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Luna's POV

Luna's POV

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Giorno 20

Le domeniche sono odiose, noiose, stancanti. Non c'è mai nulla da fare, c'è solo quiete e noia. Ma non è la noia di Leopardi, per me non è questa tendenza verso l'infinito; perché non desidero altro che far cessare il dolore, ma di certo non desidero conoscere di più, se questo più non fa altro che rivelarsi ogni giorno più di quello passato solo troppo doloroso. Non è nemmeno la noia di Schopenhauer, cioè la volontà di vivere; una forza incessante che non mi rispecchia. Forse la mia è più la noia di Pascal, perché vorrei davvero godere dell'otium a me concesso, ma non posso farlo; devo riempire ogni spazio, ogni vuoto, ogni silenzio. Non posso fermarmi, pensare, rilassarmi, perché i pensieri non farebbero altro che assalirmi, entrarmi dentro e colonizzare ogni cellula del mio corpo fino a soffocarmi. Sì, sono un po' anche la noia di Seneca, sto fuggendo da me stessa, dalla calma, dalla quiete che per me sarebbe infernale.

Per giunta, da quando non faccio altro che litigare con Tyler, non riesco più a godermi la sua compagnia. Non ci riesco perché c'è qualcosa che non va tra di noi, qualcosa che è rimasto non chiarito. Dal giorno di quel bacio io cerco di evitarlo, ma poi è impossibile per me resistere al suo affetto quando mi guarda con gli occhi pieni di tristezza per ogni mio rifiuto, mi è impossibile allontanarmi quando sento una così forte tensione tra di noi; ogni volta che ci sfioriamo, è come se il tempo si fermasse, come se esistessimo solo io e lui. Pelle contro pelle, tachicardia, il respiro mozzato. Mi sono quasi convinta che Tyler senta le stesse cose che sento io, ma alla fine mi sono arresa al fatto che è un ragazzo, per quanto io non sia bellissima credo che ogni ragazzo etero reagisca così ad una tale vicinanza con una ragazza. Mi provoca, lo vedo, ed anche io lo provoco; ma sembra quasi che non gli piaccia quando sono io a provocarlo.

Perciò, in una domenica così vuota, non mi restava che trovare un'alternativa in grado di distrarmi, prima che il dolore diventasse troppo affinché qualsiasi cosa possa fare effetto: prendere una pasticca di ecstasy, che ho comprato questa notte dopo aver accompagnato Daniel alla stazione; quella che ho comprato l'altra sera non era sufficiente. Non importa quanto mal di testa avrò non appena finirà l'effetto, ne prenderò un'altra. Non importa quanto amore io abbia ricevuto ieri, l'amore non basta.

Tyler non è ancora arrivato, ma non mi importa. Per quel che conta, probabilmente avrò troppa gioia in corpo per prestare attenzione alle sue domande e preoccupazioni. I miei genitori invece stanno fuori per tutta la mattina insieme ad Alex, da quello che ho capito volevano portarlo al quartiere francese per una festa.

Danzo sulla musica che esce sottile dal telefono che ho poggiato sulla scrivania, ma che sembra essere forte come quella di un concerto. Mi sento così bene, piena di energie. Mi chiedo perché non mi sia venuta prima in mente questa opzione, perché io non abbia considerato la droga come una valida fuga dal dolore. Avrei potuto vivere meglio, forse non sarei mai arrivata su quel ponte, non avrei mai conosciuto Tyler ed adesso non dovrei fuggire da un altro tipo di dolore: il suo rifiuto.

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