Capitolo 43 - Raylai

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Quei due sono chiusi nello studio da più di mezz'ora. Ho fatto in tempo ad alzarmi, fare colazione, una doccia e portare Ryan in bagno. Li sento parlare sottovoce mentre busso alla porta.

«Sì, tesoro?» chiede mio padre, pensando sia mamma.

«Sono Raylai.»

Silenzio di tomba. Solo dei passi avvicinarsi alla porta che poi si spalanca e la visuale di Dorian, con un maglione nero che mette in risalto le sue spalle, mi fa quasi dimenticare l'ultima volta che l'ho visto. Che dice di amarmi. Il sangue. Lui che mi manda via.

Mi prende il viso tra le mani e mi sfiora le labbra con le sue.

«Buongiorno, piccola luce.»

«Cosa stavate facendo lì rinchiusi?» chiedo di getto.

«Colpa mia. Gli ho chiesto delle cose sul basket che non ricordavo più.» risponde mio padre chiudendosi la porta alle spalle.

La mano di Dorian stringe la mia con fermezza e possessione.

«Dobbiamo parlare.» gli dico davanti a mio padre che alza le sopracciglia divertito.

«Ahi ahi! Auguri ragazzo.»

Dorian lo guarda truce mentre me lo tiro dietro salendo le scale.

«Potete parlare anche qui mica per forza in camera.» cerca di fermarci mio padre.

«Smettila papà! Devo parlare sul serio con lui.»

Alza le mani in segno di arresa ma rimane in silenzio e ci fissa salire le scale. Per la prima volta ho la visuale che sognavo da anni, ma in circostanze diverse.

Dorian nella mia camera.

Si guarda attorno con le mani nelle tasche, senza dire una parola. Cammina verso le mie foto attaccate alla bacheca e le osserva. Poi tocca dei pupazzi e dei libri sulla scrivania. Curiosa tra le mie cose in silenzio, sta aspettando che inizi e non so come farlo.

Sospiro tirandomi i capelli dietro le orecchie.

«Come stai?» gli chiedo.

Smette di scuriosare continuando a guardarsi attorno fino a fermarsi davanti alla mia libreria.

«Non girarci intorno.»

«Okay. Perché sanguinavi?»

Sposta lo sguardo su di me. «Vuoi saperlo davvero? Forse non ti rendi conto...»

«Di cosa?»

«Tu pretendi che io ti dica tutto quando sei tu la prima a chiuderti in te stessa.»

«Ma è diverso.»

«E come fai a saperlo? Cosa cazzo ne sai di quello che sto passando?»

«Niente, infatti.»

«Ed io non so niente di te, piccola. Voglio che tu mi dica tutto.»

Mi siedo sul letto lentamente, sapendo che questo momento prima o poi sarebbe arrivato. Perderlo.

Vederlo guardarmi come uno scarafaggio e abbandonarmi.

«Non ce la faccio, Dorian.»

Sospira riponendo il libro che stava guardando, si avvicina e si siede al mio fianco appoggiandomi una mano sulla coscia.

Mi sfiora l'orecchio con le labbra, mi dona un leggero bacio che mi fa rabbrividire. «Ti hanno fatto del male?»

«Qualcuno ci ha provato.»

«E tu ti sei difesa?»

Acconsento mentre mi volta il viso verso di lui.

«Mi hanno accoltellato nel braccio, ecco perché sanguinavo.»

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