Capitolo 26 - One Last Dance.

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Rhys

Oltrepassai l'ingresso con il cappuccio della felpa salda sopra la testa e camminai verso la parte nascosta del locale. Passando di fronte al bancone, vidi una ragazza nuova servire i numerosi clienti seduti sopra gli sgabelli. Dov'era finita Keira?

Decisi di ignorare quel cambiamento, non presentandogli attenzione e mi diressi a passo spedito al di là della tenda rossa. L'infiltrato di Marcus se ne stava come al suo solito in piedi di fronte alla porta, ma la presenza di un altro uomo di fianco a lui, diede conferma ai miei sospetti: mi stavano aspettando.

La rabbia iniziò a ribollirmi nel sangue, feci affidamento al mio bisogno di rivedere Edith e mi avvicinai alle guardie. Presi il telefono e lo consegnai all'uomo che non avevo mai visto prima, il quale mi rivolse uno sguardo di sfida, prima di spostarsi e permettermi così di scendere lungo le scale che portavano al seminterrato.

Mi guardai le spalle e quando non vidi nessuno nei paraggi, corsi verso la stanza numero tre. Il cuore iniziò a battere forte e la paura iniziò a scorrere tra le mie mani.

Mi appoggiai alla maniglia e presi un respiro. Non sapevo cosa le avrei detto, non sapevo se quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto la mia Edith.

Immaginai i suoi occhi profondi e velati dalla luce della speranza cadere nuovamente in quell'abisso di oscurità che con il tempo ero riuscito a far sparire. Temevo di vederla distrutta di fronte a quel sogno infranto, temevo che mi odiasse perchè in fondo era stato io a chiederle di immaginare nuovamente una vita fuori da quelle mura. L'avevo pregata di fidarsi di me, di provare a credere in quella follia, in un futuro senza ferite e catene, ancora prima di avere la certezza di poterla salvare.

Le avevo promesso che l'avrei salvata, ma come potevo guardarla nuovamente negli occhi e dirle che sarebbe andato tutto bene, se anch'io mi trovavo con un laccio attorno al collo? Come potevo salvare le nostre anime da una fine del genere? Odiavo non avere risposte, ma detestavo ancora di più il fatto di non avere più così tanto tempo a disposizione.

Mi costrinsi a scacciare via ogni pensiero e in un gesto repentino abbassai la maniglia entrando in quella stanza.

«Edith.» Sussurrai richiamandola.

Feci qualche passo in avanti per avvicinarmi a quello sgabuzzino in cui spesso si rinchiudeva per sistemarsi prima di accogliere un altro cliente, ma quando superai il muro laterale che ostacolava la visuale sul materasso, mi arrestai di colpo facendo un passo indietro.

Un uomo vestito interamente di nero e con due guanti sulle mani se ne stava appoggiato alla parete della stanza, con le gambe incrociate e con un sorriso sornione sul volto.

Sapevano che non avrei lasciato New York prima di vedere nuovamente la mia ragazza.

L'uomo si staccò dal blocco di cartongesso, iniziando a camminare verso di me e cominciai a pensare che quella stanza sarebbe stata l'ultima cosa che avrei visto.

«Dov'è?» Chiesi imperativo, indietreggiando di un ulteriore passo.

«Tranquillo Rhys, la vedrai. Soddisfiamo sempre le richieste dei nostri clienti.» Rispose sogghignando e arrivando a un passo da me. Sbattei con la schiena contro la porta. «Ma prima di farti vedere la principessa, dovresti passare dal castello, il re vuole vederti.»

Una risata truce si disperse per quei pochi metri quadrati; senza darmi la possibilità di rispondere, mi afferrò per un braccio, voltandomi e bloccandomi entrambe le mani dietro la schiena.

«Muoviti!» Disse spintonandomi fuori dalla stanza e procedendo verso il corridoio opposto.

Passammo davanti ad una ventina di porte bianche. Il silenzio quella sera era agghiacciante. Nessun rumore, nessuna grida, l'unico frastuono percepito era quello dei nostri passi sulla moquette e quello dei battiti del mio cuore.

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