CAPITOLO 5

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La paura dell' uomo non è morire,

poiché tappa della vita,

La paura dell' uomo è morire da solo.

/Moon Stories /


Erano giorni che mi sentivo osservata, ovunque, e non sapevo se l' eccitazione che provavo fosse dovuta alla paura o al piacere. Sarei dovuta essere terrorizzata, ma non lo ero.

Inoltre, era da qualche settimana che l' Universal non si faceva sentire, ne sul mio telefono cellulare ne sul mio prepagato, così, mi ritrovavo a lavorare in palestra, e  qualche ora dopo sarei dovuta andare all' ospedale per assistere ad un chirurgo che avrebbe eseguito un trapianto di fegato su un bambino.

Era pomeriggio abbastanza inoltrato, e le luci calde del sole si riflettevano sulla distesa d' acqua di una delle tante piscine di Miami, rendendola dorata. Una ragazza stava insegnando a dei bambini di cinque o quattro anni a nuotare, incoraggiandoli dicendo "Dai, adesso fai un bel respiro e vai sott' acqua, conta cinque secondi e ti tiro fuori, così quest' estate al mare sarai una bella sirenetta." Mi venne da sorridere per la perfezione di quel momento, nonostante avessi i vestiti totalmente bagnati e attaccati al corpo per via del sudore, dovuto al calore presente nella sauna. Mi sarebbe piaciuto lavorare in piscina, eppure l' unica cosa che potevo permettermi era portare gli asciugamani nella zona saune.

Molti erano gli uomini che mi guardavano, e non solo in viso, ma nessuno di loro è Loki, o i suoi amici, non ci capivo più nulla, avevo la testa totalmente andata. Quella mattina ero andata in università, l' attività che mi portava via la maggior parte dei guadagni, non solo della palestra, ma anche dell' Universal, nonostante io andassi in una facoltà non molto prestigiosa.

Il vapore della sauna mi accarezzava delicatamente la pelle, tanto che se non fossi stata in orario lavorativo mi sarei permessa di fermarmi su un lettino a riposarmi. Posai un asciugamano su ogni sdraio, e di tanto in tanto potevo vedere diverse mani che cercavano di trattenermi benché io riuscissi sempre a sgusciarci via. Non mi fermavo mai a pensare quanta gente provava a trattenermi, magari anche solo per chiedermi degli asciugamani in più, quel posto era un posto di merda, frequentato da gente altrettanto di merda, nonostante fosse una piscina semi privata, io non ero tenuta a parlare con i clienti, che parlassero con i miei superiori. In realtà era una piscina privata, ma in molti si intrufolavano facilmente, anche se magari erano stati banditi, come tutti i componenti delle gang. Compresa me. Ma nessuno sapeva.

Il vapore mi appannava totalmente gli occhi facendomi quasi lacrimare, a stento vedevo dove mettevo i piedi, e in equilibrio precario riuscii finalmente ad uscire dalla sauna affollata. Ironia della sorte, detestavo stare in luoghi affollati dove le persone erano spesso sudate, eppure ci passavo quasi tutto il tempo delle mie giornate.

Era finalmente giunta l' ora di andare in ospedale solo quando il sole era già calato da molto e l' acqua è una distesa celeste cristallino grazie all' illuminazione dei grandi fari led sul soffitto, senza i quali l' acqua sarebbe stata nera.

Mi diressi verso lo spogliatoio dello staff, e dalla divisa da lavoro passai ad indossare una morbida tuta nera aperta sulle caviglie ed una felpa beige.

Salii sulla mia Ducati e mi diressi verso il Florida Mercy Hospital, che credo fosse uno degli ospedali più prestigiosi di Miami.

Non appena arrivata, la receptionist mi accolse con gran sorriso, riconoscendomi probabilmente come una delle tante matricole che durante il corso della giornata si alternavano per osservare i diversi interventi. Essendo una delle prime volte che venivo in ospedale per assistere ad un intervento credetti mi facessero osservare o dal vetro che dava sulla sala operatoria, o direttamente da uno schermo posto in un' altra stanza.

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