E così persi il controllo.
In un secondo tutto intorno a me smise di girare. C'ero solo io, con gli occhi accecati dalla rabbia e con le mani sporche del sangue del mio peggior nemico.
Un pugno per avermi voltato le spalle al Liceo.
Un pugno per essere andato a letto con la mia ex ragazza.
Un pugno per essere tornato nella mia vita con l'unico obiettivo di renderla un inferno.
Un pugno per ogni sorriso condiviso con mio padre.
Un pugno per avermi ricordato di essere solo il figlio indesiderato di John Moore.
Un pugno per ogni persona vicina a me, che aveva fatto soffrire.Strinsi il volante continuando a guidare nel cuore della notte senza una vera destinazione. La strada era diventata un deserto senza indicazioni, senza punti di riferimento; ero solo, perso nel buio della notte. Le nocche spaccate, il labbro che non smetteva di sanguinare, il taglio sul sopracciglio destro. Il dolore era l'unico compagno che aveva in quella gelida notte di dicembre.
Avevo visto lo sguardo stupito dei miei amici, gli avevo sentiti urlare alle mie spalle pregandomi di fermarmi, avevo osservato Adam alzarsi lentamente con il volto ricoperto di ferite, mentre barcollava alla ricerca di un appoggio per riprendersi.
Non ero mai stato violento con nessuno, anzi ero abituato a mettermi in mezzo per cercare di placare quel tipo di situazioni, ma quella sera tutto sembrò sfuggirmi dalle mani: la tensione accumulata nelle ultime settimane avevano fatto uscire il lato peggiore di me, quello che cercavo spesso di non far vedere, quello che mi rendeva terribilmente simile a mio padre.
Guardai la mia immagine nello specchietto retrovisore e non riuscii a riconoscere il ragazzo nel riflesso. Sterzai bruscamente il volante, fermandomi sul ciglione della strada.
La camicia nera nascondeva le macchie di sangue, ma come per volermi liberare di un peso, me la strappai di dosso, gettandola sui sedili posteriori.
Mi abbandonai con la testa sul seggiolino, ascoltando il rumore di miei respiri pesanti.
Negli ultimi anni ero diventato una bomba pronta a esplodere. Riuscivo a gestire bene le umiliazioni, ma se c'era una cosa che non potevo sopportare era di vedere le persone vicine a me derise, umiliate, ferite nel profondo e quando avevo sentito Adam parlare della madre di Colin, ero scoppiato senza pensare alle conseguenze.
Sperai che nessuno avesse ripreso l'accaduto, ma sapevo che avrei dovuto affrontare l'ira di mio padre e una denuncia da parte di Adam. Mi avrebbero distrutto.
Cercai di non pensare a quello che sarebbe successo il giorno successivo e chiamai Kevin per assicurarmi che Colin stesso bene.
«Rhys dove diavolo sei?»
Rispose dopo due squilli, come se stesse aspettando solo la mia chiamata.
«Sto bene, Colin è con te?»
«É in casa con Stacy e Paul, stanno cercando di parlare con gli amici di Adam. Hanno minacciato di spezzarti le gambe.»
«Non mi interessa di loro, promettimi che controllerai Colin. Lo conosco e so che quello che gli ha detto Adam l'ha colpito nel profondo. Non deve bere, ci siamo capiti Kevin?»
«Non devi preoccuparti per noi adesso Rhys, Adam vuole denunciarti.»
«Prevedibile.» Mormorai, abbassando il finestrino e accendendomi una sigaretta.
«Vuoi dirmi cosa ti è preso?» Non era arrabbiato, ma solo preoccupato, potevo percepirlo dalla sua voce instabile.
«C'eri anche tu, hai visto come si sono comportati con te e Colin.» Affermai, come se la loro cattiveria avesse potuto in qualche modo giustificare il mio comportamento.
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Soul Hostage
RomanceRhys Moore è un giovane avvocato di venticinque anni, destinato a prendere le redini dello studio legale fondato da suo nonno nel 1973 a New York. Un ragazzo benestante con una vita apparentemente perfetta, ma che in realtà nasconde crepe e conflitt...