Part 19

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CHRIS POV

Chiudo la porta alle mie spalle, cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare lei e gli altri ragazzi. Sollevo con cautela i piedi dal pavimento, posandoli con delicatezza estrema. Sono a malapena le sei di mattina, e so che se dovessi svegliarli a quest'ora, dopo una nottata passata a festeggiare, i miei coinquilini non mi farebbero più mettere piede in casa.

Acchiappo al volo le chiavi dal centrotavola all'ingresso, facendole tintinnare fra le mie dita, prima di allungare la mano e afferrare il metallo gelido della maniglia, mentre il braccio cerca disperatamente di infilarsi nella manica del cappotto.

Un piccolo rumore alle mie spalle mi fa voltare, ma dietro di me non c'è nessuno... tutto ciò che vedo è la porta della mia camera ancora chiusa, così come l'ho lasciata, però... però non sono sicuro di potermi fidare di lei. Lasciarle a portata di mano tutti i miei scritti, lì sulla scrivania, ed il pc di cui sicuramente ha già capito la password... I miei piedi scattano in direzione della stanza, salvo poi fermarsi a metà strada.

Ieri sera ho fatto la mia scelta. He deciso di fidarmi, di aprirmi con lei, non posso tornare già indietro. Devo iniziare a fidarmi, se voglio davvero portare a termine i miei progetti.

Così, forzandomi a testa china, raggiungo l'ingresso, e senza più pensarci esco, diretto a casa dell'unica persona che può davvero aiutarmi a scaricare la frustrazione.

***

Continuo a suonare insistentemente, so che mi aprirà. Infatti, dopo una manciata di secondi, ecco comparire la chioma ancora arruffata della mia migliore amica, con indosso il suo famosissimo pigiama con i lama.

-Buongiorno - borbotto, entrando senza aspettare nel suo appartamento. È come una seconda casa per me, non ho certo bisogno dell'invito scritto per presentarmi.

-Lo sai che quando ti dico che puoi venire da me a tutte le ore del giorno e della notte, sono solo gentile vero? - mi aggredisce, stropicciandosi gli occhi con una mano. È adorabile.

-Ho bisogno di te - mi lamento come un bambino, lasciandomi cadere sul suo divano a peso morto, mostrando il labbro inferiore. Sana è davvero l'unica persona con la quale mi concedo il lusso di mostrarmi così vulnerabile e infantile: non solo è l'unica dei miei amici d'infanzia trasferitisi con me ad essere più grande del sottoscritto, ma siamo cresciuti insieme, è come una sorella, anzi no. È molto, molto di più: una parte di me, il mio riflesso, l'altro lato della mia medaglia. Sarei perso senza di lei. Essere un padre per quei sette pazzi sarebbe impossibile senza lei a far loro da madre.

-Tu hai sempre bisogno di me. Ma sai di cosa ho bisogno io invece? Di dormire.

-Vuoi che me ne vado?

-Voglio che la smetti di presentarti qui all'alba, Channie. Ieri sono uscita, lo sai... ringrazia che non ti abbia ancora vomitato sulle scarpe.

Mi si avvicina, porgendomi una tazzina di caffè fumante, posando sul tavolino tra di noi anche una compressa per il mal di testa, massaggiandosi le tempie. Dopo diversi secondi passati nel silenzio più totale, lei si mette comoda, incrociando le gambe e le braccia, la solita posizione in cui si mette quando sta per ascoltare i miei lunghissimi monologhi riguardanti i miei problemi.

-Dai - mi incita infatti - che è successo stavolta?

Ma non voglio passare subito ai fatti: dalla tasca dei jeans caccio fuori un foglio di carta, ripiegato più e più volte su sé stesso, porgendoglielo.

-Leggi e dimmi che ne pensi.

-Hai ripreso a scrivere? Ti sei sbloccato, quindi! - sorride fiera, ma l'espressione di felicità vacilla quando posa gli occhi sulla carta che le porgo - Hai davvero attraversato mezza città alle sei di mattina per mezza strofa? Channie!

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