Capitolo 38 - Dorian

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Dall'ultima volta che mio padre mi ha conficcato il coltello nel braccio, la porta di camera mia è sempre chiusa a chiave.

Cerco di essere a casa il meno possibile e faccio lo stesso con Ryan: è sempre al mio fianco ovunque vada, a parte quando c'è Iris. Sono esausto. Sono stanco di tutto questo.

Ci sono mattine che mi sveglio immaginando di avere una famiglia normale, un padre e una madre che si amino ma soprattutto un padre che mi dimostri affetto. Non ho mai capito il perché del suo odio nei miei confronti ma credo che dipenda da suo padre. Mi costringo a ripetermi che non sarò come lui: non diventerò un mostro. Sarò quell'uomo che lui ha paura di essere.

Avrà paura di me appena si rederà conto di essere fottuto.

Sento l'acqua della doccia scorrere, mentre il portatile sulle ginocchia mi sta ormai bruciando la pelle. Ho passato tutto il pomeriggio a leggere gli articoli su questa casa e come le indagini siano state cancellate per mancanza di prove.

Gisele è morta in questa casa, com'è possibile che non hanno trovato niente? Ma, prima di questo, devo pensare a quel bastardo. Chiudo il portatile e prendo la plastilina dal comodino, resto con l'orecchio attento mentre mi avvicino alla porta del bagno e, per fortuna, è socchiusa. Vedo la chiave da qua, appoggiata sul comodino. Devo trovare il modo di entrare senza che se ne accorga, poi mi viene l'idea.

Entro nella lavanderia dove Iris appende gli asciugamani puliti e ne prendo uno, torno nel bagno e busso alla porta «Sono io», gli dico prima di entrare. «Iris mi ha detto di portarti un asciugamano pulito.»

«Sì, lascialo e vattene.»

Bastardo. Neanche un grazie?

In due secondi appoggio la chiave sulla plastilina in entrambi i lati e la riappoggio esattamente come e dove era prima.

Esco sbattendo la porta e mando un messaggio ad Abner: "Ce l'ho."

"Bravo ragazzo. Sai cosa fare!"

Abner mi sta aiutando nascondendo tutto a sua figlia, mi ha promesso sin dall'inizio che non le avrebbe mai detto niente, sarebbe troppo pericoloso. Ma lei è intelligente, devo fare in modo che non sospetti niente, che io e suo padre non stiamo cercando di rinchiudere mio padre per sempre.

Appena metto piede nel corridoio della clinica la chiamo in videochiamata, quando mi risponde il pacco torna ad alzarsi, maledizione.

«Ciao piccola.»

«Ciao, ma... dove sei?»

«Da Amos.»

Alza le sopracciglia. «Ci vai due volte alla settimana?»

Devo mentirti piccola luce. Per il tuo bene.

«Quando ne ho bisogno, sì.»

«Io ho un modo per farti stare meglio.» fa per abbassarsi la spallina della canottiera e mi chiedo da quando è diventata così eccitata nel vedermi. Forse dall'ultima volta che l'ho fatta venire sulle mie dita? Oh, sì. Proprio da quel giorno.

Sono seduto nella sala d'aspetto, con il cazzo duro e lei che si sta per spogliare.

«Cazzo piccola, quanto vorrei essere lì in questo momento.»

Qualcuno davanti a me si schiarisce la voce. Alzo lo sguardo e Amos mi osserva come se fossi un fantasma. Sono anni che non vengo di mia spontanea volontà e senza appuntamento.

«Dorian! Che sorpresa!» mi dice aprendo le braccia.

«Piccola luce, devo andare. Ci sentiamo dopo.»

Niente Paura #1 | Survivor Series 🔥Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora