Mistakes

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"Non la devi nemmeno nominare, lei" ringhiò Luke. Gli occhi azzurri come il cielo d'estate erano di un azzurro turbolento, ridotti a due fessure. Era un tormento, quel ragazzo. Noel non sapeva nemmeno di chi parlasse, nella sua affermazione. Forse era pazzo, pensò. Era uscito dalla classe come una furia e aveva inchiodato Liam al muro. Si era creato un gruppo di gente che voleva una rissa, e lei si era trovata li in mezzo. Odiava Liam, e Luke le incudeva uno strano timore. Ma non poteva permettere che Luke picchiasse Liam. Quella volta, quel giorno di fine ottobre che pareva come tanti Noel decise che sarebbe uscita dall'ombra. Cosi, quel giorno, dopo aver preso un gran respiro, Noel si avviò a passo spedito, ma contemporaneamente un poco incerto, verso Luke e Liam. Quanto fossero uguali e quanto diversi quei due, Noel non lo sapeva. Sapeva però, che Liam era un grande stronzo. Lui la ignorava e faceva finta di niente, ma lei li ricordava, i lividi. Anche la settimana prima. I pugni e calci erano come tristi storie che vivevano sulla sua candida pelle. E poi l'agonia con cui la picchiava. Come se fosse uno sfogo personale. Eppure per quanto timida e piena di rancore fosse, Noel, la cui più grande capacità era l'uso delle parole, andava a salvare le palle al suo fratello adottivo. Si fermò davanti ai due ragazzi. Vide l'odio negli occhi azzurri di Luke e uno spesso strato di strafottenza in quelli marroni di Liam. Le batteva forte il cuore. Stava per parlare quando "Sparisci troia" inveì Liam. Luke la guardò per un'attimo, e Noel notò che i suoi occhi si schiarirono per un secondo. Poi tornarono torbidi. L'agonia e il tormento tornarono in superficie, più forti di prima. E forse fu proprio quello a spingere Noel a ribellarsi all'ordine del fratellastro. A parlare. E quella volta fu la prima volta che Luke la sentì, la voce di Noel. "Perfavore. Lascialo stare. La violenza non è la soluzione, potreste semplicemente parlarne come persone civili..." Luke allentò la presa, come se le parole di Noel fossero un ordine. Appena Luke lasciò Liam, quest'ultimo gli tirò un pugno sul volto, pronto a tirargliene altri. Noel prese il braccio del moro, tentando di fermarlo.
Era scarlatto, il sangue di Luke. Colava denso dal naso, macchiando il viso del biondo, rovinandone l'immagine. E, anche se gli colava sulle labbra e sul collo, Noel pensava che Luke fosse carino comunque. E si maledisse per questo.
"Brutta figlia di..." Liam si interruppe, forse notando che dicendo troia alla madre di Noel, lo avrebbe detto anche alla sua di madre. "Tu devi startene al tuo posto Cristo. Non devi immischiarti nei cazzi miei" ringhiò Liam, e "stavo solo cercando di salvarti le palle, idiota" ribattè decisa Noel, avviandosi dalla parte opposta del fratellastro, verso Luke.
E quando Luke vide la ragazza dai capelli ramati avviarsi verso di lui, il suo cuore smise di battere per un attimo. Le dita affusolate della ragazza dagli occhi grigi si chiusero attorno al polso pallido del biondo e "vieni con me, ti ripulisco la faccia" sussurrò la ragazza, tirandosi dietro Luke, facendosi spazio tra la folla.
Noel sapeva che a casa le avrebbe prese, per ciò che aveva fatto. Ma faceva ciò che era giusto.
***
"Ti sto mettendo nei guai" proferì Luke, guardando fisso negli occhi Noel. E "non mi interessa. E scusa ancora. Mio fratello è un gran coglione. E io sono Noel" Luke la guardò. "Liam è tuo fratello." Distolse lo sguardo, che subito si perse nel nulla "E io che cervavo di capire chi fosse a procurarti quei lividi sulle gambe e sulle braccia." Noel tacque. " li ho notati a ginnastica. Mi avevano invaghito." La ragazza dagli occhi grigi non parlò. "Scusa. Ma non posso permetterti di andare a casa, oggi. Ti picchierà. E io non voglio" aggiunse Luke. Noel alzò le spalle. Ormai era un'abitudine. Il dolore fisico era il minore dei suoi problemi, ora. Ma apprezzava ciò che diceva Luke."non importa, davvero" disse dopo un po'. "Ormai..." ormai è un'abitudine, voleva rispondere; ma "Ti va di uscire?" Chiese Luke. Noel lo guardò negli occhi. Si prese tutto il tempo per osservare gli occhi di quel ragazzo. Azzurri come il cielo al solstizio d'estate. Si prese tutto il tempo per realizzare che Luke Hemmings le aveva chiesto di uscire. Tra tutte le ragazze, lei. Lei. Luke Hemmings. Luke, il ragazzo dagli occhi color del cielo, il ragazzo per cui Noel aveva una cotta segreta da quando aveva 14 anni. E nemmeno Liam lo sapeva. Liam, che la obbligava sempre a dirgli tutto. E poi "Okay." Rispose, facendo comparire sul viso del ragazzo un sorriso mozzafiato, spaccato da un piercing nero sul labbro inferiore, che lo rendeva davvero molto attraente. Ma nonostante tutto Noel aveva ancora paura di Luke. Ma quel giorno era coraggiosa, la ragazza. Quel giorno Noel capì che forse Luke non era poi così cattivo come sembrava.
Forse.
***
Piede destro.
Piede sinistro.
Piede destro.
Piede sinistro.
Lo aveva visto da lontano, Ashton, nei corridoi. Aileen osservava concentrata i suoi passi.
Piede destro.
Piede sinistro.
E anche Ashton la aveva vista, Aileen. Quando lei le era passata accanto indifferente lui le aveva afferrato il polso, con leggerezza, per attirare la sua attenzione. E lei aveva alzato la testa sorpresa. Gli occhi blu guizzarono da una parte all'altra, alla ricerca di qualche scusa per scampare al "possiamo parlare?" di Ashton. Lei annuì mordendosi il labbro. "Ascolta Ash.. riguardo a ieri io.." Ashton la interruppe con un gesto della mano. "Ieri sera non eri ubriaca" affermò lui, infilandosi le mani in tasca. Aileen arrossì violentemente. "Emh... ecco, se le cose che hai detto ieri sera erano vere" negli occhi color nocciola del ragazzo si accese qualcosa di quasi magico, pensò Aileen. Speranza, forse. Ma Aileen pensava che fosse qualcosa di più grande. "Ecco... io ieri ti ho detto che ecco..." era nervoso. E Aileen non avrebbe mai immaginato che lui potesse esserlo. "Ti ho detto che era tutto sbagliato. Ma ripensandoci, non me ne frega un cazzo" ridacchiò, come se l'utilizzo di una parola volgare in un discorso quasi serio potesse tranquillizzarlo. Aileen era rimasta seria, gli occhi blu lo incitarono a continuare. "E ti ho detto che avremmo fallito insieme. Ehy, io ci ho pensato. E ho deciso che sono disposto a fallire. Odio tutto ciò, è tremendamente imbarazzante e..." sul volto di Aileen si fece spazio un piccolo ghigno divertito, che si trasformò in un gran sorriso quando il ragazzo con la bandana disse " mi piacerebbe, se lo vuoi, che tu diventassi la mia ragazza" Aileen sorrideva. E le veniva strano, perché sentiva che sarebbe stato un fottuto errore mettersi con Ashton. Ma di errori Aileen ne aveva fatti tanti, troppi. E uno in più non avrebbe cambiato molto. Quella volta, nel caos generale dei corridoi scolastici, Aileen comprese che forse era davvero disposta a perdere tutto, pur di stare bene, di essere felice. E già tutto lo aveva perso, quando era scappata dall'orfanotrofio con Rikki. Sidney era stata una piccola isola dove approdare in un oceano di sconfitte. Ma nessuno le vietava di rimanerci per sempre, in quell'isola. E forse lo avrebbe fatto. Si sarebbe stabilita nel suo nuovo porto sicuro. Li sarebbe rimasta. E così "Si." rispose solo, sorridendo. E allora Ashton si accorse di come era vero quel sorriso, di come non si era accorto di come fossero finti gli altri. Ma che importava, ora ci era riuscito, a farla sorridere. E andava bene così. Andava bene un abbraccio al posto di un bacio, purché fosse vero. E l'abbraccio in cui si strinsero quel giorno, era forse il più vero che Aileen aveva ricevuto, e che Ashton aveva dato. Ed era bello. E andava bene così. A volte si, la felicità vive dietro l'angolo. Oppure ad un'isolato dalla tua nuova casa.
***
Michael e Rikki avevano la lezione di geografia insieme, come quasi tutti i corsi. A Michael andava bene. Rikki era li, ed era okay. Ma, seppure i suoi capelli sembrava avessero preso la scossa, sparati per aria com'erano, e colorati, molto colorati, non era stupido, il ragazzo. Michael aveva capito subito il casino che era Rikki, da quando gli aveva sfiorato la spalla, quella sera, per chiedergli dove fosse il bagno. Da quando la aveva vista vomitare, e da quando la aveva vista piangere. E forse no, a ripensarci, non andava affatto bene così. Rikki era uno splendido disastro. I tratti spigolosi di un viso indurito dai pensieri, le labbra serrate di una persona che vorrebbe dire tanto, ma che alla fine stava zitta. Gli occhi pieni dell'odio verso il mondo stronzo. E si, coi capelli biondi sciolti che le ricadevano sulle spalle, a testa alta, Rikki andava avanti. E Michael la guardava da lontano, inerme. Senza sapere da che parte incominciare. E anche quel giorno il ragazzo dagli occhi di un verde quasi trasparente, la osservava da lontano. E quel giorno realizzò davvero quanto fosse pericoloso quel disastro. Quanto fosse pericoloso e splendido, al medesimo tempo. Ma a lui andava bene.
Mentre camminava verso la classe di geografia qualcuno metteva il piede nella traiettoria dei passi di Rikki, che giocava nervosamente con il piercing all'orecchio, presa da qualcosa, persa nei suoi pensieri. La aveva saltata, l'ora di ginnastica, Rikki. E poi Rikki inciampava, provocando le risate di tutto il corridoio, sul piede del bastardo che le aveva fatto lo sgambetto. E Michael era un anima in pace con se stessa, ma con la rabbia che ribolliva dentro. Le catene attaccate ai jeans di Rikki, che rendevano il suo uno stile decisamente punk, tintinnarono per terra, in un suono metallico. Forse durò un secondo, il tempo in cui Rikki giaceva a terra, ma a Michael parve così lungo, mentre gli si avvicinava. E subito Rikki era di nuovo impiedi, impegnata a sistemarsi le maniche del maglione, fino alle mani. E faceva caldo, in Australia, in quello che pareva un normale inizio autunno. E uno "sparite bastardi" rieccheggiò nei corridoi, sputato con amarezza dalle labbra rosee di Michael, mentre scrutava la bionda davanti a se, come per controllare che stesse bene. Nel corridoio calò il silenzio, e ognuno si diresse nella propria classe.
Rikki e Michael si sedettero vicini, a geografia. E mentre la prof spiegava i vari strati terrestri Rikki scrisse 'grazie' su un foglio di carta e lo passò al ragazzo accanto. 'E di che?' Scarabocchiò lui. Una grafia spigolosa. 'Ti voglio bene" scrisse Rikki, mordendosi il labbro, come se avesse paura che il ragazzo li accanto non ricambiasse quel semplice sentimento. Ed era così, perché 'e io ti amo. Bel casino." scrisse Michael. E poi quel pezzo di carta veniva voglia di stracciarlo, a Rikki. Perché nessuno poteva amarla, le avevano insegnato i suoi genitori, perché lei era un disastro, un casino, e portava solo guai. Ma a Michael piaceva cacciarsi nei guai.
***
Sembravano spighe di grano sotto un cielo d'autunno, le cicatrici che Rikki portava sulle braccia.
Spighe di grano mosse dal vento, tutte orientate nella stessa direzione.
Ogni spiga, un peso al cuore, pensò Calum.
E chissà quanti pesi aveva Rikki da togliersi, ancora.
Era in ritardo, doveva andare a prendere Rikki. Un po' dispiaceva, a Calum, di non averle dato libertà di scelta quella sera, ma infondo voleva solo farla sorridere, Rikki. E così, quando la vide uscire di casa, con un gran sorriso le riferì che prima di andare in un posto bello sarebbero dovuti passare in un posto. Erano le sei di sera, e i negozi erano ancora aperti. "Resta qui" il sorriso Calum lo aveva sempre, e Rikki si chiedeva come facesse. Passarono venti minuti, e Calum uscì dal negozio di abbigliamento. "Ma cosa?" Chiese la bionda e "lo scoprirai" rispose Calum. L'aria scomigliava i capelli dei due giovani, nella decappottabile del padre di Calum. "Mi dispiace, Cal, non volevo tirarti dentro nel mio fottuto inferno" sospirò Rikki, osservando il viso del ragazzo, concentrato sulla strada. "Non è colpa tua. Sono io il coglione invadente. E poi mi ha fatto piacere che tu abbia condiviso con me una parte di te, mi hai mostrato una realtà che non ricordavo esistesse, e mi hai fatto capire, soprattutto, che le persone sono maschere e che non ti dicono sempre tutto, che i problemi se li tengono per se, che bisogna capire chi ti sta intorno... e davvero, una volta tanto, vorrei vederti sorridere. E non voglio obbiezioni su ciò che ti proporrò di fare." Il modo di parlare di Calum ti prendeva dentro, la sua voce ti obbligava ad ascoltarlo. E Rikki assaporò ogni sua parola. E il sole era basso in cielo, quando Calum parcheggiò vicino ad una baia.
