CAPITOLO 8

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Si vede solo ciò che si osserva,
e si osserva
solo ciò che già esiste nella mente.

/Alphonse Bertillon/

ARES

Quella stronza non me la raccontava per niente giusta.

Devil era stata la causa della mia sofferenza per mesi, se non per anni, sognavo tutte le notti di strangolarla con il filo spinato, lo stesso filo spinato che aveva fatto soffocare il mio cuore. Avevo rimuginato così tanto sulla mia vendetta, ma poi avevo iniziato a riflettere. Devil era enigmatica, strana, una ragazza fuori dal comune, che se avessi potuto avrei analizzato il suo cervello al microscopio per capirne le dinamiche.

Devil era sempre stata la cecchina più brava di tutta Miami, astuta e furba, estremamente brava a coprire le sue tracce, tanto che quasi nessuno –compresi noi fino a poco fa- sapeva persino di che sesso fosse. A quel punto mi stavo iniziando a chiedere: come mai la cecchina per eccellenza di tutta Miami aveva sbagliato la mira e non aveva ucciso Eli Anderson?

Dalle nostre svariate ricerche durante i tre anni passati dal tentato omicidio di Eli, avevamo capito che Devil, potenzialmente, aveva sparato da una palazzina abbandonata vicino al locale in cui eravamo soliti andare, e da quella visuale non c' era nessun tipo intralcio per la mira.

Allora la mia ipotesi era: Devil aveva ricevuto l' ordine di ferire Eli, ma di non ucciderla, una specie di avvertimento. Anche una seconda ipotesi affollava la mia mente, ma mi rendevo conto da solo che era una stronzata.

All' improvviso una mano dalle unghie laccate mi ridestò dai miei pensieri. Il tocco era delicato e tracciava delicatamente i muscoli del mio collo, sapevo che amava toccarmi il collo quindi la lasciai fare, tanto eravamo soli a casa. Spostai lo sguardo dalla finestra, dalla quale si intravedeva la città buia, ai due occhi verdi che mi inchiodarono sul posto.

Le mani di Eli si aprirono sul mio petto, all' altezza dei capezzoli. Io le posai le mani sui fianchi e sospirai incurvando le spalle.

«Stai pensando troppo, dovresti prenderti una pausa.» Disse lei. Nel tocco delle sue mani non era presente la malizia celata dai suoi occhi o dal modo in cui i suoi seni premevano contro di me, facendomene sentire i capezzoli turgidi. Era grazie a lei se ora adoravo fare le fotografie.

«Ah si? E come dovrei riposarmi secondo te?» Le dissi, facendo scendere le mani sul suo culo che stritolai violentemente. Le sue curve erano esageratamente piene tanto da non starci nel palmo della mia mano, proprio come mi piaceva, proprio come ci piaceva.

Le sue mani dal mio petto scivolarono sui miei addominali e ne tracciò i solchi, facendomi ricordare di quanto amasse leccarmeli prima di inginocchiarsi tra le mie gambe. Il mio cazzo si indurì e pulso violentemente contro i jeans, puntellandole l' addome. Eli sorrise compiaciuta e si sollevò sulle punte dei piedi per leccarmi il mento e le labbra, per poi passare ai denti, io invece le morsi e tirai delicatamente la lingua e lei gemette.

Proprio quando stavo per chinarmi e darle il bacio rude che voleva, per poi sbatterla contro il tavolo della cucina, sentimmo la porta dell' ingresso scattare, e lei si allontanò in un lampo, tanto che mi sembrò di aver solo immaginato di toccare quelle curve da sogno.

Dalla porta entrarono Loki e Tyler, di cui non me ne fregava un cazzo di quello che erano andati a fare e che avrei preferito se ne tornassero a fanculo.

«Dobbiamo andare» Disse Loki e capii subito che intendeva " E' da troppo tempo che la stronza non si fa vedere, sta combinando sicuramente qualcosa e dobbiamo sorvegliarla."

Annuii «Faccio una pisciata e arrivo» Dissi dirigendomi verso il bagno. In realtà non dovevo andare in bagno, volevo solo prendere tempo per mascherare la mia fottutissima erezione.

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