35-Pezze gettate al vento

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Non siamo pezze gettate al vento,
ma pezzi di carne e ossa che, anche se deformati,
possono tornare a vivere.
Siamo fragili, non in quanto donne,
ma in quanto esseri umani.
Siamo fuoco, tempesta e bufera.
Al tempo stesso, siamo brezza, pioggerella e neve candida.
Non siamo deboli, troviamo la nostra forza nel silenzio,
nel bisogno di far capire che valiamo qualcosa.
Siamo donne, e siamo una cazzo di forza.

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HALLEY

Alzarsi presto non è mai stato semplice per me.

Tutto ciò che richiede questa azione, in primo luogo la scuola, non mi è mai piaciuto. Eppure, da bambina, non avrei mai immaginato che a togliermi il sonno sarebbero stati gli incubi, e non gli impegni che mi attendevano la mattina.

Eppure, stamattina, mi sono svegliata alle sei. Strano, eh?

Sembra io stia facendo progressi nella mia vita da universitaria, ma la realtà è ben diversa. È ben diversa anche la ragione per cui mi sono svegliata così presto.

Mi trascino fuori dal letto a fatica, cercando di non svegliare Kamra, dato che ieri siamo rimaste sveglie fino a tardi per metterci lo smalto e chiacchierare di tutto e di più.

Sembra banale, ma mi mancavano questi momenti con lei. Averla lontana mi ha fatto capire che l'amicizia non si misura in gesti, ma in attimi.

Quei piccoli e brevi istanti di sospensione dalla quotidianità, che ti fanno sentire a casa anche se sei dall'altra parte del mondo.

Kamra è la mia piccola casa in un mondo di posti occupati. Lei è sempre pronta a lasciarne uno libero per me, a regalarmi una bella parola anche se sembro non averne bisogno.

Questa è vera amicizia, per me.

Solo adesso mi decido a mettere un freno ai miei dolci e non richiesti pensieri.

Basta pensare, devo darmi una cazzo di mossa!

Oggi fa terribilmente freddo e, nel tentativo di trascinarmi la coperta dietro mentre vado in bagno, rischio di inciampare una decina di volte.

E il tragitto dalla camera da letto al bagno è piuttosto breve, il che è tutto dire.

Noto che i primi raggi dell'alba si insinuano nella stanza tramite la finestra posta tra i nostri letti, per cui mi avvicino per chiuderla.

Osservo un'ultima volta la mia amica, ritrovandomi inaspettatamente a sorridere. Sarà una giornata di merda, ma la mia migliore amica riesce comunque a farmi sorridere.

È clamoroso!

Ha la bocca dischiusa e un rivolo di saliva le cola dall'angolo della bocca. Mi porto una mano alla bocca per non scoppiare a ridere.

Quando mi accorgo che la sveglia del mio telefono prende a suonare, capisco che è tardissimo, e rischio di perdere il primo pullman per San Francisco.

Solitamente non ci sono pullman diretti da Berkeley a San Francisco, ma la fortuna è stata dalla mia parte, oggi.

Mi avvicino all'armadio, da cui pesco in fretta e furia il maglione più pesante che trovo, abbinato a un paio di jeans neri.

Chiusa la porta del bagno alle mie spalle, cerco di fare più in fretta che posso. Infatti, esattamente dieci minuti dopo, sono pronta.

Quando esco dal bagno, mi affretto a prendere la borsa dall'attaccapanni, dentro la quale butto il telefono e il mio giubbotto preferito.

Poco prima di uscire di corsa, portandomi una mano al collo, mi accorgo di un dettaglio.

Love the way you hate me -VilipendioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora