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Luna's POV

Sono passati cinque giorni da quando mi hanno spostato in terapia intensiva, cinque giorni da quando il mio cuore ha ceduto ed il mio mondo si stava fermando per davvero

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Sono passati cinque giorni da quando mi hanno spostato in terapia intensiva, cinque giorni da quando il mio cuore ha ceduto ed il mio mondo si stava fermando per davvero. È da allora, dal mio risveglio, che mi tengono costantemente monitorata per controllare i miei valori, soprattutto da quando ho optato per una terapia farmacologica al pace maker.

Quando la dottoressa mi ha esposto il mio problema, mi sono sentita morire ancora una volta. Pensavo di star meglio, di essere migliorata, pensavo di avere più potere sulla mia malattia; invece scopro che, ancora una volta, la malattia mi tiene in pugno e mi toglie il respiro. Ho dovuto scegliere se farmi inserire un pace maker, che mi avrebbe cambiato la vita per sempre, oppure iniziare delle pillole per regolare i miei battiti. Ero sola, totalmente sola quando ho dovuto prendere questa decisione importante. Non ho potuto parlarne con i miei genitori, e nemmeno con Tyler. La prima cosa che mi è venuta in mente, però, quando mi è stata posta una domanda... è stata la pallavolo. Il mio primo grande amore, la mia croce, la mia fonte di vita ed anche di distruzione. La mia mente è volata al primo istante in cui ho giocato la mia prima amichevole a scuola, poi a quando la mia posizione in questo sport si è fatta più seria, ed infine ho ripercorso ogni momento della mia vita in cui ho disperatamente rincorso un sogno che non sono mai riuscita a raggiungere; fin quando il padre di Tyler non me l'ha servito sul piatto d'argento ed io ho ugualmente rifiutato. Ho rifiutato perché non avrei mai accettato una proposta da quell'uomo, perché non mi sentivo pronta e perché pianificavo di rimettermi in sesto e tornare più forte di prima. Ma ora? Ora che la mia vita è appesa ad un filo, cosa farò? Qual è il mio scopo su questa terra, se non la pallavolo? Perché cazzo, ho sempre vissuto in funzione di questo sport, dell'adrenalina che mi dava, del desiderio di vincere e di avere successo. Ma se non posso più avere tutto ciò, cos'altro potrei fare? Non sono tagliata per nulla, non lo sono mai stata; non sono una cima a cucinare, non so essere una brava sorella, non so rendere le persone felici, non so fare nessun altro sport al di fuori di quello che ho sempre fatto.

Perciò, posta davanti una situazione del genere, cosa diavolo avrei dovuto fare?

Ho scelto la terapia farmacologica nella speranza che funzionasse e che con un po' di tempo avrei ripreso in mano la mia vecchia vita, nella speranza di tornare a fare pallavolo come prima che mi ammalassi seriamente. Eppure questa speranza è svanita quando, stamattina, la dottoressa mi ha detto che la terapia che stanno provando non va bene. Ed ora, l'unica soluzione contemplabile, sembra essere proprio l'unica che mi terrà lontana per sempre dal mondo che mi ha cullato e tenuta al riparo da tutte quelle situazioni a casa che mi facevano più male degli allenamenti lunghi e stancanti.

«Hei, piccola» dopo qualche squillo, Tyler risponde alla videochiamata.

«Ciao» mi guarda solo di sfuggita, troppo impegnato alla guida. Deve aver appena finito il turno ed è di ritorno a casa «Com'è andata al lavoro, oggi?».

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