Il suo respiro leggermente irregolare scandisce lo scorrere del tempo, nell'auto. è teso, molto teso, dal modo in cui il suo petto si solleva e si rilassa ad intervalli irregolari. Anche la guida, generalmente morbida e sinuosa, è invece rabbiosa: sta guidando ad una velocità spropositata, che mi fa aggrappare con forza al sedile.
-Hyunjin, puoi andare un po' più piano, per favore? – domando, ma tutto ciò che fa è dedicarmi una brevissima occhiata furtiva, prima di riconcentrarsi sulla strada. Del resto, non ha fatto altro per tutto il viaggio: piccoli sguardi concitati, come per accettarsi che io sia ancora calma. Probabilmente la conversazione di prima lo ha messo a disagio, me ne rendo conto. Ecco perché è voluto scappare via da lì, andare lontano.
Questo gelo tra di noi però non fa altro che accrescere il magone che sento all'altezza della gola: vorrei così tanto che si aprisse con me, che non avesse paura di confrontarsi. Conoscere il suo passato, cercare di scoprire perché ha così tanta paura di parlarne.
Hyunjin svolta a destra, entrando in un piccolo paesino mai visto prima. Le stradine sono strette e anguste, ma l'auto riesce a scivolarci dentro senza troppa difficoltà.
Man mano che avanza, e si inoltra nella parte storica della città, mi sembra di riconoscere queste vie come se le avessi già attraversate in passato.
-Lì c'è un posto – bisbiglio, indicando uno spazio libero fra due auto parcheggiate, così in silenzio il ragazzo fa manovra, spegnendo la macchina. Si volta pronto ad uscire, ma non riesco più a trattenermi.
-Hyunjin, mi dispiace se ti ho messo in imbarazzo prima – pigolo, nel silenzio dell'abitacolo immerso nel buio.
-In imbarazzo? Perché? – dice, ma senza guardarmi. Continua a tenere lo sguardo fisso sul volante, incapace di guardarmi in faccia.
-Forse non ne volevi parlare, io... -
-Non importa, non mi hai messo in imbarazzo– commenta laconico, prima di aprire lo sportello al suo fianco e uscire di corsa. Ma non posso lasciarlo andare, non riuscirei a reggere neanche cinque minuti di questo silenzio così opprimente. In uno scatto mi precipito fuori dalla macchina, avvicinandomi velocemente a lui, girato di spalle.
Lo afferro per un polso con forza, costringendolo a voltarsi con un cipiglio confuso che mi dà speranza.
-Ti prego non fuggire di nuovo – sussurro, in un silenzio interrotto solo da della musica in lontananza – Se non vuoi parlarne a me sta bene, ma... ma non fare così.
Abbasso la testa, incapace di sostenere i suoi occhi scuri e penetranti studiarmi dall'alto. È così imbarazzante esporsi, ma non posso lasciare che la serata sia rovinata per colpa di uno stupido segreto... voglio vedere se per una volta è capace di mettere da parte i suoi demoni, per me.
-Non sto fuggendo – commenta solo, ma il suo tono è molto più dolce, mentre abbassa gli occhi sulle mie dita strette ancora sulla sua pelle.
-Se solo tu mi lasciassi avvicinare...
Si divincola, ma con una delicatezza che mi fa lasciare immediatamente la presa. Continua a guardare un punto oltre le mie spalle, prima di abbassare gli occhi bassi, colpevoli. Non riesco a capire perché si comporti così.
-Non devi sentirti imbarazzato per il tuo passato né per le cose che mi hai rivelato stasera. Anzi! Vorrei continuare a sentire la tua storia, sapere cosa ti ha portato ad essere così, scoprire che alla fine ti fidi me... siamo amici, non è così? Nonostante tu non abbia fatto altro che ripeterlo solo quando volevi qualcosa in cambio... dimostrami che non è così. Dimostrami che ci tieni davvero a me, e che non mi usi solo come strumento per colpire Chris.
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Trust Me!
FanfictionMeryl Devillet è convinta che non si laureerà mai. Il lavoro estenuante al café, l'incapacità di passare gli esami e un irrealizzabile desiderio di perfezione, eredità di un'orgogliosa madre maniaca del controllo, sono i suoi peggior nemici. Almen...