacco!»

Il ferro rovente lasciò il mio petto e nella sala scoppiò il caos.

-

Non riuscii a vedere nulla finché qualcuno non mi tagliò le corde che mi tenevano.

Mi tolsi la benda e guardai il mio salvatore.

Percy disse: «Ti conviene venire finché riusciamo a tenerli occupati»

Seguii Percy, ma davanti a noi si piazzò Atlante.

«Dove credete di andare, moscerini?» ringhiò.

Non aspettai e gli toccai una gamba.

Atlante lanciò un urlo di dolore bello potente, poi cadde a terra e, come avevo fatto con lui, diedi una bella scossa a tutti.

Tutti si misero ad urlare, finché solo gli semidei e dei rimasero in piedi.

Poseidone disse: «Stai bene? Meno male che sei venuta qui, o non ti avremmo mai trovato»

«Mi avete salvato la vita. Sono in debito con voi» dissi cercando di non mettermi a piangere e tenendo una mano sulla bruciatura.

«Tu ci hai salvato per prima. Se siamo tornati è perché noi dovevamo renderti il favore»

«Non ho mai fatto niente. Sono stati Ade e gli altri a salvarvi, non io»

«Ma tu per prima ci hai dato la forza di resistere. Sai, io e Percy volevamo mollare quel giorno, poi sei apparsa tu e ci hai ridato speranza»

Scoppiai a piangere.

«Mi fai vedere la ferita?» chiese Poseidone.

Spostai la mano e vidi per la prima volta la ferita.

Era decisamente più grande di quanto credessi; era una linea di pelle bruciata lunga almeno cinque centimetri, ma certamente era più lunga.

La puzza era indescrivibile.

Percy fischiò.

«Resta qui. Noi pensiamo a Polibote: è l’unico vero pericolo oltre ad Atlante»

Cinque minuti dopo Polibote era sparito e Atlante era stato messo in una delle macchine da tortura.

«Ora che si fa?» chiesi guardando la mia ferita.

«Aspettiamo Apollo. Poi torneremo sull’Olimpo»

Astrid - La liberazione degli deiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora