Survival

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"H-Hai detto..." Balbetto con un filo di fiato e gli occhi spalancati. "M-Miguel O'Hara...?"

Tyler Stone si dimena e riesce a liberarsi dalla mia stretta con uno scatto rabbioso.

Dal canto mio invece, la mia mente si è completamente svuotata dopo aver udito la risposta del direttore dell'Alchemax. Percepisco i suoni ovattati, la ragione si offusca e la vista si appanna sempre di più.

Come un gesto istintivo, le mie iridi lucide si alzano di fronte a me.

Sono ancora accovacciata a carponi sulla scrivania al centro dell'ufficio di Stone, davanti a me la parete è composta da ampie vetrate e si affaccia al panorama sconfinato di New York. Fisso la visione che mi consente quell'attico lussuoso, come... Un po' come se immaginassi di trovarmi dinanzi all'uomo a cui appartiene il nome che mi è stato confidato.

Lui... Chi mi ha fatto questo è... Spiderman...? Mi sono trasformata in un mostro a causa sua...?

L'unica cosa in grado di destarmi dal coma mentale è lo Spider-sense che mi rimbomba nei timpani e mi drizza tutti i peli del corpo.

Da quelle stesse finestre piombano una serie di soldati con tute tattiche militari e spessi cavi di ferro con cui si sorreggono dal tetto. Sfondano il vetro nel medesimo attimo in cui le truppe di sorveglianza dell'edificio irrompono nella stanza.

Tutti si fiondano su me e Tyler Stone, ma io non ho alcuna intenzione di farmi prendere.

Evito il fuoco incrociato saltando via come una molla su pareti, soffitto e i corpi dei miei stessi nemici. Tuttavia, so perfettamente che cimentarsi in un combattimento contro così tanti avversari, per di più armati fino ai denti, è inutile.

Così, mi scaravento verso l'unica via d'uscita disponibile senza pensarci troppo. Appiccico una ragnatela all'architrave delle finestre rotte e mi lancio come se fossi su una mortale altalena che mi scaraventa nel vuoto.

Senza che me ne possa rendere conto, mi sono buttata dalla cima del grattacielo più alto di tutta New York.

Tento di ridurre la velocità sfruttando tutto ciò che posso: scivolo sui piani inclinati dei palazzi, cerco di aggrapparmi ai Volatili dell'Occhio Pubblico che svolazzano attorno a questa azienda come sciami di api attorno a un alveare, ma niente, neppure la mia seta appiccicosa è stata d'aiuto per attutire l'impatto sulla terraferma.

Tutt'oggi rimane uno degli atterraggi più devastanti che abbia mai subito.

Sebbene io non mi sia frenata a sufficienza, sono riuscita con successo a stabilire un punto meno traumatico su cui cadere. Sono precipitata di proposito nel bel mezzo di un cantiere edile, scegliendo di ruzzolare su una duna di ghiaia e sabbia per rallentare, per poi ritrovarmi nelle fondamenta dello stabile in costruzione.

La mia testa ha fatto un pelo a una colonna portante.

I lavoratori sul posto accorrono al mio punto di collisione. C'è chi è terrorizzato, chi incredulo, chi furibondo.

Io non riesco a muovere un solo muscolo. Sento un senso di oppressione al torace tale da rendermi incapace di respirare regolarmente. Boccheggio a malapena, sono coperta di polvere, ecchimosi sanguinanti che bagnano i miei capelli e la divisa bluastra della vigilanza dell'Alchemax.

Tuttavia, il suono delle moto volanti dell'Occhio pubblico è un incentivo abbastanza urgente da costringermi a rialzarmi.

Cerco di ignorare la sofferenza che si ripercuote su tutto il mio fisico. Tossisco, grido, cado a terra di nuovo.

Sono a pezzi.

Gli operai mi intimano di non agitarmi, provano a rassicurarmi coi telefoni in mano, pronti per chiamare i soccorsi, ma io ho per la testa soltanto la via di fuga. Non m'importa di nient'altro.

Hogar  || Miguel O'HaraxOC ☽Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora