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Jackie

«Tesoro, credevo non chiamassi più.»

La voce meticolosa di mia madre mi fa sentire la figlia peggiore del mondo. Non mi sono più fatta sentire in seguito all'arrivo di Brett: tra il lavoro e le varie problematiche che sono subentrate non ho avuto il tempo di chiamarla. Inspiro, guardando le vetrate della cabina telefonica. Sento di star per essere inghiottita dalle mie bugie, non solo per come stanno andando le cose con Cristian ma anche perché mi domando cosa farò quando il mio tempo sarà scaduto. So che prima o poi Brett mi porrà di fronte a una scelta: restare a Washington oppure tornare con lui a Chicago, è solo questione di tempo.

«Ho avuto molto da fare, ma sto bene» la rassereno.

«Non sparire più così, stavamo di nuovo per pensare al peggio» sospira affranta.

«Hai ragione, ho sbagliato.»

«Mi piacerebbe tanto rivederti, ci manchi molto.»

«Anche io vorrei ritornare da voi, ma è più difficile di quanto pensassi.» I clacson in corsia mi ricordano dove sono, ovvero chilometri di distanza da loro. Le chiedo come vanno le cose a Jacksonville, cosa combinino e scopro che Judith ha ricevuto il mio ultimo messaggio.

«Si è messa a piangere, le manchi molto.»

«Presumo che ai miei fratelli non sia passata la rabbia invece» ne soffro molto.

«Tesoro vogliono delle risposte, dovresti capirli.»

Non dico niente, risucchio l'aria tra i denti e poi le ripeto che le voglio bene, che li penso tutti i giorni e che qualsiasi cosa abbia fatto è stata per il loro bene. Non voglio che Glenn scopra la verità su Beltran, non voglio che lui rimanga deluso dal fatto che in realtà è stato solo una pedina nelle mani di un assassino. La voce metallica del telefono ci ricorda che mancano solo dieci secondi alla fine della chiamata. Potrei benissimo chiamarli con il mio telefono normale, ma poi dovrei dar loro altre spiegazioni mute. «Salutami papà e anche tutti gli altri» la scongiuro.

«Sì, fatti sentire spesso.»

Ci salutiamo ancora una volta, ma presto la chiamata viene interrotta dal bip continuo. Ripongo la cornetta, voltandomi verso l'uscita della cabina telefonica. Continuo la mia passeggiata con Marvin ma ho la mente altrove. Troppe bugie stanno colorando la mia vita, mi sento davvero in colpa. Tra dire la verità e raccontar loro bugie preferisco la seconda, almeno mi vedrebbero ancora come la loro solita figlia casinista e non folle. Al mio rientro in appartamento mi sento fiacca, distrutta e riesco a pensare solo al turno serale che mi aspetta questa sera. Libero Marvin dal guinzaglio, vedendolo dirigersi verso la sua ciotola d'acqua. Un rumore mi porta a girare il capo verso la mia camera da letto. Le porte scorrevoli si aprono, mostrandomi la figura statuaria e mezza nuda di Brett. Costringo me stessa a non deglutire di fronte a quegli addominali limpidi e lucidi, deve essere appena uscito dalla doccia. Sfila lungo il pavimento con ai fianchi l'asciugamano, guardandomi dall'alto al basso mentre mi supera. «Hai ancora molto da guardare?» ammicca.

Era più simpatico quando voleva solo uccidermi.

Sbatto le mani lungo i fianchi, scuotendo il capo esasperata. «Per quanto ancora vorrai tenermi sulle spine?» la mia domanda sembra alludere a più argomenti, infatti alza un sopracciglio perplesso. «Non vuoi che io resti a Washington, vuoi che venga con te a Chicago così da poter ammansire il tuo alter-ego.» Sorride con aria sinistra, svuotando il tappo della bottiglia d'acqua.

«Sei più intelligente di quanto pensassi» mi sfotte.

Mi avvicino alla penisola, cauta. «Non capisco cosa tu voglia da me» sono esasperata dai suoi giochetti mentali. «Mi vorresti morta, mi detesti eppure fai di tutto pur di ancorarmi alla tua vita» lo indico. Alza gli occhi al cielo, lasciando la bottiglia sulla penisola. «Non sono io a volerti attaccata al mio culo ma Beltran, non so se ti è chiaro» scandisce. «Se non fosse stato per il mio alter-ego tu saresti già sottoterra, sepolta e in mezzo ai vermi» sputa fuori. Il risentimento, la rabbia nella sua voce sono autentici eppure non gli credo al cento per cento. Compio dei passi in sua direzione, lo guardo negli occhi e lui tiene il mento fermo, come se volesse sfidarmi a ribattere. «Se davvero mi avessi voluta morta, allora non mi avresti salvata da quel camion» gli ricordo. Quel giorno è stato spinto dalla paura, ha reagito d'impulso e il suo istinto gli ha suggerito di proteggermi. Potrà negarlo quanto vuole, ma nei suoi occhi non mi riflette come una nemica.

Non risponde, stringe le labbra in una linea dura.

Compio un passo indietro, lanciandogli un ultimo breve sguardo per poi andarmene in camera mia a cambiarmi.

Nel pomeriggio mi preparo per andare al lavoro, vestendomi con il mio solito paio di jeans e la magliettina nera del locale. Spazzolo i capelli, metto un filo di mascara sulle ciglia e il fard sulle guance per darmi un po' di colore al viso. Infilo le scarpe comode, per poi prendere la giacca e il foulard da mettere al collo. Apro le porte scorrevoli, getto un'occhiatina al divano ma mi prende lo sconforto quando mi accorgo che Brett non è lì. Ultimamente esce spesso e volentieri, è come se volesse scappare da me. Sbuffo, avviandomi al portone con la borsa in spalla. Do una carezza a Marvin che intanto mi ha seguita, per poi aprire il portone e uscire. Quando arrivo al locale sento subito le urla della nostra titolare. Shaila si passa una mano tra i capelli, mentre Debbie si morde il labbro inferiore ascoltando le urla provenire dal piano di sopra.

«Che succede?» domando a bassa voce.

«Si è arrabbiata con Trina: ha messo nella posizionesbagliata le posate» fa una smorfia Debbie, pulendo i bicchieri. Scuoto ilcapo, sentendo quella donna dirle che è un'incapace e che se non sa sistemareun tavolo non andrà mai da nessuna parte. Elisabeth viene in mia direzione, miabbraccia e io ricambio divertita. «Ti è passata la febbre?» domanda e ioannuisco, accarezzandole la schiena. «E comunque mi devi dire chi è il ragazzoche ha risposto al telefono» mi indica, dopo essersi staccata dall'abbraccio.Mi ero scordata di questo particolare, maledizione. Deglutisco, ridendonervosamente per poi chiedere aiuto con gli occhi a Shaila e Debbie. Tuttavia,a giudicare dai loro sguardi, presumo che neanche loro mi salveranno da questo pettegolezzo

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