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Nevaeh

Il ristorante dell’hotel è più bello di quello che pensassi. Il pavimento in marmo   e gli alti  lampadari di cristallo che emanano una luce calda gli donano un eleganza che rimanda agli anni 20. Su una parete troneggiano imponenti vetrate che mostrano le luci della città che ci sta ospitando.
Mio padre alza una mano per farsi vedere. Accenno un timido saluto, timido perché al tavolo con lui ci sono anche Checo e Max.
Come gli è saltato in mente di invitarlo?
Mi avvicino al tavolo e sistemo il vestito scuro a costine che avevo deciso di indossare per la serata, forse poco elegante per il locale che ci sta ospitando per la cena e, sicuramente, non adeguato per il rivedere il tuo ex dato lo scollo sul decolté che lascia intravedere le mie curve.
“Ciao a tutti” Dico con lo sguardo basso prendendo posto tra checo e mio padre proprio davanti a Max dall’altra parte del tavolo rotondo.
“Ci hai fatto aspettare parecchio” Dice Perez cercando di sdrammatizzare quell’aria gelida che sta calando sul tavolo.
“Potevo anche non scendere proprio” Prendo il menù ma per sbaglio sfioro la mano di max ed il libricino finisce sul piatto di mio padre facendo sbattere i piatti tra di loro.
“Possiamo non farci riconoscere?” Dice lui scocciato
Io sono sicura di essere diventata un peperone.
“Mi dispiace è colpa mia”
Max verstappen che si prende delle colpe? Mai successo.
“Non mi interessa pensate a cosa volete da mangiare” Mi passa il menù che io inizio a leggere.
E’ assurdo che mio padre è il loro team principal ma si comporta come se fossero suoi figli.
“E’ agitato da quando sei arrivata qua” Perez cerca di parlarmi da dietro al menù così da nascondersi dallo sguardo degli altri
“Io non ho nulla da dirgli mi ha lasciato diversi mesi fa e adesso ha un’altra ragazza” puntualizzo.

Fortunatamente quella cena finisce prima del previsto e con la scusa dell’essere troppo stanca dal viaggio riesco ad alzarmi da tavolo dirigendomi verso l’ascensore che mi avrebbe portata al piano della mia stanza. Ma purtroppo mi rendo conto di essere seguita da qualcuno la cui camminata ed il profumo fresco li conosco fin troppo bene.
“Nevaeh” Mi prende il braccio costringendomi a girarmi verso di lui. Max è davanti a me e mi sovrasta con i suoi centimetri in più di altezza.
“Cosa succede? Mio padre ha bisogno di una mano a pagare?” Chiedo sporgendomi oltre la sua spalla rivestita da una maglietta bianca
“Perché sei così scontrosa?”
“Non abbiamo nulla da dirci io e te.” Mi libero dalla sua presa ma il suo tocco aveva lasciato una scia incandescente lungo il mio corpo.
“Invece si, da quando sei partita io..”
“Tu sei diventato il pilota migliore della formula uno? Già lo so, so come ti invidiano, mi fa piacere. Se vuoi i miei complimenti ora li hai, vuoi aggiungere altro?”
“Cazzo non c’entra niente questo” Stringe i denti in una morsa ferrea che quasi mi spaventa, la mascella è rigida ed ora rivedo il Max che tutti temono, il ragazzo cupo ed incomprensibile. Ma io so che dentro ci sta altro che non mostra a nessuno. Solo con me c’era riuscito.
Già con me e la sua nuova ragazza.
“Sei fidanzato, basta.”
“Lo dico io quando finisce.”
“Non sono uno dei tuoi ingegneri che comandi a bacchetta quando ti pare.”
“Perché è sempre così difficile con te?”
Perché ho innalzato un muro contro di lui che era difficile da buttare giù a meno che non lo volessi io. L’avevo fatto per proteggermi, per lasciare l’olandese lontano dalla mia vita perché sapevo che mi avrebbe fatto solo che del male se avessi abbassato le mie difese.
“Max vai a dormire, domani dovete lavorare.” Dileguo la sua domanda, poi gli volto le spalle ma di nuovo la sua presa mi stringe il braccio, questa volta con più forza riesce quasi a farmi male.  Mi volto verso di lui e le nostre labbra si incontrano in un istante che mi riporta indietro di mesi, anni, ma so che è sbagliato.
Mi allontano dalle sue bollenti labbra e gli tiro uno schiaffo.
“Non farlo più non sono tua Max” sono certa che tutta la gente presente nella  Hall ha lo sguardo fisso su di noi e sicuramente mio padre non ne sarà felice.
Riesco sempre a fare casini.
Penso ma in realtà non è colpa mia è Max che pensa di avere il controllo su tutto quello che ha intorno come se noi non fossimo persone ma semplicemente oggetti che poteva lasciare e riprendere quando voleva.
Con me non funziona.
Mi guardo intorno, ho bisogno di una via di fuga. Mi avvicino alle scale che salgo con una velocità che non pensavo neanche di avere. Finalmente arrivo davanti alla porta della mia camera.
E’ tutto finito.
Chiudo la porta e mi sdraio sul letto mentre un fiume di lacrime mi travolge portandomi via con sé.









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