Atto 4 - L'interprete poliglotta dell'ultimo momento

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Infilandosi i primi pantaloni neri che aveva trovato nell'armadio, il giovane interprete inciampò sugli anfibi che la notte prima, un po' alticcio, aveva lanciato a terra dopo essere caduto sul letto. Era mostruosamente in ritardo. Doveva passare dal responsabile di produzione e prendere accordi prima della conferenza, per stabilire gli ultimi dettagli della mattinata.

Non gli andava di essere ingaggiato all'ultimo momento, ma la protagonista femminile del film, una tedesca naturalizzata negli Stati Uniti, aveva espresso il desiderio
(formulato il capriccio)
di avere accanto un interprete per la propria lingua madre, tanto da essere sicura di afferrare nel dettaglio le domande dei giornalisti. Lui era la persona giusta.

Nato a Francoforte, c'era rimasto fino all'età di dieci anni quando i suoi avevano divorziato e il giudice aveva stabilito che sarebbe rimasto con la madre, una pittrice americana che nel frattempo si era messa insieme a un francese, proprietario di un ristorante nel sud della Loira. Appena possibile, aveva mandato a fare in culo madre, patrigno, ristorante e Loira per stabilirsi a Roma, dove nel frattempo era tornato suo padre, italiano emigrato in Germania dove aveva trovato un discreto successo con una piccola azienda tessile. Per poco, giacché il fatturato sempre più alto dell'impresa aveva spinto la famiglia a trasferirsi a Milano. Dopo un anno, raggiunta la maggiore età, aveva mandato a fare in culo padre, nuova moglie del padre, azienda di famiglia e Milano, per tornare a Roma dove, per fortuna, suo padre aveva tenuto un piccolo appartamento come investimento. Un'amica e la conoscenza di almeno quattro lingue — le prime tre apprese per esperienza diretta, la quarta, lo spagnolo, grazie alla donna con cui stava da un paio di anni, una madrilena divorziata — lo avevano introdotto nel favoloso mondo degli interpreti.

Era soddisfatto della sua vita, almeno fino a quando la madrilena lo aveva mollato per un rumeno ladrone ma ben dotato, come aveva intuito lui non riuscendo a trovare altri pregi evidenti in quell'energumeno. Un po' dispiaciuto lo era. Quando si erano incontrati la sera prima, cercando di separarsi pacificamente con tanto di presentazione del nuovo amante, si era sorpreso a pensare che il romeno potesse essere una lingua interessante da imparare e che forse, se avesse tenuto in casa anche lui, avrebbe potuto farsi dare lezioni private in cambio di vitto e alloggio. Poi però aveva preferito lasciare gli amanti 'novelli' fuori dalla sua vita e soprattutto dalla sua casa, temendo più che altro per il suo costosissimo impianto stereo e per il proiettore. Di nuovo solo con se stesso, l'interprete si era sbronzato per bene, incurante dell'atroce mal di testa che sicuramente l'indomani mattina avrebbe avuto.

Comunque, non sarebbe stato un lavoro di fatica, tradurre sì e no un paio di domande, perché quelle prevedeva che la stampa avrebbe rivolto all'attricetta. Indossata la giacca di pelle nera afferrò il casco e chiuse per bene casa, contando sulla clemenza degli dèi che la madrilena e il rumeno non gliela avrebbero svaligiata proprio quella mattina. Al ritorno, avrebbe provveduto a cambiare la serratura. Nel cortile i soliti lavori di manutenzione delle fogne procedevano a ritmo lentissimo, tanto per dare modo alla ditta ladrona di guadagnare almeno un paio di mesi in più sulla mano d'opera e per poco non finì con la moto nella voragine appena aperta nei pressi dell'aiuola di ortensie. Imprecò in tedesco e si sentì maledire in italiano da un operaio colto. Non perse tempo al bar sotto casa, dove di solito faceva colazione la mattina, e di buon grado raggiunse il centro, sotto una pioggia sempre più violenta.

Un paio di volte fu tentato di fermarsi per attendere che spiovesse e per rispondere al cellulare che squillava ininterrottamente, ma poi decise che di quel passo ci avrebbe messo un'altra mezz'ora. Controllò le chiamate sotto l'ufficio della casa di distribuzione, appurando che era stato proprio il capo a chiamarlo. Decise che sarebbe direttamente salito al terzo piano e avrebbe sentito di persona cosa avesse da dirgli di tanto urgente e questo gli fece perdere altri venti minuti, perché era stato chiamato dalla segretaria per essere avvertito di non salire in ufficio, ma di recarsi direttamente al cinema previsto. Qualche imprecazione più tardi e schivata una folla nutrita di persone davanti al cinema, fu accolto a braccia aperte dallo stesso capo, cosa che destò in lui qualche sospetto.

«Carissimo eravamo tutti in attesa!» esclamò il capo sorridendo con qualche tensione sui muscoli facciali.

L'interprete lo guardò interrogativo.

«Un imprevisto, ma tu non dovresti avere problemi con l'inglese, vero?».

Lo sguardo sempre più interrogativo dell'interprete gli fece guadagnare le seguenti informazioni: la persona ingaggiata per fare da interprete al cast, esclusa la tedesca di sua pertinenza, a causa della pioggia era finita in una voragine stradale neppure segnalata, dove aveva squarciato almeno un paio di gomme, quelle di sinistra, e di sicuro rovinato un cerchione, oltre alla mandibola che, per l'urto violento, aveva sbattuto sul volante prima che l'airbag per poco non la soffocasse. Il giovane interprete non poté fare a meno di pensare che la categoria non godesse di buona sorte, negli ultimi tempi.

«Perciò a te è affidata l'intera conduzione del dibattito, ma non dovrebbe essere un problema, vero?»

Era la seconda volta che lo diceva e l'interprete ebbe l'assoluta certezza che i problemi invece ci sarebbero stati. E molti.

Il responsabile di produzione non gli diede neppure il tempo di rispondere. Dopo qualche convenevole con fan e giornalisti, lo trascinò con sé dentro il cinema, borbottando nel frattempo che non avrebbe avuto alcun problema con il protagonista del film – che parlava un lentissimo inglese regale – ma che qualche grana invece l'avrebbe avuta con lo sceneggiatore, texano cresciuto in Virginia, e con il costumista, un californiano con diversi difetti di pronuncia. A parte questo, gli avrebbe salvato il culo e lui gli sarebbe stato eternamente grato. Sempre che qualcuno della stampa fosse rimasto dopo l'anteprima. Quest'ultima frase fu pronunciata con tono lugubre perché questo sì era un problema tutto della distribuzione e di cui a lui, l'interprete, non fregava un fico.

Mentre Non Dovrebbe Essere Un Problema si affaccendava con altre persone del suo staff e con i molti giornalisti al seguito, l'interprete pregò il dio dei poliglotti di non abbandonarlo proprio quella mattina e di vegliare sulla catastrofe imminente affinché non ne fosse il responsabile. Le grida della folla, sempre più crescenti, lo informarono che la mattanza stava per compiersi: lo staff artistico stava arrivando al completo, e in tutta la sua diversità linguistica.

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