Capitolo 36

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Uno zombie, ecco come mi sento. Avete presente quella sensazione di vuoto, il corpo debole e voglia di fare niente? Ecco, quella sono io oggi. Se qualcuno mi vedesse in questo stato si spaventerebbe. Ho le occhiaie, per non parlare del naso rosso come un pomodoro. La mia tosse farebbe invidia a un gorilla. Mamma mia, che cosa oscena. Maledetto raffreddore. Verso in questo stato da due giorni e non ci sono segni di miglioramento.

Sicuramente tutto ciò è colpa di quello stronzo del mio ragazzo.

Lui e la sua stupida vasca di acqua fredda. Sembrava tutto così divertente ma il conto l'ho pagato solo io. Adesso mi ritrovo sola e malata. Beh, non proprio sola. Erik è dovuto correre a Berlino per risolvere dei problemi di lavoro e non si sa quando tornerà ma in compenso ha lasciato il suo braccio destro a sorvegliarmi.

E che braccio destro, direi! Lucas. Sì, proprio lui, che non è capace a farsi un caffè senza combinare disastri. Ma diciamo che la sua simpatia ricompensa tutto il resto, è un bravo ragazzo e abbiamo anche legato molto.

«Elisa, hai 39 di febbre da due giorni. Non credi sia il caso di andare in ospedale?» domanda preoccupato mentre guarda il termometro.

A volte le sue espressioni mi ricordano Erik. Ho già avuto la febbre altre volte. Dopo un paio di giorni, a furia di bombardarmi di medicine, passa.

«Non ti preoccupare, passerà» dico tossendo. Mamma mia, che male alla gola. Mi sta andando a fuoco.

Lo vedo trafficare con il cellulare e un allarme si accende dentro la mia testa. Spero che non abbia avvisato Erik.

«Non dire a Erik che ho ancora la febbre. Sai com'è. Ne farebbe una questione di stato».

«Troppo tardi» risponde scuotendo il telefono. Questa non ci voleva, sicuramente si preoccuperà e non voglio. Ha già i suoi problemi per la testa, non gli servo anch'io.

Come volevasi dimostrare arriva un suo messaggio:

"Voglio che vai subito in ospedale. Capito?".

"Ciao anche a te, papà. Non c'è bisogno dell'ospedale, vedrai che passa".

"Forse non ti è chiaro. Lucas ti porterà in ospedale, adesso. E smettila di chiamarmi così".

Eh sì, gli dà proprio fastidio quando lo chiamo in quel modo. Ma a volte si comporta veramente come se fosse mio padre. È proprio prepotente. Mi fa piacere che si preoccupi ma non deve esagerare; se dico che non vado, non vado.

"Forse non è chiaro a te. NON VADO!".

Il telefono comincia a squillare ma non ho nessuna intenzione di rispondere, non prendo ordini da lui. Se dico che passa, è così.

Poi sono certa che finiremo per litigare e non sono nelle condizioni di farlo. Dopo diversi tentativi rinuncia e chiama Lucas. Lo fulmino con gli occhi come per dire: "Azzardati a rispondere e ti uccido". Ma mai nessuno che mi ascolti. Risponde e sento solo un fruscio di parole, sicuramente parlano di me. Lucas mi porge il telefono con una piccola smorfia e non resisto nel borbottare un «Maledetto». Lui per tutta risposta sorride. Sono proprio fratelli, stronzi uguali. Ok, prepariamoci allo scontro tra titani.

«Ciao, amore» dico in tono zuccheroso. Magari si addolcisce.

«"Amore" un corno. Porta il tuo culo in ospedale, subito» urla come un forsennato. Decido di rimanere sulla linea della calma.

«Anch'io ti amo tanto, lo sai». Bene, sto finendo dritta nella bocca del leone, chissà perché a volte mi diverte farlo uscire fuori dai binari.

«Elisa, ti consiglio di andare in ospedale, se non...». Ops involontariamente si è chiusa la chiamata. Ma chi voglio prendere in giro? L'ho chiusa io. Così impara a urlarmi contro. Lucas sembra essersene accorto, scuote la testa divertito.

«Sei proprio forte» commenta ridacchiando. Gli sorrido vittoriosa strizzando l'occhio e mi giro di lato per dormire un po', mi sento terribilmente stanca.

Passano le ore e la situazione continua a peggiorare. Ho freddo, tanto freddo. Mi sembra di essere al Polo Nord. Apro gli occhi di scatto sentendo improvvisamente un corpo caldo su di me. Non riesco a mettere a fuoco la situazione, mi bruciano gli occhi.

«Tranquilla, ti sto portando in ospedale». Riconosco la voce di Lucas. Appena la mia vista me lo permette, noto che sono tra le sue braccia.

«Ho freddo» mormoro. Mi stringe di più a sé d'istinto avvolgo le braccia intorno al suo collo. Il suo corpo è caldo ed è proprio quello di cui ho bisogno in questo momento. Non riesco a tenere gli occhi aperti, mi bruciano troppo. Voglio dormire, mi sento stanca.

Riapro gli occhi ritrovandomi la faccia di Lucas a pochi centimetri dalla mia.

«Buongiorno, dormigliona!» esclama raggiante. Ma è rimasto così tutto il tempo?

«Buongiorno» rispondo con un filo di voce. La gola non mi fa male come prima, va meglio. Non mi sento andare a fuoco, ciò significa che la febbre è passata.

«Dove sono?» chiedo spaesata.

«In ospedale, ieri sera stavi veramente male. Ti ho portato qui e si sono presi cura di te». Ora tutto è più chiaro, non ricordo molto della scorsa notte. L'ultimo ricordo ero io tra le braccia di Lucas. È stato carino da parte sua preoccuparsi per me, scommetto che è stato qui tutto il tempo.

«Grazie per esserti preso cura di me».

«Non devi ringraziarmi, ti voglio bene come a una sorella e poi sarò in debito con te per tutta la vita. Mi hai ridato un fratello e hai reso la mia vita più bella» dice accarezzandomi i capelli.

Wow! È la prima volta che mi dice queste cose. Anche lui è come un fratello per me, pure se acquisito.

«A proposito di mio fratello. Sta tornando, ed è molto arrabbiato» dice con una smorfia. Non mi interessa se è arrabbiato, non sono una sua proprietà, che deve fare ciò che vuole lui.

Certo, aveva ragione a insistere visto come sono andate le cose ma quando lo vedo dobbiamo chiarire un po' di cose. Deve finirla di darmi ordini. Non sono uno dei suoi dipendenti, non può trattarmi come gli pare e piace. Deve cambiare atteggiamento, così non si può andare avanti. Mi fa piacere che si preoccupi ma ci sono altri modi per dimostrarlo, non di certo dando ordini. È arrivato il momento di farlo scendere dal piedistallo.

La sera stessa vengo dimessa con molte raccomandazioni, medicine e bla bla bla. Sì, ho capito, sono stata incosciente a sottovalutare la situazione. Lucas mi ha riportata a casa e si è offerto di rimanere con me finché non ritornerà Erik. Non so come avrei fatto da sola. Avrei voluto avvertire Clara ma non me la sono sentita. Voglio che la sua gravidanza sia serena e senza preoccupazioni.

«Guardiamo un film?» chiede Lucas sedendosi sul divano.

Ci penso un attimo per poi annuire. Non ho voglia di fare niente, il film non è una cattiva idea. Mi siedo accanto a lui e lo osservo mentre inserisce il DVD. Tutti i gesti e i movimenti di Lucas mi ricordano Erik. Non se ne rendono conto ma sono molto simili. L'unica differenza è che Erik è un maniaco del controllo, invece Lucas no. Appoggio la testa sulla spalliera del divano mentre penso a Erik. So che arriverà sbraitando, non voglio litigare con lui ma sono obbligata a mettere in chiaro la situazione.


BELLO MA DANNATO AttrazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora