CAPITOLO 18

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Le emozioni sono indefinite.
Non si può sapere
cosa prova una persona
senza averlo provato
sulla propria pelle.
Il resto,
o è compassione,
o empatia.

/Moon Stories/

LOKI 

Le stelle a Miami erano sempre un' allucinazione. Lo smog della città impediva a qualsiasi essere umano la visione completa del cielo per kilometri. Ed infatti io non stavo osservando il cielo per le stelle. Il loro romanticismo non mi apparteneva.

Per la precisione fissavo il fumo nero che si disperdeva sopra la mia testa. Dopo di che abbassai lo sguardo sul fuoco che giaceva a terra. L' odore pungente di quel fuoco mi fece sorridere.

No! Io non sono come te!

Ares e Tyler erano al mio fianco. Anche loro amavano quel fuoco. Quei fuochi. Anche loro sentivano la potenza che la vendetta faceva scorrere nelle vene.

Eppure quella sera l' unico a non sentire la soddisfazione per una vendetta ingiustificata ero io. Il grigio di quel fumo mi ricordava solo i suoi occhi pieni di lacrime. E quelle grida provenienti dalle fiamme, solo i suoi singhiozzi.

Per la prima volta in vita mia mi ero pentito di ciò che avevo fatto. Mi ero sentito in colpa. Non per la reazione della Valkiria, quella c' entrava solo in minima parte, bensì per ciò che aveva potuto provare la ragazza a cui avevo fatto quelle cose. La stessa ragazza che probabilmente ora gridava in mezzo alle fiamme. O forse era qualcun' altro, non lo avremo mai saputo.

O forse era la Valkiria ad avermi fatto capire che tutto questo da qui non riuscivo ad uscire, per paura, fosse uno schifo? 

Eppure lo avrei ucciso ancora. Si, ti avrei ucciso di nuovo.

Mi aveva dato fastidio come mi aveva guardato la Valkiria, in un misto tra giudizio ed un menefreghismo forzato. La mia voglia di vendetta era sempre presente, mi accompagnava ogni giorno. O forse era la voglia di vendetta dei miei amici ad influenzarmi?

Volevo farlo o dovevo farlo? La mia mente bugiarda diceva la prima, il mio cuore infetto la seconda.

Scossi la testa. Qualunque delle due fosse Devil Void era morta da tre anni.

«Che dite, iniziamo ad andare via?» Chiese Ares con la pala posata su una spalla stretta in una mano.

«Vuoi fermarti un momento? Accendere questo cazzo di fuoco è sempre una fatica.» Rispose Tyler alzando gli occhi al cielo. Voleva godersi lo spettacolo...

«Un attimo di un uomo è diverso da un attimo di un orso, Ty, se poi l' orso sei tu un attimo di riposo potrebbe equivalere ad un' era geologica.» Disse Ares irritato.

Ty aveva ragione: far attecchire diciotto corpi in una fossa non era facile. Ma la soluzione di etanolo ed acqua che gli iniettavamo tramite endovenosa aiutava molto. Anche il polistirolo qua e là effettivamente. Una volta che il fuoco era propagato per tutta la fossa era quasi impossibile spegnerlo. Ovviamente era impossibile per tutti, tranne che per il nostro Capo. Non sapevamo bene come facesse, eppure nemmeno un corpo era stato ritrovato dopo uno dei nostri soliti "fuochi di disinfestazione". O meglio, nessuno scheletro.

Scavare la fossa nella terra serviva solo ad impedire che il fuoco si propagasse oltre i corpi, altrimenti sarebbe stato impossibile fermarlo. 

«Sarà strano vedere le celle vuote ora, un po' mi mancheranno quelle figure da brivido...» Disse Ares scoppiando subito a ridere quando provò a simulare la voce di un fantasma sull' ultima parola. Si guadagnò una mia occhiata torva e uno spintone da Tyler. Ma Res era così: sdrammatizzare era la sua forma di difesa. Ciò che lo feriva diventava subito uno scherzo sul quale ridere.

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