19-Giochi di parole

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-L'appel du vide, in lingua francese, indica il 'richiamo dal vuoto'.
Può essere inteso come un'azione impulsiva che incita a lanciarsi nel vuoto.
Non è descritto come un'attività suicida, in quanto è solo un pensiero incompiuto.

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HALLEY☄️

Alle sei di mattina ho già gli occhi aperti, non a causa degli incubi, e nemmeno per colpa della mia mente affollata da pensieri sconvenienti.

Mancano ventisette ore all'esame di Pedagogia Sperimentale e, per una buona volta, mi sento pronta. Quasi pronta.

Ho solo bisogno di un'ultima giornata di studio frenetico e sarò pronta per imporre a me stessa di smetterla di lasciarsi schiacciare da un mostro invisibile.

Prendo in mano la mia vita, semplicemente.

Be', prendo in mano la mia vita fino a un certo punto. Cosa avrò mai fatto negli ultimi tre giorni? Dai, non è difficile indovinare.

Mi sono rinchiusa in camera, con la scusa di studiare, evitando completamente sia Ares che i miei fratelli, per quanto possibile.

L'unico che mi ritrovo sempre vicino è Antares, ovviamente. Non ho bisogno di costruire una barriera nei confronti del mio gemello.

Molte volte sa essere indiscreto, ma se capisce che non voglio parlare rimane zitto anche lui. Lo apprezzo per questo.

D'altra parte, Antares è il mio migliore amico, da tutta la vita. Non che non tenga a Neil e Perseo, ma tra gemelli è diverso.

Ci capiamo con uno sguardo.

In generale, tra noi Cooper, se uno si fa male, tutti si sentono colpiti. Ma se qualcuno osa anche solo fare del male ai miei fratelli, dopo essermi ripresa dalla mia porzione di dolore, vado a spaccare il culo a chiunque li abbia feriti.

Mentre mi vesto in fretta, cercando di non svegliare Kamra che dorme beatamente, mi torna in mente un episodio avvenuto al primo anno di liceo.

Antares, la sera precedente al primo giorno di scuola, mi aveva chiesto di mettergli dello smalto nero sulle unghie. Avevo accettato, senza fare domande.

Del resto, era sempre stato il mio sogno fare belli i miei fratelli, ma puntualmente mi dicevano che non ne avevano bisogno.

Quel giorno, però, non era finita come speravamo. Dei ragazzi dell'ultimo e del penultimo anno avevano preso in giro Antares, chiudendolo in uno stanzino per tre ore.

Sarebbe rimasto lì per chissà quanto tempo, se solo non lo avessi trovato.

Prima ancora che Neil e Perseo potessero intervenire a modo loro, cioè con le parole, la sottoscritta si era già messa in mezzo.

Quello stesso pomeriggio avevo costretto Antares a dirmi il nome di chi lo aveva chiuso in quello stanzino, poi sono andata a casa dell'idiota in questione e, anche in quel caso, non era andata bene.

Per lui, questa volta.

Il giorno dopo era tornato a scuola con un'occhio nero e senza potermi denunciare alla preside, in quanto i fatti erano avvenuti al di fuori della scuola. E, in parte, perché lo avevo minacciato di raccontare tutto ciò che aveva fatto a mio fratello.

Ero piccola, sì, e proprio per questo il coglione non aveva mosso un dito quando gli era arrivato il mio pugno dritto sull'occhio sinistro.

Miravo allo zigomo, ma questi sono dettagli.

Ricordo solo che, da quel giorno, Antares non è più stato preso di mira da nessuno. Certo, le persone non mi temevano, ma mi andava bene aver dato una lezione a quel ragazzino.

Love the way you hate me -VilipendioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora