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Luna's POV 

Luna's POV 

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Giorno 2

«Buongiorno» mi sorride Tyler, quando entro in auto.

Poi mi porge un sacchettino bianco e dall'odore che emette capisco che è cibo, un croissant.

«Giorno» lo prendo e lo poggio sulle mie gambe, senza però mangiarlo.

«Sono venuto con largo anticipo per concederti di mangiare con calma» spegne la macchina e si sistema sul sedile per guardarmi. Sta scherzando, spero.

«Ho uhm... non faccio mai colazione» blatero, evitando il suo sguardo.

«Dovresti imparare, ti dà più energie per gli allenamenti» ma ovviamente lui non demorde.

Lo fisso per qualche secondo e poi sbuffo, capendo che sarà irremovibile e non si muoverà da qui fin quando non mangerò. Apro il sacchetto e tiro fuori il croissant vuoto. Passa qualche secondo prima che io mi decida a dare il primo morso, sentendo lo stomaco chiudersi sempre di più. Tengo gli occhi chiusi per non guardare Tyler fissarmi, e mi sforzo di ignorare le voci nella mia testa. Ma non ci riesco, perché vinceranno sempre.

La nausea mi porta a fermarmi, spalanco gli occhi cercando di non piangere. Non posso, non posso cedere e non posso nemmeno assecondare quello che vuole Tyler.

Ho dannatamente paura che si arrabbi come si arrabbiano i miei se non mangio, come si arrabbiavano i dottori e mi urlavano che sarei potuta morire se non avessi mangiato, ma non avevano capito che era quello che volevo.

«Luna» Tyler si allarma e poggia una mano sul mio ginocchio, attirando il mio sguardo su di lui «Non devi mangiarlo tutto se non vuoi, va bene anche solo metà» mi rassicura, gli occhi colmi di preoccupazione.

«Sicuro?» chiedo, le mani iniziano a tremare ed ho la sensazione di star per vomitare «Non ti arrabbierai?».

«Certo che no» mi strappa il croissant dalle mani e lo rimette nel sacchettino, prendendo una delle mie mani che tremano.

Normalmente odio il contatto. Mi è mancato per così tanto tempo che adesso non riesco neppure a farmi sfiorare senza provare fastidio. Nessuno in tutti questi anni mi ha abbracciato, nessuno mi ha fatto una carezza, nessuno mi ha baciato le guance. Nemmeno quando prendevo buoni voti a scuola, nemmeno quando vincevo una partita, o quando portavo il trofeo a casa o ancora quando mi hanno nominato capitano della squadra. Non mi hanno toccato nemmeno quando mi sono diplomata. E questo per tanto tempo mi ha portato a chiedermi se il problema fossi io: insomma, se non volevano toccarmi un motivo c'era. Ho addirittura pensato di avere qualche malattia strana alla pelle o di puzzare. Pensavo che nessuno volesse starmi a canto a causa mia e forse è davvero così, ci ho fatto l'abitudine e l'ho accettato.

Holding on to heartacheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora