Capitolo 6

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Hathor House comparve davanti a lei come d'incanto, mozzandole il fiato.
Juliet aveva provato a descriverle la magnifica tenuta di campagna in cui aveva trascorso gran parte della sua infanzia, ma le sue parole non avevano fatto giustizia al bel maniero, che pareva essere uscito fuori da una fiaba, con il grande viale alberato, circondato da un curato giardino all'inglese, che conduceva poi ad un meraviglioso giardino all'italiana, con siepi dai complicati disegni geometrici e roseti, che custodivano ogni varietà di rosa, ogni colore: ne intravide di gialle, rosse, bianche, di un rosa chiarissimo e persino blu.
Di tanto in tanto una statua dal soggetto mitologico faceva capolino fra i fiori.
Se si fosse messa a camminare per quei giardini di notte sarebbe stato come essere catapultata dentro Un sogno di una notte di mezz'estate di Shakespeare, non si sarebbe sorpresa se avesse scoperto che delle fate vivevano fra quelle piante.
La casa poi era come un'elegante cigno: era di un bianco candido, con fregi di marmo rosa scolpiti con motivi floreali molto intrecciati, che venivano ripresi anche sulle scale che portavano al pianerottolo d'ingresso.
La carrozza si fermò proprio davanti a queste, e, una volta scesa dalla vettura non poté smettere di guardarsi attorno stupita.
Era una delle tenute più grandi e meravigliosa che avesse mai visto, faceva capire quale fosse il posto che quella famiglia occupava nella società: molto in alto.
Seguì dunque i suoi genitori dentro la casa e il salone che le si parò davanti la lasciò senza fiato.
La contessa stava ancora accogliendo gli ospiti giunti prima di loro e Alexandra ebbe quindi tutto il tempo per guardarsi intorno: dominava la scena un imponente scalone marmoreo, i gradini erano di un bianco candido, splendente, mentre i parapetti erano di un rosa chiarissimo, alla fine della prima rampa di scale si trovava una nicchia, in cui era situata una statua probabilmente raffigurante Afrodite, sembrava essere molto antica. Il nonno di Juliet era stato un archeologo dopotutto, se fosse stata un'originale greca o romana non ci sarebbe stato poi tanto da sorprendersi.
Le pareti erano decorate da lesene di ordine ionico, e, sulle pareti di destra e di sinistra, c'erano due grandi quadri: uno rappresentava il mito di Apollo e Dafne, l'altro Artemide intenta a cacciare.
Alzò poi lo sguardo sul soffitto, finemente affrescato con una scena tratta da La favola di Amore e Psiche, quella in cui lei accende una lampada per poter finalmente guardare in faccia il suo amante sempre nascosto dalle tenebre.
"Benvenuti!" Esclamò Lady Halifax, accogliendoli, strappando Alexandra dai suoi pensieri.
Subito si esibì nella riverenza di rito.
"Spero che il viaggio sia andato bene" continuò l'anziana contessa "I miei domestici si occuperanno dei vostri bagagli, le camere vi saranno mostrate più tardi: fra poco il pranzo sarà servito, accomodatevi pure in salotto, Wilson vi farà strada. Per ogni cosa, non esitate a chiedere."
Ringraziarono la donna e si stavano già incamminando dietro al maggiordomo quando Lady Halifax la richiamò:
"Miss Hamilton," disse "spero vi divertiate."
"Sarà di certo una magnifica settimana" rispose lei.
La contessa la scrutò, come a soppesarla: di certo il fatto che Howard la corteggiasse non era passato inosservato ai suoi occhi e, non sapendo naturalmente che si trattava solo di una recita, pensava di certo che il nipote volesse sposarla. Perché altrimenti l'avrebbe corteggiata con tanto ardore, quando di solito non guardava neanche in faccia le giovani debuttanti?
La stava valutando, per capire se fosse degna o meno di far parte della famiglia, e se fosse quindi il caso di appoggiare o no il nipote.
Ora si sarebbe sentita in soggezione per tutta la settimana, sapeva bene che non si sarebbe mai sposata con Howard, ma allo stesso tempo non voleva fare brutta figura, forse in quel modo sarebbe finalmente riuscita a scollarsi di dosso l'episodio del punch...
Rivolse dunque un cenno del capo a Lady Halifax, per poi seguire i suoi genitori.
La sala da pranzo era appena stata aperta e tutti vi si stavano riversando dentro, alla ricerca del proprio posto.
Trovato il suo, proprio al centro della tavolata, Alexandra si sedette, iniziando a guardarsi intorno alla ricerca di Juliet. Tutti i Carter erano seduti al capo destro del tavolo, ma la sua amica sembrava mancare all'appello.
"Dov'è nostra sorella?" Domandò una voce, in quello che avrebbe dovuto essere un mormorio, ma che risultò invece come una frase pronunciata ad alta voce.
Howard diede un colpo sulla spalla al ragazzo, che doveva essere Raphael, il fratello che lei non aveva ancora conosciuto, per poi rispondergli in un tono di voce molto più moderato.
Alexandra non riuscì a captare le sue parole.
Lord Stamford, seduto di fronte a loro, portò poi lo sguardo verso l'ingresso della sala e lei, istintivamente, fece lo stesso: Juliet apparve sulla soglia della porta, il petto che si abbassava e si alzava velocemente, aveva corso era evidente.
"Scusatemi per il ritardo" esordì dopo aver preso un respiro profondo, comminando poi spedita verso il suo posto, proprio di fianco al gentiluomo.
Si sedette: era a disagio e completamente rigida, sembrava intimorita dal guardare Lord Stamford, evitava infatti il suo sguardo in ogni modo possibile.
Frederick e Daniel si scambiarono un'occhiata complice, tentando di trattenere delle risatine.
Ma che diamine stava succedendo?

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