CAPITOLO 1

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farò di tutto per
vederti sorridere.
|Eminem|

Questa è la storia di due bambini, colpiti da quell'amore puro che solo gli infanti hanno la possibilità di provare nei confronti degli altri. Quei bambini che non smettono mai di provare quell' amore puro ed incondizionato. Quei bambini che non saranno mai i protagonisti della storia, ma solo un capitolo di quest'ultima.

TRE ANNI PRIMA (2020)

Mi sveglio pensando a ieri notte, avrò dormito all'incirca tre ore, ma va bene così, mi bastano ed avanzano per arrivare fino alle tre del mattino con il lavoro. Mi alzo senza nemmeno controllare in che che condizioni sono i miei capelli o le mie occhiaie, esco dalla mia camera con il solo intento di preparare la colazione per il mio fratellino di quattro anni Cairo, e forse, anche per me. Come al solito mamma e papà non ci sono, non che sia una novità insomma sono morti. Mia madre è morta quando ero troppo piccola per ricordarlo, in una sparatoria tra la gang in cui lavoro come cecchina, e, un'altra gang : i  'the bloodiest'che tra l'altro sono la nostra gang rivale per eccellenza da sempre. Papà Void invece è morto da qualche mese per colpa mia, non ne vado fiera, ma non me ne pento nemmeno, anzi gli ho concesso anche una morte troppo misericordiosa per un essere rivoltante come lui: un colpo secco alla testa con la mia nove millimetri. L'ho ucciso per vari motivi, primo fra tutti, picchiava mio fratello.

Un giorno tornata dal liceo, ho trovato il piccolo ed esile corpo di mio fratello Cairo steso sul pavimento, ricoperto del suo stesso sangue, ancora oggi lui ha gli incubi per via di quel bastardo di mio padre, infatti dormo sempre con lui, perlomeno quando si sveglia ogni notte da uno dei suoi soliti incubi sa che non è solo, io non lascerò mai solo mio fratello, come non l'ho lasciato solo quella notte di cinque mesi fa. Infatti dopo averlo visto in quelle condizioni, chiamai subito un'ambulanza, dicendo ai paramedici che era semplicemente caduto dalle scale, senza fornire alcuna dinamica riguardo la caduta inesistente. Ma il momento peggiore della mia vita fu quando realizzai che quello che stavo provando non era solo disperazione: la disperazione ti dilania il cuore e l'anima, io, nella mia mente, stavo vivendo tutti scenari futuri in cui il mio fratellino non sarebbe potuto crescere, non avrebbe provato l'ansia che si ha prima di un qualsiasi evento importante della propria vita, non si sarebbe potuto laureare, e perchè no, non si sarebbe potuto sposare e veder crescere i suoi figli. Avrei preferito persino un colpo di pistola alla testa piuttosto immaginare certe cose. Nella mia mente era un susseguirsi di immagini passate e future con mio fratello, e fu in quell'istante che realizzai di quanto fosse importante per me, la vita di mio fratello, io non potevo vivere senza di lui, sarei morta insieme a lui. Per questo quando qualche ora dopo tornò a casa mio padre, quasi sicuramente dopo essersi sbattuto la prima prostituta che aveva incontrato per strada, che io arsi dalla rabbia, ne ero pienamente accecata, e quando incrociai quei due occhi grigi, spenti per via della droga, ma allo stesso tempo così spensierati e leggeri nonostante avesse picchiato il figlio a sangue solo qualche ora prima, che io non resistetti più, presi la mia pistola con il silenziatore gliela puntai alla testa e sparai. Quando vedevo la sua anima (sempre che ce l'avesse) separarsi per sempre dal suo corpo, ricordo di aver pensato solo a quanto i miei occhi fossero uguali ai suoi, ed a quanto io, dopo quel giorno, ero sempre più vicina a diventare un mostro come lui ed i suoi fottutissimi occhi grigi. Fortunatamente negli ultimi mesi non ci sono state complicazioni con il cadavere, diciamo che ho un certo talento per queste cose lavorando come cecchina.

Specifico però che non mi manca nessuno dei due, anche perchè mia madre tutto sommato, era la prostituta dei due gangstar per eccellenza di tutta Miami, uno dei quali è anche il mio attuale capo.

La raffica dei miei pensieri è interrotta da un piccolo corpicino caldo che mi sta stritolando le gambe come una sorta di abbraccio, riportandomi al presente.

"Ma buongiorno piccola peste" dico al mio fratellino Cairo, prendendolo in braccio."Buon giorno sorellona" dice lui con la voce impastata dal sonno "mi hai fatto spiderman per colazione?" spiderman è sempre stato il suo supereroe preferito, infatti vuole sempre fare colazione con la sua tazza. Una volta ho provato a cambiargli tazza, inutile dire che non ha fatto colazione. "certo fratellino" rispondo io. Dopo aver fatto colazione ed aiutato Cairo a prepararsi, montiamo sull'amore della mia vita: la mia Ducati 950, ed andiamo a scuola. Lascio Cairo all'asilo, che come sempre mi saluta con un bacio sulla guancia, e, dopo aver controllato che sia entrato insieme alle maestre, per evitare che qualcuno possa fargli del male in quel lasso di tempo, mi dirigo al liceo.

Il mio peggior incubo, ma la mia unica ancora di salvezza.

Frequento l'ultimo anno di liceo e non ho nemmeno un'amico, ma non mi lamento, non sono mai stata una ragazza socievole, se solo non fosse che qui mi guardano tutti in modo strano, in realtà non hanno tutti i torti, sono un  mostro, che uccide le persone come lavoro ed ha persino ucciso il padre senza esitazione, ma loro non hanno comunque il diritto di guardarmi così, in un misto tra disgusto e pena. Tanto questo è il mio ultimo anno in questa scuola e con i soldi che sto mettendo da parte con il mio lavoro da cecchina, posso pagarmi tutti gli anni di retta universitaria in medicina, pagano molto chi fa un lavoro come il mio perchè nessuno è disposto a farlo, e non li biasimo, e poi non tutti possiedono una mira come la mia, non a caso sono la cecchina più brava dell'universal' (la mia gang) nonchè di tutta Miami.

Dopo aver finito la mia giornata scolastica, più noiosa e monotona del solito, vado a prendere Cairo a scuola, che come sempre una volta arrivati a casa inizia a raccontarmi di tutto quello che ha fatto a scuola. Presto sempre molta attenzione a ciò che mi dice mio fratello sia perchè mi interessa, sia perchè so che non tutti i bambini della sua scuola sono "buoni", infatti molto spesso appartengono a gang a noi rivali e quindi qualcuno potrebbe fargli del male, e non parlo solo dei bambini.

Cairo sta tirando fuori dal suo piccolo zainetto blu un disegno che però non vuole farmi vedere, infatti dice "oggi la maestra di arte ci ha fatto fare un disegno della nostra famiglia, tutti i miei compagni di classe hanno disegnato una mamma ed un papà che li tenevano per mano, io ho disegnato te sorellona, te che schiacci tutti quelli che fanno i bambini cattivi con me. Perchè tu sei tutta la mia famiglia come io sono tutta la tua vero?" La sua vocina flebile ed insicura che pronunciava queste parole era quasi una melodia, ma quando mi porge il disegno, mi rendo conto che non ha detto che aveva disegnato me che schiacciavo tutti come metafora, lui aveva veramente disegnato una me gigante, che schiacciava tutti sotto i suoi piedi. "Fratellino te non sei solo tutta la mia famiglia te sei tutto il mio universo" dico abbracciandolo.

Proprio in questo momento perfetto mi vibra la tasca posteriore dei jeans cargo che indosso, dove ho riposto il telefono, sblocco lo schermo. Freddo, schietto e diretto, un messaggio da un numero anonimo:

Sta sera alle 19:30 al solito posto, ho un incarico per te.

Che cliché, a quanto pare il lavoro chiama...

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