2 (T)

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Tyler's POV

Terrore. Ho provato puro terrore dall'esatto istante in cui ho visto quella ragazza sul ponte. Una nube scura di pensieri sembrava aleggiare intorno a lei, e quando sono stato abbastanza vicino da poter guardare Luna da vicino, mi sono reso conto che quella nube era più fitta di quanto immaginassi.

Non avrei mai immaginato che il mio primo giorno da poliziotto sarebbe stato tanto traumatico, ma poteva finire peggio: tipo che sarei potuto morire in una sparatoria.

Invece ho salvato la vita di una ragazza che, seppur adesso sia ingrata per quello che ho fatto, spero un giorno possa capire il valore della vita. Spero che la seconda occasione che sono riuscito a darle sia in grado di sfruttarla, perché a soli vent'anni una ragazza non può pensare che la vita sia solo le sofferenze che ha vissuto. Voglio che viva e che rinasca, che provi gioia e felicità, che capisca che dal dolore si può ricominciare.

Quando ho capito che Mark, mio collega di pattuglia, conosceva quella ragazza mi è salito il cuore in gola: ho avuto paura che se non avessi fatto qualcosa, lui mi avrebbe odiato – e probabilmente mi sarei odiato anche io per il resto della mia vita.

Solo dopo, parlando con Mark, ho capito che lui è lo zio e che non aveva idea di quanto sua nipote soffrisse. Mi chiedo come si possa fingere per tanto tempo, senza che nessuno si accorga della maschera pesante che si sta indossando. Mi chiedo se Luna fingesse da tempo, o se avesse chiesto aiuto ma non fosse stata ascoltata. Nessuno ascolta mai davvero, Tyler mi ha detto, e questo mi fa pensare che abbia provato a parlare di ciò che sentiva... ma nessuno l'ha ascoltata, nessuno l'ha capita. E quindi per quanto tempo ha lottato, per quanto tempo ha cercato un aiuto che non le è mai arrivato? Quanto dolore ci vuole per arrivare a pensare di porre fine alla propria vita? Cazzo, ha soli venti anni e mi ha pregato di lasciarla andare, di lasciarla cadere da quel maledetto ponte. Io a vent'anni ricorrevo un sogno che si è appena avverato, ed ero determinato a raggiungerlo ad ogni costo. Certo, sarei ipocrita se dicessi che ero felice a vent'anni: non lo ero affatto. Mi ero appena trasferito a New Orleans, ero solo, mio padre mi aveva cacciato di casa ed avevo lasciato i miei amici nel minuscolo paese in cui vivevo. Ma sono rinato, ho studiato a lungo per ottenere il posto di lavoro che ho oggi e sono felice di non aver mai mollato.

Mi avvicino a Mark che parla con un uomo che gli somiglia molto, credo sia suo fratello.

«Tyler, vieni qui» mi dice Mark, così lo raggiungo.

Do un'occhiata alla stanza in cui si trova Luna, e la vedo smanettare con i polsini che la legano al letto.

«È stato lui a salvarle la vita, Mike» Mark poggia un braccio sulle mie spalle, il tono basso indica gratitudine – che mi ha già espresso in lacrime per mezz'ora in macchina.

«Grazie figliolo, non sai quanto lei sia importante per noi» quello che deduco sia il padre, ha gli occhi pieni di lacrime e mi sta parlando con il cuore in mano.

Quando mi stringe in un breve abbraccio mi chiedo come un padre così affettuoso possa essere stato tanto cieco nei confronti di sua figlia.

Io avrei pagato per avere un padre così, che addirittura piangesse all'idea di perdermi. Quello che ho io, invece, non vedeva l'ora di non vedermi più.

«Dovere, signore» gli sorrido, e guardando nuovamente dentro la stanza di Luna, mi accorgo che la mora è quasi riuscita a togliersi un polsino.

«Scusatemi» entro nella stanza a passo svelto e mi sbrigo ad attaccare meglio il polsino al suo esile polso, guadagnandomi un'occhiataccia arrabbiata.

Holding on to heartacheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora