03.

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"Presta a tutti l'orecchio, a pochi la tua voce"
-Shakespeare

Isabelle si svegliò con un dolore atroce alla testa, schiena e collo, infondo non era comodo dormire in macchina.
Guardò l'orologio digitale dell'abitacolo che segnava le dieci del mattino; il giorno prima non aveva per niente toccato cibo difatti in quell'istante sentì il suo stomaco brontolare.
Doveva trovare un posto dove potersi lavare e andare a fare colazione. Mise in moto la macchina ed andò alla ricerca di un Motel e fortunatamente mezz'ora dopo trovò il Franco&Sons.
Quando entrò pensò di essere entrata in un pollaio; il locale era lurido e decadente, c'erano anziani signori ovunque e un silenzio tombale.
«Salve come posso aiutarla?» le chiese un'anziana signora alla reception. «Vorrei affittare una stanza singola per tutta la settimana» disse Isabelle continuando a guardarsi intorno disgustata. «Certo sono centoventi euro!» le sorrise la signora mostrando i suoi denti lerci.
Isabelle a malincuore pagò e la signora la invitò a seguirla; salirono una scala che dava segni di cedimento e dopo aver svoltato centinaia di angoli, si fermarono alla stanza duecentotre.
«La ringrazio» sussurrò Isabelle. Aprì la porta con la microscopica e insignificante chiave e quello che si trovò davanti era meno terribile di quello che si aspettava. Un letto striminzito con angolo cottura e bagno, i colori delle pareti erano morti e vecchi, color pistacchio. Il pavimento era di moquette sporca. Adagiò la valigia sopra il letto e tirò i vestiti che voleva indossare, ovvero: una camicetta a fiori e un paio di jeans a trequarti.
Entrò nel bagno altrettanto squallido ed aprì la manopola dell'acqua calda ma un getto di acqua fredda le cadde addosso, non aveva scelta, doveva lavarsi con l'acqua fredda.
Quando uscì non trovò salviettine così dovette asciugarsi con le salviette portate da casa.
Niente asciuga capelli, niente acqua calda, niente asciugamani: faceva schifo quel posto. Avvolse i capelli nell'asciugamano, si vestì poi si fece uno chignon. Doveva uscire a fare un po' di spesa.
Prima di uscire il suo telefono iniziò a squillare: era Jack Il Ribelle.
«Ei' Jack cosa vuoi?» chiese con una nota d'antipatia Isabelle.
«Dolcezza, un appuntamento con te» rispose suadente lui.
«Non è fattibile» replicò Isabelle fermamente. «Baby mi dovevi un favore» le ricorda Jack.
«Jack smettila di chiamarmi così! Quando?»
«Questa sera..» «Ho il turno serale.»
«Allora a pranzo da Bruno, okay
«D'accordo, quando?» « a mezzogiorno»
«Okay ciao.» dopo aver attaccato la telefonata ringhiò frustata e poi uscì.
Uscì per dire, perché si girò intorno volte e volte senza trovare l'uscita. Dopo quarantacinque minuti riuscì a trovarla, già si erano fatte le dodici e non poteva più fare la spesa così corse in trattoria, almeno lì avrebbe mangiato.

                       ***

«Ciao baby!» esclamò Jack chiudendo la sua porsh a chiave. «Ciao.» replicò freddamente Isabelle.
«Sei uno schianto come sempre» disse Il Ribelle e Isabelle si guardò, non notò niente di speciale così col capo accennò un grazie.
«Dai entriamo» le intimò il collega.
Dopo essere entrati ordinarono il  menù del giorni accompagnato da un goccio di Amaro Monte Negro.
Si appartarono al centro della sala, accanto ad un tavolo da quattro persone; inizialmente il silenzio era imbarazzante ma poi Jack con le sue abilità oratorie prese parola e raccontò un po' la sua vita. Isabelle era particolarmente curiosa che gli prestò l'orecchio senza dire una parola, non voleva parlare del suo passato, forse era proprio quello l'obiettivo di Jack, farla sfogare perché in quei occhi verdi si vedeva la morte di una rosa prematura.
«...Quindi ho deciso di non vivere sulle spalle dei miei» disse Il Ribelle sospirando. Il racconto del ragazzo commosse la ragazza che verso una lacrimuccia che nascose subito. Ad un tratto regnò il silenzio, non era imbarazzante come quello iniziale, era più in silenzio riflessivo.
Passarono un infinità così, Isabelle non sapeva se confidarsi o meno con il ragazzo perché il suo cuore le diceva di sì ma il cervello no.
«Che ne dici di fare un giro? Ti voglio mostrare una cosa» propose il ragazzo regalandole un sorriso affettuoso che le riscaldò l'anima.
«Certo!» finalmente stava prendendo confidenza.
Uscirono dal ristorante e si avviarono verso la macchina di lui. «Come faccio?» chiese Isabelle indicando il suo abitacolo.
«Seguimi» disse Jack facendole l'occhiolino; Isabelle dopo aver fatto roteare gli occhi al cielo si avvio verso la sua automobile.
Seguì Jack fino ad una distesa d'erba bellissima, quando lo vide fermarsi, si fermò anche lei parcheggiando l'automobile affianco alla staccionata.

«Bello vero?» chiese Jack ammirando il panorama.
«Fan.. fantastico» disse Isabelle rimasta sbalordita, non se ne era accorta che erano in collina e da lì aveva la piena visuale della città.
«Vieni» disse Jack correndo verso l'erba, si buttò per terra e si rotolò giù fino a schiantarsi contro una balla di fieno, Isabelle cadde in una fragorosa risata, era dai tempi più remoti che non rideva così; imitò il ragazzo e si rotolò sull'erba fino a morire dalle risate e finire addosso a Jack che con lei cadde in una risata ristoratrice. Quando smisero di ridere, Isabelle constatò che il naso di Jack era troppo vicino al suo e che improvvisamente sentiva troppo caldo.
«Ehm.. è stato divertente» disse Isabelle ponendo lo sguardo altrove
«Mm.» disseJack fissandole le labbra, Isabelle lo percepì, ma non capiva il motivo per cui erano ancora un sopra l'altro senza che nessuno si muovesse.
«Poss-» Jack cercò di sfiorarle le labbra con un dito ma Isabelle scattò in piedi prima di farlo finire di parlare, aveva capito cosa voleva e lei non voleva.
«Ci vieni spesso?» cambiò discorso Isabelle un po' titubante.
«Ogni tanto.. quando sono arrabbiato soprattutto la notte» «qui le stelle si vedono benissimo» disse fissandola negli occhi e quando la ragazza se ne accorse abbassò lo sguardo dall'imbarazzo. Pensava che Jake nonostante quella corazza era un bravo ragazzo e neanche brutto ma ormai il suo cuore era di un altro e anche se si impegnava a non pensarci di getto le tornava alla mente lui.
Perché se ne era andata non lo sapeva neanche lei. Paura? Forse, ma di chi?
Thomas infondo non aveva fatto niente e lo sapeva benissimo, il suo cuore le gridava di tornare da lui ma quel sasso che aveva al posto del cervello si rifiutava.
«Wow..» fu l'unica cosa che riuscì a dire.
«Be' è meglio se andiamo, io ho il turno delle due» disse il ragazzo sorridendole e lei annuì.
Jack la guidò fino al Ristorante dove stavano e da lì Isabelle poté tornare a casa.
«Grazie Jack, ci vediamo!» disse la ragazza regalandogli un sorriso sincero che lui ricambiò.
Tornò al motel e decise di schiacciare un pisolino ma a quanto pare la signora Bernard era contraria perché appena si stese sul letto il cellulare iniziò a squillare.
«Signora Bernard!» esclamò frustrata.
«Oh, cara! Volevo solo dirti che i miei budygards saranno lì sabato mattina»
«Perfetto!»
«Ok chichiway!»
«Scusi?» La telefonata si concluse così, cos'era chichiway? Aggrottò la fronte e buttò il telefono sul materasso per poi buttarsi anche lei e senza accorgersene si addormentò.

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