Jackie
Mi passo una mano tra i capelli, mordendomi il labbro inferiore con nervosismo mentre attendo che qualcuno risponda al telefono. Le vetrate della cabina telefonica mi permettono di vedere la folla di persone, turisti che camminano spediti sul marciapiede – non li conosco, ma li invidio. Sembra che il loro unico pensiero sia quello di presentarsi a lavoro o di comprarsi un milk-shake da Starbucks. Borbotto sotto voce, tirando su con il naso quando d'improvviso la linea viene attivata. Una voce dall'altro lato del telefono mi rasserena. «Salve, ospedale centrale di Jacksonville come posso aiutarla?» si schiarisce il tono la segretaria della reception.
«Sono sempre io, Jackie...» inspiro.
«Jackie» prende un respiro profondo, come se fosse esasperata dalle mie continue telefonate. «So che stai cercando un nuovo impiego a Washington, ma per adesso è tutto pieno. Se abbiamo qualche notizia ti chiameremo o ti invieremo una email, sai la procedura.»
«Sì lo so, ma è che non ho alcuna notizia da mesi...»
«Mi dispiace, se si libera qualche posto alla clinica ti chiamerò io stessa, d'accordo?» tenta di calmarmi, ma non è che ci riesca. Sono successe così tante cose da quando sono scappata da Chicago che, mi sembra di essere diventata uno zimbello vivente. Ho perso il mio lavoro al penitenziario, le mie continue assenze e le zero risposte alle email del direttore hanno fatto sì che io venissi radiata dalla lista degli attendenti per il posto in carica.
Ho speso così tanti soldi in questi tre mesi da aver perso tutti i risparmi che ho coltivato durante il college – anni e anni buttati nell'immondizia. Non ho passato delle grandi vacanze di Natale, non ho avuto il tacchino del ringraziamento e non ho neanche potuto vedere i sorrisi dei miei familiari. Inoltre, la solitudine gioca brutti scherzi e spesso mi ritrovo a parlare da sola. Dopo aver appurato che nulla è cambiato, la telefonata s'interrompe e io mi rifiuto di caricare altri soldi per poterli chiamare ancora. Infilo le mani dentro il giaccone color cammello –acquistato grazie ai saldi – per poi uscire dalla cabina. Le temperature sono ancora basse, l'inverno mi costringe a vestirmi con maglioncini pesanti, jeans e stivali alti.
Niente è più come prima.
Non sento i miei genitori da quando sono scappata da Chicago. Nonostante abbia comprato un telefono nuovo, cambiato card e numero di telefono ho preferito non sentirli. Brett potrebbe facilmente risalire a me tramite Glenn, non sono nata ieri e so che quando si mette in testa qualcosa nulla lo può fermare. La voglia di chiamarli è tanta, più di una volta ho pensato di avviare una telefonata tramite cabina telefonica ma poi mi sono sempre tirata indietro per timore che lui mi venisse a cercare. Scuoto il capo, mettendo la mano destra in tasca per poi tirare fuori le chiavi del mio nuovo appartamento. Un mese fa, dopo aver effettuato tante ricerche e aver dormito in un motel scadente per diverse notti ho trovato questo appartamento in affitto. Non sarà grande quanto quello che ho a Jacksonville, ma almeno è accogliente e caldo.
Richiudo il portone alle mie spalle, calpestando le piastrelle color bottiglia. L'ingresso del palazzo è piuttosto particolare, esotico e artistico. La carta da parati è bianca ma con foglie disegnate, un ascensore degli anni ottanta è posto al centro, affianco agli scalini. Vivo al terzo piano, perciò non ho intenzione di salire la rampa. Premo il tasto, notando il portone alla mia destra aprirsi. La signora anziana che vive qui, Kim mi guarda con un sorriso e le si illumina il volto. Lei e suo marito sono stati molto gentili con me, più di una volta mi hanno invitata a cena.
Riesco a sentirmi meno sola in loro compagnia.
«Cara, ho preparato una ciambella alle fragole e me ne è avanzata una bella fetta, mi farebbe piacere se l'accettassi tu.» Le sorrido, compiendo un passo in sua direzione. «Grazie mille, almeno ora so come fare colazione la mattina» ridacchio e lei si sposta una ciocca scura dietro l'orecchio. La saluto con la mano, prima di entrare in ascensore e cliccare il pulsante. Per mantenermi questo appartamento ho dovuto cercare un altro lavoro, adesso faccio la cameriera in un Night Club. La paga è discreta, ma più che altro vado avanti con le mance dei clienti. Quando richiudo il portone di casa alle spalle tiro un sospiro di sollievo, togliendomi la giacca per lasciarla sull'appendiabiti. Alla mia destra c'è un soggiorno con tanto di divano a tre posti color grigio perla e due pouf rotondi su cui ci si può accomodare, in aggiunta una tv e un tavolino di legno. Ho fatto del mio meglio per renderla più mia, infatti in giro ci sono diverse piante d'appartamento. Una cucina di medie dimensioni è posta di fronte al soggiorno, affianco alle grandi vetrate.
Invece la camera da letto e il bagno sono in fondo a sinistra, dietro le porte scorrevoli. Mentre bevo un sorso d'acqua dal rubinetto penso che debba iniziare a prepararmi, ho il turno questo pomeriggio e per le sei devo essere al locale. Apro il frigo, sentendo un disagio crescente all'interno del mio corpo. Di tanto in tanto mi perdo a riflettere, a commiserarmi. Le lacrime appannano i miei occhi e io sento di non farcela a continuare in questo modo.
Mi manca casa.
Mi manca la mia famiglia.
Tiro su con il naso, alzando gli occhi al cielo per ricacciare indietro delle lacrime pronte a uscire dagli occhi. Prendo un respiro profondo, un altro ancora e tento di rilassarmi mentre stringo il bancone tra le mani. «D'accordo, posso farcela» annuisco con non so quale forza, scacciando via due lacrime solitarie per poi staccarmi dalla penisola. Ora andrò a farmi una doccia, mi rilasserò e andrò al lavoro, sperando di non ricevere pacche sul sedere o commenti inopportuni da parte dei clienti. Non sarà il lavoro dei miei sogni, ma almeno mi aiuta a pagare l'affitto oltre che alcune bollette. Se soltanto potessi svolgere il mio mestiere qui, a Washington, sarebbe tutto più semplice ma, ovviamente, non si vive solo di sogni.
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Il Bene In Te
ChickLitSono passati ben tre mesi dalla scomparsa di Jackie. Nessuno sa dove sia finita, sembra essere sparita nel nulla e la sua famiglia prega tutti i giorni affinché lei ritorni a casa sana e salva. Glenn, il secondo genito, ricorda benissimo l'ultima t...