Atto 7 - Buio in sala

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La stampa fu fatta entrare in sala, dopo che il cast artistico, quello tecnico e i rappresentanti della distribuzione italiana si erano accomodati nelle prime file. Fino a quel momento si erano concessi con particolare dedizione ai fan che, all'esterno del cinema, erano accorsi numerosi per salutare il loro beniamino Jamie Sinclair. Lui si era mostrato gentile come al solito, intrattenendosi più del necessario con un gruppo di ragazzi giunti apposta per vederlo la sera prima da Torino. La sua segretaria Elisabetta, fornita dalla produzione per il suo soggiorno italiano, gli aveva spiegato, facendo da tramite con la traduzione, che erano tutti ansiosi di sapere se davvero il detective Corallo sarebbe morto alla fine del film. Il signor Sinclair, inveendo tra sé per la fuga di notizie infausta, aveva chiarito amabilmente di non poter rivelare nulla della trama e che, se avessero pazientato, avrebbero avuto modo di vedere il film nelle sale già dalla sera successiva.

Firmato qualche autografo in più, scortato da Elisabetta e da un gruppetto di persone della distribuzione, circondato da un cospicuo numero di giornalisti, il signor Sinclair era entrato nell'androne del cinema. La gamba gli faceva male da quella mattina. Per la precisione, da quando era caduto sul set del penultimo film del detective Corallo e non si era più ripreso. L'intera produzione si era preoccupata di ciò che sarebbe potuto succedere, ma Jamie Sinclair non era certo uomo da accollare ad altri una sua colpa. Più che di colpa, poi, si poteva parlare di sconsideratezza: non aveva più l'età per farsi da controfigura e il cielo sapeva se la produzione non gli aveva ricordato più volte quella necessità. Nonostante i mesi intensi di fisioterapia, pagata naturalmente dall'assicurazione, il problema non si era mai risolto del tutto e in certe giornate il signor Sinclair zoppicava vistosamente. Era una di quelle giornate.

Elisabetta, la cui premura si stava pericolosamente spingendo oltre l'incarico professionale, lo sospinse con delicatezza per il gomito e lo guidò verso un piccolo disimpegno, poco distante dalle toilette e dall'entrata nella sala.

«Ha bisogno di un analgesico?» gli chiese sfiorandolo quando rimase sola con lui.

Sinclair, dopo un sorriso cortese, si tenne la mano della ragazza e la guardò negli occhi. «Ho un bisogno enorme di portarti a letto.» E questo chiarì tutto. «Nell'attesa vada per l'analgesico.»

Elisabetta represse il desiderio di sbatterlo contro il muro che era a due passi, con il suo capo e la stampa a portata di orecchie. Estrasse dalla borsetta una confezione di aspirina e la consegnò a Sinclair che la accolse come una manna.

«Faccio un salto in bagno e torno subito» le disse trattenendole nuovamente la mano insieme all'aspirina.

Elisabetta allungò la mano libera, prendendo ad accarezzarlo, apprezzandone l'esuberanza. Stava per dirgli che era proprio di quello che aveva bisogno e non dell'aspirina, quando il suo capo uscì dalla sala proiezioni. Era agitato e sudaticcio.

«Signor Sinclair» disse in un inglese raccapricciante «ho bisogno di Elisabetta per un paio di minuti.» Per la verità non era troppo contento di essere uscito al momento sbagliato. Betta stava facendo miracoli con Sinclair. Non aveva idea di quanto potesse spingersi sul mistico. Non gli era sfuggito un certo lavorio di mano e neppure le facce da omicidio della ragazza e di Sinclair quando erano stati sorpresi.

«Certamente. Stavo andando un momento in bagno per prendere un analgesico» disse l'attore con un po' di sufficienza, dirigendosi verso la toilette. Certamente, pensò il responsabile di produzione, stavo andando un momento in bagno a farmi fare un lavoretto e vorrà dire che dovrò farmelo da solo.

Quando Sinclair scomparve dietro la pesante tenda di velluto che copriva la porta della toilette, Elisabetta gli lanciò un'occhiata feroce.

«Sei venuto a farmi la paternale Riccardo? Guarda, sono stufa...» ma Riccardo Freddi non era uscito per quel motivo. E non aveva alcuna intenzione di farle la paternale. Glielo disse, aggiungendo che per quanto lo riguardava, non l'avrebbe interrotta neppure se l'avesse trovata in ginocchio, in raccoglimento mistico davanti a Sinclair. Gli serviva, però, di concordare la cena di quella sera, assicurandosi la presenza dell'attore poiché un certo politico di sua conoscenza si sarebbe volentieri unito alla compagnia solo se ci fosse stato Sinclair.

Viste le fan in delirio e la professionale Elisabetta pronta a fare contento il detective Corallo, Riccardo Freddi si convinse che fosse la moglie del politico a volersene sincerare. Elisabetta fece presente che Sinclair aveva dei problemi alla gamba ma che, quasi certamente, avrebbe partecipato alla cena se avessero insistito. Invece di aspettare l'attore, entrò con Riccardo Freddi in sala e sedette sulla sua poltrona. Il momento magico era stato spezzato ma se tutto andava come previsto, dopo la conferenza avrebbe accompagnato Sinclair in albergo e quella volta, ne era sicura, lui non si sarebbe addormentato. Fu contenta di avere indossato il completo intimo di pizzo che le donava particolarmente mettendo in risalto le sue forme.

Dopo qualche minuto, le luci iniziarono ad abbassarsi. Elisabetta guardò preoccupata verso l'entrata, chiedendosi se Sinclair non si sentisse davvero troppo male per assistere alla proiezione. Decise di dargli ancora qualche istante. Le luci si spensero del tutto e partirono i titoli di testa. Non passò molto che Freddi le disse di andare a controllare perché proprio la star del film brillasse per la sua assenza ed Elisabetta ne fu sollevata. Per un momento, pensò che Sinclair lo avesse fatto di proposito, per essere raggiunto al bagno. Nelle sue orecchie riecheggiava ancora la sua voce calda, quando le aveva espresso il suo 'bisogno'. Dio, nonostante i sessant'anni suonati quello restava l'uomo più sexy del pianeta.

Avvicinatasi alla toilette maschile, bussò con discrezione. Non avendo ottenuto risposta, aprì lentamente la porta e si guardò intorno. Forse, dopo aver preso l'analgesico, era entrato in una delle cabine per un bisogno impellente. Un paio di porte erano accostate.

«Signor Sinclair?» si avvicinò alle cabine e si fece coraggio. «Jamie?»

Spinse la porta di quella alla sua destra e poi quella sulla sinistra. Vuote entrambe. Per scrupolo, aprì lentamente anche la porta dell'ultima cabina e rimase impietrita. Poi tutto fu buio.

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