Edith
Era davvero tutto finito? Potevo davvero dire di aver ritrovato la mia libertà?
Con il volto appoggiato al finestrino semiaperto e gli occhi socchiusi tornai con la mente in Nigeria, dalla mia famiglia, in quella terra che non avrei mai pensato di poter rivedere. Un turbinio di emozioni, mi contorsero lo stomaco e una scarica di brividi percorse ogni centimetro del mio corpo. Per la prima volta dopo tanto tempo riuscii a percepire quella strana sensazione di beatitudine accarezzarmi il cuore e ogni cicatrice, ogni ferita, ogni schiaffo iniziò a fare meno male. La rabbia e la tristezza cominciarono a scivolare via rendendomi finalmente libera di volare.Avevo affidato la mia vita a un ragazzo sconosciuto, a un uomo dagli occhi buoni e dalle intenzioni folli, che mi aveva permesso di scorgere in quel buio tetro e fastidioso una via d'uscita dall'inferno.
Avevo paura di bruciarmi, di tornare a soffocare nel fumo dei miei pensieri. Non volevo ritrovare me stessa perché questo significava tornare a parlare con quei ricordi infantili che mi avevano cullato ma anche distrutto dentro.
Gli occhi di mia madre, le calde braccia di mio padre, la risata di mio fratello tornarono a essere vivide immagine e non solo allucinazioni di un passato che non sarebbe più tornato. Ad ogni chilometro percorso in quella notte profonda, una parte di me tornò ad allinearsi, rendendomi una persona vera e non più una misera rappresentazione di un angelo caduto, condannato a un destino crudele.Mi lasciai trasportare dal vento freddo e da quel silenzio che non sapeva più di auto distruzione, ma di una pace interiore finalmente ritrovata. Non avevo mai creduto nelle favole o almeno, avevo smesso di crederci all'età di dieci anni, quando le bambole vennero sostituite dalle zip di centinaia e centinaia di pantaloni; quando i tramonti si trasformarono in pareti vuote da osservare; quando i baci colmi d'amore divennero gesti rubati e comprati; quando le risate mutarono in pianti soffocati sul cuscino, in grida disperate, in silenzi asfissianti. Alla fine però un principe aveva bussato alla mia porta, trasformando quella favola in realtà, trasformando il mio destino incerto in qualcosa di sicuro e tangibile.
E tutto si fece più vero quando parcheggiammo di fronte al dipartimento della polizia di New York. Il pazziale brulicava di persone e tra i numerosi agenti in servizio, vi erano giornalisti pronti a inondarmi con le loro domande o con le loro fotocamere.
Abbassai lo sguardo sulla mia figura ancora protetta dalla metallina: al di sotto solo uno dei tanti completini intimi striminziti che ero stata costretta ad indossare per anni. La pelle macchiata da solchi profonde e da cicatrici più chiare.
Le decine e decine di voci squillanti iniziarono a diffondersi nella vettura ancora chiusa, mentre le macchine fotografiche iniziarono a sopraffarci con ripetuti scatti, rendendo impossibile vedere al di fuori del finestrino a causa dei flash.
«Tutto bene Edith?»
Marcus sembrò notare il mio cambio di atteggiamento repentino. Arricciai il naso rivolgendogli un sorriso asimmetrico.
«Sai qual è la cosa strana?» Chiesi con una punta di ironia voltandomi verso di lui e dando le spalle a tutte le persone intorno a noi. «Che ho desiderato il rumore della verità per oltre dieci anni. Ho pregato affinché il silenzio straziante venisse sostituito dalle grida di una folla inferocita pronta a combattere per noi.»
Scossi la testa in segno di negazione e mi sentii una stupida al ricordo di quella speranza che era rimasta tale, per poi finire nel dimenticatoio insieme a tutti i momenti felici del mio passato.
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Soul Hostage
Storie d'amoreRhys Moore è un giovane avvocato di venticinque anni, destinato a prendere le redini dello studio legale fondato da suo nonno nel 1973 a New York. Un ragazzo benestante con una vita apparentemente perfetta, ma che in realtà nasconde crepe e conflitt...