Capitolo 27 - The day before the war.

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RHYS

Ricacciai il telefono nella tasca dei pantaloni dopo aver letto il messaggio di Peter. Non avevo mai maneggiato una pistola, neanche uno di quei giocattoli che spesso i parenti ti regalano per i compleanni o per Natale. Mio padre le aveva sempre considerate pericolose, come se sparare pallini di plastica potessero in qualche modo immetterti sulla strada sbagliata.

Chi lo avrebbe mai detto, che alla fine, sarebbe stato proprio lui a imboccare sentieri oscuri, diventando il peggiore dei peccatori.

«Allora? Hai intenzione di dirmi qualcosa oppure...»

Alzai lo sguardo di fronte a me, osservando la ragazza corvina in attesa di ricevere una spiegazione. Si lasciò andare a uno sbadiglio, passandosi una mano tra i capelli disordinati, prima di mandare giù un altro sorso della tisana.

«Hai sentito mio padre oggi?» Chiesi, stringendo la bevanda calda tra le mani.

Alzò gli occhi al cielo, stanca di ricevere ulteriori domande da parte mia. In effetti quello era un vizio che avevo con tutti.

«Mi ha chiamata stamani mattina per dirmi che l'ufficio sarebbe rimasto chiuso a tempo indeterminato. L'unica cosa che sono riuscita a capire è che molto probabilmente la Moore Office cesserà di esistere.» Scosse la testa. «Chi diavolo chiuderebbe mai un'attività da un'ora all'altra, mettendo sull'astrico almeno venti dipendenti?» Concluse, squadrando attentamente ogni mio cambio di espressione.

«Una persona che non merita di essere chiamata tale.» Annunciai, sorseggiando l'estratto di vaniglia e cannella. Il liquido prese a scorrere tra le pareti dello stomaco vuoto; feci una smorfia e riadagiai il tutto sul tavolo di fronte a me.

«Preferisci una camomilla?» Domandò preoccupata.

Trattenni una risata.

«No Margot, il problema non è la tisana... Neanche ricordo l'ultima volta che ho messo qualcosa tra i denti.» Risposi, passandomi una mano tra i capelli per spostare i ciuffi ribelli dagli occhi.

Con apprensione la vidi alzarsi e recuperare dei biscotti dalla credenza.

«Se vuoi posso cucinarti qualcosa, ma non credo di aver molto in frigo... sai avevo pensato di alzarmi presto domani mattina per andare a fare la spesa, ma qualcuno ha deciso di farmi fare le ore piccole.»

Per un attimo mi ritrovai in quella esile ragazza: sempre pronta a mettere gli altri al primo posto, fregandosene del fatto che di fronte a lei sedeva qualcuno che l'aveva ingannata e delusa poco tempo prima.

«Ho risposto alla domanda su tuo padre, adesso puoi rispondere alle mie?»

La tregua cessò nel momento esatto in cui sembrò ricordarsi che non ero piombato nella sua abitazione con l'intento di fare una semplice chiacchierata tra amici.

«Hai ragione, ho intenzione di dirti tutto, solo che...»

«Non dirmi che hai paura di mettermi in pericolo, perché sono stanca di queste stronzate.»

Mi ammonì e io non potei fare a meno di sorridere di fronte a quel repentino cambio di atteggiamento.

L'avevo sempre vista calma, accondiscendete, incapace di alzare la voce contro qualcuno.

«Mio padre chiuderà lo studio hai ragione, ma non per i motivi che continua a raccontare in giro. Non esiste nessuna proposta lavorativa, la verità è che è costretto a lasciare New York perchè si è messo nei guai con le persone sbagliate.»

Aggrottò la fronte, mimando una o con le labbra leggermente schiuse.

«C-che tipo di guai?» Chiese spostando la tazza di lato, come se la mia confessione le avesse chiuso improvvisamente lo stomaco.

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