Atto 6 - In viaggio verso il cinema

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Quando scese dalla macchina, scortato dalla ragazza che quella mattina al rosso aveva preferito il nero più professionale, l'uomo alto aveva il muscolo femorale in fiamme. Il dolore non era dovuto a qualche prodezza sessuale notturna. Era crollato dopo avere bevuto un paio di bicchieri e spiluccato un po' di uva, prima ancora che la ragazza riuscisse a imbastire con lui una conversazione. Si era semplicemente sdraiato mentre lei faceva qualche telefonata per assicurarsi che la mattina seguente i piani fossero quelli stabiliti e aveva salutato il mondo per otto ore. Al suo risveglio, aveva trovato un semplice appunto: "Passerò a prenderla alle nove e trenta, Elisabetta".

Si era spogliato e fatto una doccia bollente. Aveva indossato l'abito scuro elegante, ravviato i capelli notandoli di anteprima in anteprima sempre più bianchi, e aveva fatto qualche telefonata. Dopo un paio d'ore, circa, era sceso nella hall, dove aveva trovato Elisabetta ad attenderlo con il solito sorriso professionale sulle labbra.

«Dormito bene?»

Non c'era ironia nella domanda, solo pura cortesia di rito. Si chiese se non avesse solo immaginato la sua procacità la sera precedente. Non ebbe neppure il tempo di sorridere che già la ragazza gli voltava le spalle, pronta a guidarlo fuori, verso la solita Mercedes che li avrebbe portati fino al cinema. Lungo il tragitto iniziò a piovere talmente forte da costringere l'autista a fermarsi un paio di volte. Gli venne in mente una frase del film, pronunciata dal suo personaggio dopo la scoperta del primo corpo senza vita. «Chissà perché sento a pelle che questo non è l'ultimo cadavere della mia carriera». Anche lui, come Corallo, sapeva che quello sarebbe stato solo il primo dei cattivi segni della giornata. L'aria puzzava di guai, avrebbe detto il detective con il panama tramite la sua voce di velluto, facendogli alzare il sopracciglio in quell'espressione che era diventata un suo marchio di fabbrica.

«Mi dispiace per ieri sera. Ero molto stanco» disse guardando la ragazza che sedeva rilassata al suo fianco.

«È comprensibile» rispose lei con quel perenne sorriso, soffermandosi un po' di più sul volto dell'uomo alto.

«Devo avere un aspetto orribile.»

«Al contrario. Ha il viso così disteso da sembrare un esordiente alla sua prima» rispose la ragazza più seria di quanto avrebbe voluto.

Il responsabile di produzione l'aveva bene istruita: infondere tranquillità e farlo sentire a proprio agio. Se lui fosse stato dalla loro, anche la conferenza sarebbe andata bene. Se lui fosse stato disponibile con la stampa, la critica sarebbe stata meno dura con il film. Eppure, non era per quello che lo stava tranquillizzando. Provava un senso di tenerezza per quel signore ancora bellissimo e un po' ammaccato dagli anni. Quella mattina, poi, forse per colpa della pioggia, del cielo grigio, dell'emicrania che doveva nascondere sotto un sorriso che le era costato un paio di centinaia di euro, lo trovava attraente. Pensò di essere stata una stupida a non rimanere nella sua camera, a non infilarsi nel suo letto, accanto a quel corpo che avrebbe saputo lei come risvegliare definitivamente.

Qualcosa della sua espressione fece trapelare una mezza verità e l'attore le prese la mano, sfiorandola con la bocca delicatamente.

«Avrei voluto essere meno stanco», le disse sentendosi grottesco. Ormai quelle frasi a una donna poteva dirle solo sotto un ridicolo panama. E a ben pensarci neanche più così, visto che con quella pellicola dava il benservito al detective che gli aveva fatto guadagnare più soldi con quella serie di quanti ne avesse ottenuti in trentacinque anni di onorata carriera precedente.

Da quanto non partecipava a un'anteprima con entusiasmo? Fece il conto delle ultime pellicole e andò a ritroso per trovare un film decente della serie Corallo. Forse i primi, che avevano la freschezza della novità. Poi si erano persi negli stereotipi, alternando registi incapaci a meno incapaci, script incredibili a sceneggiature appena decenti. Il suo viso si era incupito di pellicola in pellicola o inacidito, come qualche acuto giornalista aveva notato. Non sorrideva più come un tempo. Gli faceva male la mascella a insistere.

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