CAPITOLO 13

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Anche se il timore avrà più argomenti,

tu scegli la speranza

/Seneca/

DEVIL

A casa nulla era cambiato. La parte di Miami che ero abituata a vedere era rimasta invariata. Eppure c' era un' aria diversa. C' era più sole e l' aria di mare si sentiva di più.

In realtà ero chiusa in piscina a lavorare, quindi l' aria di mare non la sentivo nemmeno se al posto del naso avessi avuto un pesce. Ed il sole non poteva esserci, dato che era sera e stavamo chiudendo. Eppure dentro di me c' era il sole e l' aria di mare.

Posai gli ultimi asciugamani dentro il ripostiglio, e poi mi girai verso le altre ragazze che lavoravano con me che se ne stavano per andare .

«Ragazze, se volete voi andate, rimango io qui a vedere se tutto è sistemato.» Proposi io. In sincerità non me ne importava nulla di vedere se tutto in piscina era sistemato, volevo solo stare per i cazzi miei in piscina. Loro si girarono solo parzialmente, squadrandomi con il loro sguardo annoiato, ma io cercai di rimanere quanto più convincente trattenendo l' impulso di tirargli un destro in bocca.

Una di loro mi lanciò le chiavi, che io presi al volo, e poi se ne andarono senza salutare. Nonostante la loro maleducazione decisi di non dire nulla, perché parlare con loro avrebbe levato il tempo a ciò che mi piaceva veramente fare.

Andai nello spogliatoio canticchiando una melodia astratta, mi infilai il costume e poi mi voltai verso lo specchio per mettermi la cuffia. Guardandomi allo specchio notai il mio sorriso, e pensando a cosa ballare una volta in acqua sorrisi ancora di più. Eppure dentro di me c' era sempre la vocetta che diceva: meriti di sorridere? Ancora sicura che tuo padre non avesse ragione? Vaffanculo.

Quando arrivai nella sala piscina mi avvicinai alla cassa bluetooth per scegliere una canzone, ma come al solito la lasciai scegliere al destino, che scelse Smooth di Santana e Rob Thomas .

Quando mi tuffai per iniziare a ballare, mi resi conto di quanto amassi stare sott' acqua. Era la pace dei sensi. Nessun rumore. Solo te, le bolle e i tuoi movimenti. Sarei rimasta sott' acqua per ore. Ad ogni passaggio mi avvicinavo sempre di più alla fine, e come sempre mi saliva un po' di tristezza, dato che ripetevo un balletto una volta sola, non di più. Ricordai il periodo in cui feci delle gare. Amavo stare con la mia squadra nonostante a loro non piacesse stare con me, e amavo anche buttarmi in acqua insieme a loro per competere contro altre squadre, eppure lo stress era tanto troppo, io volevo ballare per me stessa, non per un voto o una medaglia. Non riuscivo ad essere me stessa mentre ballavo davanti ai giudici. Ma forse non esisteva nessun "me stessa", perché alla fine chi ero io? Cos'è alla fine un nome messo a confronto con l' infinità dell' universo?

Quando la canzone finì mi avvicinai come sempre a bordo piscina e mi sdraiai per riprendere fiato. Ascoltai i rumori che mi circondavano. Era una cosa che amavo fin da bambina, perché alla fine non servono le parole per parlare, perché due persone possono passare tutta la vita a parlare per finire a non comprendersi mai, mentre altre possono passare tutta la vita in silenzio, magari non comprendendo gli altri, ma sicuramente scoprendo loro stessi.

Mi guardai intorno e mi accorsi solo in quel momento di un ombra. La mia fottuta ombra. Colui che anche se non lo vedevo c' era sempre, e non in maniera positiva.

Mi alzai subito dritta in piedi, cercando di sostenermi con la cassa bluetooth al mio fianco. Mi accorsi dello stomaco in subbuglio. Avevo fame. Ma stavolta avevo da mangiare. Ma non sapevo se volevo mangiare, non era cibo mio, non l' avevo guadagnato io.

Mi avvicinai, lui invece rimase statico, come di pietra e quando gli fui vicino lui non mi toccò nemmeno.

«Ho portato i miei vestiti a casa tua.» Esordì così quello stronzo.

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