Capitolo 18

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In quei giorni Lucius avvertiva una forte sensazione di negatività e disagio, come se stesse per accadere qualcosa di brutto alla sua famiglia.

Si era chiuso nel suo studio per cercare di ricordare se stesse per verificarsi qualcosa che per caso avesse dimenticato o di capire se potesse esserci qualche minaccia incombente che non aveva valutato.

Aveva fatto avanti indietro consultando quaderni contabili, libri e fogli di pergamena che aveva trovato in giro per la stanza, ma non aveva trovato nulla che potesse dargli qualche indizio.

Aveva pensato di parlarne con la moglie, ma ne aveva già passate tante e ora che aveva trovato una sorta di equilibrio non voleva farla preoccupare, sebbene in passato, quando Lucius Abraxas Malfoy aveva avuto una un presentimento, difficilmente si era rivelato errato.

Era anche vero, però, che dopo dieci anni rinchiuso ad Azkaban e dopo dodici anni di reclusione forzata era possibile che stesse impazzendo e avrebbe finito con l’allarmare tutti per niente.

Magari prendere un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto tornare un po’ di lucidità e lo avrebbe aiutato a pensare più chiaramente.

Avrebbe potuto fare una passeggiata per il giardino, passando un po’ di tempo con i suoi pavoni e fermandosi ad ammirare la serra della nuora, che nonostante la neve era sempre perfetta anche grazie all’aiuto della magia, o avrebbe semplicemente potuto sedersi su uno dei  divanetti al piano di sotto e lasciare le porte finestre aperte così da permettere al freddo tipico dell’inverno inglese di entrare.

Uscì dalla stanza e scese lentamente le scale.

Quello che un tempo era stato un gesto elegante e di vanto, ora era dettato solamente dalla vecchiaia e dall’indebolimento fisico.

Narcissa gli ripeteva spesso che lo stile di vita che aveva adottato da quando era uscito dal carcere magico non era l’ideale.
Secondo lei aveva bisogno di uscire, di stare in mezzo alla gente e di godersi la vita con suo nipote alla luce del sole, non sempre e solo chiusi in quelle quattro mura.

Cavolate” diceva sempre lui “Io sto bene così

La verità era che non aveva voglia di andare in giro accompagnato ogni volta da lei o da Draco come se avesse una balia che lo controllava ventiquattr'ore su ventiquattro e non aveva voglia di incontrare persone ipocrite che lo avrebbero ucciso più che volentieri alla prima occasione.

Sarebbe dovuto essere a casa da solo quel pomeriggio.

Pochi giorni e sarebbero iniziate le vacanze natalizie; Narcissa doveva occuparsi delle ultime compere e Astoria voleva approfittarne per stare al San Mungo il più possibile.

Era davvero una brava donna Astoria, era proprio contento che fosse entrata a far parte della sua famiglia portando risate, affetto e qualche novità che non aveva fatto male.
Aveva un enorme cuore e, tra le diverse attività di volontariato che svolgeva, la sua preferita era quella che esercitava presso l’ospedale inglese.
Teneva compagnia ai pazienti che non avevano qualcuno che si occupasse di loro e sempre più spesso si recava nel reparto pediatrico per leggere qualche storia ai bambini.

Quando arrivò al piano di sotto, però, dalla cucina stava uscendo proprio la donna, con un bicchiere di succo di zucca in una mano e un piatto di biscotti nell’altra.

Si fermò di sbottò, cercando di capire se lo avesse visto o se potesse tornare indietro senza essere notato.

<<Lucius>>

Il tono meravigliato di Astoria che lo chiamava fu una risposta più che sufficiente per lui, costringendolo a restare.

La sua sorpresa era comprensibile, erano rare le volte in cui usciva dalla camera da letto. Oramai non si presentava più neanche durante i pasti, che preferiva consumare in solitudine.

L'eredità del sangue - Elara GrangerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora