Capitolo 16 - Dorian

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Quando apro gli occhi il ventilatore punta ancora sulla mia schiena. La pelle mi brucia per ricordarmi che sono stato marchiato ancora da lui. Mi alzo lentamente andando in bagno e l'immagine che vedo allo specchio non mi conforta. Ho un occhio nero.

Come lo nascondo agli altri? A lei?

Ecco di cosa parlavo, non posso farla entrare nella mia vita perché non voglio prenderla in giro e dirle cazzate.

Devo proteggerla da questo. Da me.

Pagherò le conseguenze di sentirmi un fallito e un codardo, ma non posso lasciare che lei entri nella mia vita. Il solo pensiero di rinunciarci mi fa contorcere le budella, la testa mi urla di tirare fuori le palle e non abbandonarla. Ma devo farlo.

Appena la rivedrò le dirò che non se ne fa niente, le spezzerò il cuore e di conseguenza frantumerò il mio.

I gemelli mi taglieranno le palle.

Il telefono vibra per l'ennesima volta, guardo l'ora e mi rendo conto che sono le tre del pomeriggio e tra un'ora avrò la partita.

Tutti mi stanno chiedendo dove sono finito, ho saltato le lezioni, il pranzo e il riscaldamento, dovrò correre per arrivare in tempo.

Butto in gola un antidolorifico e mi preparo di fretta per andare alla partita, consapevole che appena varcherò quella soglia tutti mi romperanno i coglioni.

Per il ritardo.

Per l'occhio nero. E spero non vedano la schiena.

Così succede, arrivo a pelo per la partita, entro negli spogliatoi e sento la voce del coach dare grinta alla squadra, sbatto la porta per far capire che sono arrivato e il primo che vedo arrivare è Jeremy.

Mi sono già vestito a casa così da non dovermi spogliare, devo solo mettermi le scarpe. Quando i suoi occhi incrociano il livido tremano, lo fanno ogni volta. Con la mano indica il mio viso. «Ancora.»

Mi siedo e mi lego i lacci senza rispondere, meravigliandomi di riuscire a farlo. L'antidolorifico dovrebbe far effetto per almeno tre ore buone.

«Per favore, dimmi almeno questa volta cos'è successo. Non è possibile che prendi così tante botte.»

Sospiro scaldandomi le spalle e il collo. «Lo so, hai ragione.»

«Avere ragione non mi serve a niente se non posso aiutarti.»

«Non voglio parlarne ora.»

«Trovi sempre una cazzo di scusa. Dimmi cosa sta succedendo!»

Gli volto le spalle. «Non adesso.»

Mi afferra per la spalla e lo sento alzare la voce. «Non è mai il momento giusto per te!». Mi volto di scatto verso di lui che non si muove di un millimetro, sa che non lo toccherei mai con un dito. Mi fermo a un palmo dal suo viso. «Qui dentro sono il tuo Capitano e ti dico di concentrarti sulla partita.»

«Ma vaffanculo, Dorian!»

Il telefono in mano mi vibra e abbasso lo sguardo sullo schermo: "Ciao, non ti ho visto stamattina. Va tutto bene?"

«Chi cazzo è...» penso ad alta voce.

Jeremy prende il suo telefono dalla tasca e digita qualcosa guardando il mio schermo, poi sospira. «É lei.»

«Per quale motivo hai il suo numero?» gli chiedo.

«Cazzi miei!»

«Non direi proprio, lei è affar mio.»

Fa un passo indietro mettendosi le mani in tasca. «Cosa intendi fare? Continuare a farti vedere in questo stato e pretendere che le persone se ne freghino? Io sto da cazzo nel vederti così, non oso immaginare lei. Se davvero prova qualcosa per te devi risolvere... qualsiasi cosa sia.»

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