Quando la mattina dopo arrivò in ufficio, Elisabetta trovò Riccardo Freddi nella sua stanza, al telefono. Le fece segno di entrare e le sorrise.
«No, certo che no. In ogni caso, restiamo d'accordo per questa sera. Ti manderemo la macchina in albergo. Sì, ora ti passo Elisabetta, che è appena entrata.» Si era espresso in un inglese terrificante, ma Elisabetta aveva capito che stava parlando con Sinclair. Freddi le passò il telefono.
«Hai il cellulare spento», le disse l'attore.
Elisabetta infilò una mano nella borsa e tirò fuori il telefonino.
«No, è acceso. Comunque, aspetta un momento.»
Tappò il ricevitore con una mano e chiese a Freddi di uscire. «Per poco, ma è ancora la mia stanza e questo è il mio telefono», gli disse brusca.
«Di questo ne parliamo dopo. Non dimenticare di andare da Sinclair stasera per portarlo all'aeroporto» e uscì lanciandole uno sguardo complice. Elisabetta lo mandò al diavolo e poi avvicinò nuovamente il ricevitore all'orecchio.
«Come mai hai chiamato qui?» chiese diffidente.
«Te l'ho detto, al cellulare non eri raggiungibile. Come stai? Io ho ancora il tuo odore addosso» le disse abbassando la voce di un tono.
Elisabetta sedette dietro la scrivania. «Anch'io il tuo.»
«Ci vediamo per pranzo?» le chiese l'attore.
«Devo essere in commissariato alle due. Credo che oggi ascoltino di nuovo anche Olivia e quello stronzo di Freddi. Però ti chiamo se non faccio troppo tardi.»
Sinclair sospirò. «Il mio avvocato dice che non dobbiamo preoccuparci, che è la prassi e che finirà presto. Hai bisogno di assistenza legale seria?» le propose.
«L'avvocato della produzione ha tutto l'interesse ad assisterci seriamente. Comunque, grazie. Se non riuscissimo a vederci prima, restiamo per stasera.»
L'idea che Sinclair partisse le dava angoscia e allo stesso tempo, stranamente, sollievo. Quella mattina, quando si era svegliata al suo fianco, lo aveva visto stanco e invecchiato, come se gli anni gli fossero piovuti addosso tutti insieme in quelle ultime ore. Lei gli si era stretta contro, ma lui non aveva neppure accennato a fare l'amore di nuovo. Eppure, era quello che Elisabetta aveva sognato in quegli ultimi giorni: svegliarsi al suo fianco, fare l'amore con lui, fare colazione insieme e magari tramutare quella notte in qualcosa di più intimo, concretizzando l'idea di un legame fatto anche di dolcezza e intimità. Sinclair era stato gentile, ma si era alzato immediatamente, aveva fatto una doccia e aveva chiamato la compagnia aerea, per sincerarsi che il suo volo fosse in piedi e che non ci fossero problemi.
«Sei fredda. Cosa c'è?» le chiese Sinclair con tono incerto.
«Jamie, sappiamo entrambi cosa c'è. Domani tu sarai nuovamente a casa e probabilmente non ci vedremo più.» Era la verità, e lo sapevano bene tutti e due.
«Questo lo stai dicendo tu. Perché non mi raggiungi nei prossimi giorni?»
Non poteva credere che Sinclair le stesse proponendo seriamente di mettersi con lui. Tentò di non badare a quel tono convincente e a quella voce suadente. Voleva che il suo cervello non si facesse di nuovo un giro. Al massimo, poteva consentirgli di restare nei paraggi.
Mentre l'attore le diceva qualcosa a proposito di un suo prossimo lavoro in Europa, Elisabetta controllò la posta. L'email di Olivia giaceva tra quelle in arrivo. Non c'era scritto nulla. Solo un link. Cliccò e aprì la pagina collegata.
«...poi sarò di nuovo a Los Angeles. Potresti raggiungermi là, la prossima settimana. Puoi prenderla come una vacanza, se non vuoi pensare a qualcosa di più serio.»
«Cosa?» Elisabetta aveva perso qualche passaggio. Gli occhi di Chris, nonostante il bianco e nero e la foto non proprio nitida, brillavano furbi. L'espressione febbricitante, che lei aveva scambiato per follia, era anche allora parte del suo sguardo. Persino con cinque anni di meno era innegabilmente lui. Sul palcoscenico, con altri attori giovani, indossava una calzamaglia e un piccolo bolero. Shakespeare, probabilmente, a giudicare dal costume e dai capelli alla paggio del ragazzo.
Aprì una nuova finestra e digitò il nome di Julian McNeill.
«Non sono mai stato tanto serio. Ti vorrei portare con me» continuava Sinclair, mentre lei verificava che sul database del cinema effettivamente esisteva un Julian McNeill. Non c'erano foto, ma erano citati almeno quattro suoi lavori, piccole produzioni teatrali e televisive. Fu istintivo controllare i nomi degli altri attori che vi recitavano.
«Non mi stai neppure ascoltando. Betta?»
«Solo quel cretino del mio capo mi chiama così. Trova un altro diminutivo.»
«È il clima di quel dannato ufficio a rovinarti l'umore. Stanotte non eri così scostante. Vorrei averti ancora qui, sotto di me», tentò lui.
«Jamie Sinclair.»
«Sì, madame? Ti sto allettando?»
Elisabetta non lo aveva chiamato. Aveva solo ripetuto il nome di uno degli interpreti di Vite perdute, una coproduzione angloamericana. Il film per la televisione era stato trasmesso quattro anni prima alla BBC. Sinclair figurava come guest star, mentre Julian McNeill era tra i personaggi minori, insieme a Billie Bob Shelton.
«Allora, signora, quando possiamo continuare quello che abbiamo interrotto questa mattina?», continuò a sussurrare in tono sensuale.
«Sinclair, ti richiamo più tardi», disse brusca e attaccò.
Tornò alla pagina principale e vide che il ragazzo era nato a Manchester. Non le aveva mentito. E neppure sul nome: Julian Chris McNeill. Un'improvvisa morsa allo stomaco la costrinse a piegarsi sulla scrivania. Sembrava che la mano di Chris la stesse stritolando dall'interno, con dita gelate.
Si tirò su, facendo forza su se stessa e tornò alla pagina del link riportato dalla mail di Olivia. Collegò la stampante e lasciò che Chris ne uscisse fuori giovane, con i suoi begli occhi furbi e il suo costume da tragedia shakespeariana.
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Anteprima Stampa
General FictionUn attore di fama internazionale presenzia all'anteprima stampa italiana del suo ultimo film. Adorato da fan e giornalisti, l'interprete del detective Lazlo Corallo sembra avere una vita perfetta: è ancora bello, ricco e da qualche tempo è tornato s...