Capitolo 11

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"Ma come è potuto accadere?" Domandò nuovamente Alexandra, ponendo, questa volta, il proprio quesito a Howard: forse non proprio la persona giusta, dato che era sua sorella la diretta interessata, corsa via in lacrime, attorno a cui tutte le voci ora si concentravano, non riusciva però a capacitarsi della cosa.
Un momento prima andava tutto bene, quello dopo nel giardino regnava il caos.
Riprodusse un'altra volta la scena nella sua mente: prima Lord Stamford si sedeva accanto a Juliet, parlottavano per qualche momento, poi lui le chiedeva se potesse chiederle una cosa, lei dava il suo entusiasta consenso, lui arrivava in procinto di farle la proposta di matrimonio, per poi chiederle se le andasse di uscire a cavallo insieme più tardi. Ed ecco che scoppiava il pandemonio: Juliet che scappava piangendo, Howard che la inseguiva all'istante, Lord Stamford che poco dopo si allontanava nella direzione opposta rispetto agli altri due, ogni suo movimento seguito da sguardi truci, le voci più assurde che iniziavano a girare e la famiglia Carter che scattava subito in allarme.
Un possibile scandalo doveva essere difficile da gestire quando tutta l'alta società doveva soggiornare proprio in casa tua per altri tre giorni.
"Edward..." mormorò Howard, scuotendo la testa, mentre cercava di mettere insieme una risposta da darle "tende a riflettere troppo in situazioni come quella di questo pomeriggio, si preoccupa per delle piccolezze e alla fine si tira indietro, in malo modo di solito... È un brutto difetto, ma ognuno di noi ne ha uno, e so che non voleva che le cose andassero in quel modo..."
"Non siete arrabbiato dunque?" Gli chiese Alexandra sorpresa, avrebbe immaginato di vederlo aggirarsi per Hathor House come una furia per tutto il resto della settimana.
"Non quanto avrei immaginato... Certo, avrei preferito che non facesse sorgere dubbi sulla reputazione di mia sorella, ma suppongo che sistemerà le cose..." oppure potrebbe scappare ancora, quel pensiero però lo tenne per sé.
La ragazza annuì, afferrando quindi l'ennesima coppa di champagne.
Santo cielo! Doveva avere una resistenza all'alcol quasi migliore della sua, pensò Howard.
"Cupido sa essere piuttosto dispettoso a volte..." mormorò Alexandra, non sapendo se con quella frase si stesse riferendo più a se stessa o all'amica.
"Per questo viene rappresentato come un bambino, credo..."
"Ora come sta?" Domandò poi lei sospirando, dopo qualche istante di silenzio.
"Rinchiusa in camera a riflettere fin troppo" lui si strinse nelle spalle, scuotendo poi la testa "È strano non trovate? Juliet sembra tanto impulsiva, ma non è poi così diversa da Edward, solo che lei tende a buttarsi a capofitto in qualsiasi situazione se, dopo averci pensato, lo ritiene giusto."
"Se posso darvi la mia più onesta opinione io credo che quei due siano anime gemelle" replicò Alexandra, rivolgendogli un piccolo sorriso. Lui socchiuse gli occhi, come a voler soppesare le sue parole.
Lei puntò lo sguardo sulla pista da ballo, intravedendo Lord Wright, sperava soltanto che quella sera non gli venisse in mente di provare a chiederle di danzare, lo aveva sopportato per fin troppo tempo, ed era quasi tentata di accettare il primo gentiluomo che si fosse fatto avanti solo per essere certa che la lasciasse in pace.
Doveva pur aver capito che era giunto il momento per lui di farsi da parte...
"State bene in bianco" le disse Howard, che non aveva mai smesso di osservarla.
Lei si voltò, incrociando il suo sguardo, avvertì un vuoto allo stomaco, e non sapeva se fosse più sconvolta da quell'improvviso cambio di argomento o da quel complimento inaspettato.
"Grazie" mormorò, andando quindi ad osservare il suo stesso abito chiedendosi che cosa lui vi avesse trovato di tanto bello: era un normalissimo abito bianco, senza nulla di particolare, che ricordava un chitone, visto che il tema di quella sera era L'antica Grecia, non trovava che le stesse particolarmente bene, e il colore non risaltava su di lei, aveva la pelle fin troppo chiara. Juliet sarebbe stata meravigliosa vestita in quel modo, ma Alexandra si trovava minimamente passabile.
Forse non lo pensava realmente, magari glielo aveva detto solo per farle capire che era il momento di cambiare argomento. In effetti parlare tanto della situazione di Juliet era stato abbastanza indelicato da parte sua.
"Vi va di ballare?" Le chiese poi, e il massimo che lei riuscì a fare per dargli una risposta fu annuire con un movimento scattoso, sentendosi un groppo in gola.
La danza era un valzer, un dannatissimo valzer.
Arrossì quando lui le posò la mano sulla schiena, e il fatto che tutti li guardassero non l'aiutava. Sarebbe inciampata nei suoi stessi passi, n'era certa, e forse l'appellativo di debuttante più sgraziata di sempre non sarebbe più stato tanto sbagliato.
Maledizione a quel diavolo di punch!
Doveva smettere di tornare sempre a quell'argomento, l'avrebbe perseguitata per sempre?
Probabilmente se lo ricordava solo lei...
O almeno sperava, forse ogni volta che entrava in una sala tutti si voltavano verso la persona a loro più vicina dicendo: eccola, è lei che è scivolata sul punch l'anno scorso.
"Oh, ora basta!" Esclamò, esternando i suoi pensieri senza volerlo.
Avrebbe voluto urlare, non riusciva mai a farne una giusta!
Howard, che ovviamente l'aveva udita, alzò un sopracciglio, in attesa di spiegazioni.
Era costretta a dargliene?
"Credo di star affrontando un conflitto interiore..." spiegò lei, senza rifletterci più di tanto, per poi mordersi la lingua: non avrebbe voluto rivelargli tutto quello.
Sperava non le chiedesse altro, non si sarebbe mortificata raccontando anche a lui del suo scivolone dell'anno precedente, che sembrava non voler smettere di tormentarla.
Lui le sorrise dolcemente.
"Rilassatevi, Miss Hamilton" le disse, iniziando dunque a guidarla nei movimenti del valzer con decisione, facendola volteggiare per la stanza, era diverso rispetto a quando ballava con Lord Wright e le pareva di essere completamente scoordinata "È un momento nostro, non loro, ballate con me come se non ci fosse nessun altro in questa stanza."
Alexandra sentì gli occhi farsi umidi, ma in qualche modo riuscì a scacciare le lacrime, sorrise, con il cuore che batteva ad un ritmo tutto nuovo: quella era la cosa più bella che qualcuno le avesse mai detto.
Era il loro momento e di nessun altro.

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