Capitolo 21 - Now you know the truth.

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Rhys

Cosa potevo dirle? Che era stata una giornata tremenda? Davvero potevo rivolgere quelle parole a lei? Niente di quello che stavo passando poteva essere messo a paragone allo schifo che lei viveva ogni giorno.

«Niente, sono solamente stanco.» Risposi voltandomi e accarezzandole una guancia.

Il suo sguardo mutò improvvisamente. Riconobbi all'istante quella freddezza che con il passare delle settimane era andata ad assottigliarsi sempre di più. Invece, eccola di nuovo lì, pronta a investirmi come una tempesta di neve.

«Odio le bugie Rhys, l'ho capito da quando sei entrato che c'è qualcosa che non va.» Mi redarguì rimanendo ferma nella sua posizione.

«Te lo ripeto, davvero è stata una giornata...» Mi voltai dandole nuovamente le spalle.

«Faticosa? Difficile? Puoi dirlo. Non c'è niente di male ad avere una giornata no.»

Davvero me lo stava dicendo?

«Non posso venire qua e sfogarmi su quanto è stata tremenda la mia giornata.» Sputai girandomi di scatto.

«Perché non puoi farlo?» Chiese rafforzando quell'atteggiamento distaccato.

«Perché non posso lamentarmi della mia cazzo di vita con te, quando tu non vivi un giorno normale da quando avevi dieci anni!»

Mi maledissi all'istante per aver fatto uscire dalle mie labbra una frase totalmente priva di empatia.

«Credo che questa sarà l'ora più breve che vivremo. Vattene!»

Si avvicinò alla scrivania dove avevo risposto il giubbotto e dopo averlo afferrato, me lo lanciò indicandomi con prepotenza la porta alle nostre spalle.

«Edith aspetta.» Feci un passo in avanti cercando di fermare la sua marcia verso l'uscita.

Avevo perso il conto delle persone che avevo ferito in una sola giornata; prima Margot, poi Colin, Marcus e infine lei. Stavo letteralmente uscendo di testa.

«Non volevo, scusami.» Mi fermai a metà della stanza. «L'ultima cosa che voglio è ferirti e il pensiero di venire qua a raccontarti quanto ha fatto schifo la mia giornata mi fa sentire un emerito imbecille. Dovrei usare quest'ora per farti dimenticare tutto quello che c'è al di fuori di questa stanza, dovrei farti sorridere, invece sto facendo l'esatto contrario.»

Caddi sul materasso cercando le parole giuste per poter sistemare le cose.

«Rhys non mi ferisce sapere che tu al contrario mio hai una vita al di fuori di qua, mi ferisce quando nascondi le tue emozioni. Non ho mai fatto una gara tra chi vive meglio e chi vive peggio. So che anche tu hai dei mostri da sconfiggere, so che la libertà non è sempre tutta rosa e fiori. Non ti ho mai chiesto di portarmi sulla luna, l'unica cosa che voglio da te è un briciolo di normalità ed essere due persone normali significa anche confrontarsi su quello che ci è successo durante le nostre giornate.»

Era lontana, appoggiata di spalla all'uscio, con le gambe incrociate e lo sguardo rivolto verso di me. La pregai di avvicinarsi, di darmi una seconda possibilità, di provare a dimenticare il modo in cui avevo provato inutilmente a eludere alle sue domande.

Indossò il suo solito broncio e rassegnata si sedette sopra il mobile di fronte al letto.

«Ripartiamo da zero... Che succede?» Chiese nuovamente.

Sollevai lo sguardo verso di lei, scorgendo un piccolo sorriso sulle sue labbra.

«Ieri sera quando sono uscito da qua ho ricevuto un messaggio dallo sceriffo. Sapeva che gli avevo mentito e che possedevo dei documenti di cui non avevo mai parlato. Sono rimasto fino alle quattro a discutere con l'uomo che mi ha visto crescere, finendo per promettergli che li avrei recuperati per lui.» Sospirai. «Sono andato al lavoro, aspettando il momento migliore per tornare nell'archivio e quando sono rimasto solo mi sono precipitato su quel maledetto scaffale dove avevo riposizionato le cartelline qualche giorno prima.» Il peggio doveva ancora arrivare.

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