Il posto era bello, ma Rikki non ebbe il tempo di osservarlo bene, perché Calum la prese per mano e la trascinò sino ai camerini del lido li vicino e "hai cinque minuti. Non accetto obbiezioni" disse, piantandole in mano il sacchetto con il quale era uscito dal negozio.
Una volta dentro al piccolo camerino, Rikki aprì il sacchetto e vu trovò dentro un costume da bagno e uno di quei bellissimi vestitini da mare che tutte le ragazze indossavano per andare in spiaggia. E poi un biglietto, una calligrafia ordinata, l'opposto di quella di Michael.
Come le margherite, senza petali non si è un fiore. Senza difetti non si è umani.
E Calum era stato davvero dolce. Il costume era blu, semplicemente un bikini. Il vestitino era azzurro, le spalline sottili, lungo fino alle ginocchia. Le dava leggerezza, a Rikki, pensò Calum.
Quando Rikki uscì dal camerino il moro sorrise soddisfatto, spegnendo la sigaretta che stava fumando nella sabbia. "Vieni?" Disse, indicando la spiaggia. Rikkinsi vergognava. Si sentiva fottutamente nuda, senza i suoi pantaloni e le sue felpe larghe. E Calum questo lo notò "Va bene così, Rikki. Non sei sbagliata, anzi." Mormorò. A Calum non piaceva Rikki, però era sua amica e lui voleva bene ai suoi amici, a tutti e tanto, e avrebbe voluto vederli sempre felici. Rikki mosse un passo, i piedi nudi a contatto con la sabbia tiepida. Camminarono in silenzio fino ad arrivare abbastanza vicini all'acqua da potervi scrutare dentro, ma abbastanza lontani che i vestiti e che Calum si stava togliendo, rimanendo in costume, e il sacchetto con i vestiti si Rikki non potessero bagnarsi. Calum aveva diversi tatuaggi. "Non ti chiedo di rimanere li impiedi tutta la sera" scherzò Calum, sedendosi sulla sabbia. E poi "È bello il tramonto, qui" Rikki si sedette accanto a lui e "È un altro dei tuoi posti speciali?" Chiese, mentre il sole all'orizzonte si tuffava nell'oceano blu. Il cielo azzurro con diverse sfumature arancioni lasciava spazio al blu della notte, le stelle iniziavano ad accendersi, la luna faceva il suo ingresso nel cielo Australiano, riflettendosi nell'acqua salata. E "è il nostro posto segreto" rispose Calum. La luna gli illuminava i capelli e il viso. " ti conviene toglierlo, quello" aggiunse poi il moro, indicando il vestito di Rikki "è ora di fare il bagno."
Rikki era terrorizzata dal fatto di dovere entrare in acqua, ma non disse nulla. Tutto ciò le ricordava i suoi incubi... ma di Calum si fidava. E così si tolse il vestito, abbandonandolo sulla spiaggia.
L'acqua era fredda. Ma non come Rikki. L'acqua ti avvolgeva e ti portava giù. E Rikki stava cercando di non cedere alla tentazione di lasciarsi affogare, seppure l'acqua non fosse profonda. "Perché mi hai portata qui?" Chiese curiosa Rikki. Calum la guardò. Si guardavano. Poi Calum scrollò le spalle e "in realtà non lo so. Forse perché è un posto bello. E perché si può parlare tranquillamente." Rikki guardò Calum e co prese che vi era qualcosa sotto "e cosa devi dirmi?" Domandò lei.
Poi disse una parola, una fottuta parola, che bastò per fare capire a Rikki dove stava l'errore. Lo aveva sussurrato. Il vento si era portato via quel suono ma era palese che lo avesse detto. "Michael" aveva detto e Rikki si mise le mani nei capelli "merda" sussurrò.

Scusate per eventuali errori :)

Dove potete trovarmi:
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Efp lukevxice

Allego in seguito il link per il trailer di "in the middle of nowhere"

https://youtu.be/L08vrrV7hs4

Il sequel di questa storia si chiamerà "the long way home" e la trovate sul mio profilo :)

In The Middle Of Nowhere //5sosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora