CAPITOLO 21

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Nessuno sa,
finché non abbia sofferto una notte intera
quanto possa essere caro
al cuore e all'occhio
il giorno.
/Dracula-Bram Stoker/

TYLER

Un mare d' orato culminante in una schiuma vaporosa e soffice, ma altrettanto amara.

Effettivamente l' amarezza di quella schiuma non te la saresti mai aspettata, ma a volte, le apparenze ingannano.

Ma sicuramente non era il mio caso: sembravo una nullità e lo ero anche, l' unica cosa che sapevo fare era distruggere.

Non avevo nessun talento, tranne il portare distruzioni e catastrofi...

Ansiti e leggeri boccheggiamenti aleggiavano in un' aria resa pesante dal sudore di due corpi a contatto.

Delle molle sembravo rimbalzarmi da una parete all' altra del cervello, mentre la fioca luce che proveniva da quella camera sembrava accecarmi.

La pelle contro la pelle, un unico respiro sospeso tra due corpi ansimanti che porta al raggiungimento del piacere estremo, tutto visto ed osservato grazie a quel piccolo fascio di luce balenante per via dei due corpi in frenetico movimento ed eccitazione presenti nella stanza.

Mi sentivo grande e furbo: avevo sviluppato prima dei miei coetanei, e sapevo che se non mi fossi tradito i miei genitori non mi avrebbero mai scoperto a toccarmi guardandoli.

I seni di mia madre, al contatto con le mani di mio padre, godevo nel vedere la loro reazione. Godevo nel vedere i movimenti sempre più convulsi e vogliosi dei loro corpi. Godevo nel vedere l' erezione di mio padre sparire e ricomparire dalle carni fottutamente bagnate di mia madre.

Perché era quello che mi era stato insegnato. Guardare in silenzio.

Ed il tacere era il mio unico talento.

Tacere, tacere ed ancora tacere, quando vedevo uscire mio padre dalla camera di mia sorella, e lei che chiudeva la porta della camera per nascondere un sorriso soddisfatto quanto quello di mio padre.

Lo stesso sorriso che mi si riproponeva sullo stesso volto, un po' cresciuto, di mia madre, quando voleva che io "giocassi" con lei. Ed io ovviamente acconsentivo. Perché volevo. Perché credevo fosse una mia scelta.

Ma nella vita si ha soltanto l' illusione di una scelta.

Perché qualcuno, prima, ti avrà messo nella situazione di scegliere.

Eppure godevo nell' avere ansia che mia madre, che si stava avvicinando all' armadio dove mi ero nascosto, potesse scoprirmi.

L' anta dell' armadio cigolò nell' aprirsi, sobbalzai, ed un vetro si ruppe.

Ma non era un vetro qualunque ad essersi rotto, era la mia bottiglia di birra, che cadendo a terra per il mio spavento si era rotta.

<<Ty...? Che casino!>> Disse Ares con occhi assonnati ed appiccicati dal sonno.

<<Tyler! Sei una catastrofe! Cosa ho fatto per partorire un malato come te!>>

<<Ehm... è colpa mia, la bottiglia mi è scivolata...>> Risposi io.

<<E' tutta colpa tua! Razza di pervertito, e tuo figlio è nato tale e quale a te!>> Disse lei indicando mio padre.

Lui mi guardò con occhi preoccupati per poi dire: <<Va bene, non ti preoccupare, rimani là, così posso raccogliere i vetri rotti.>>

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