La conquista di Forte della Serpe aveva definitivamente consegnato la regione di Dalen nelle mani dell'Alleanza e apriva spiragli verso la regione di Stara e Arcadia. Art superviosionò il via vai di soldati dal Forte. A tutti i superstiti era stato dato un primo soccorso. Molti erano disidratati, denutriti, deboli. Una volta tornati in forze, avrebbero rimpolpato le file dell'Alleanza. Funzionava così; si toglieva all'impero un pezzetto alla volta.
Quando dal forte vide uscire un volto familiare strabuzzò gli occhi per lo stupore. Kjetil Ocari gli lanciò un'occhiata imperscrutabile, doveva averlo riconosciuto. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che si erano visti, ed era stato il giorno del diploma. Kjetil era sempre stato indifferente e apatico verso tutto e tutti. Per come lo ricordava, era convinto che la vita militare non facesse per lui e che si fosse ritirato nella sua terra natale: Stara. Qualcosa però, lo aveva spinto a combattere per Elyse.
«Capitano.» Disse una voce familiare alle sue spalle.
«Mitia, puoi chiamarmi Art. Siamo amici.»
«Essendo diventato un mio superiore, mi viene naturale chiamarvi col giusto appellativo. A ogni modo, sono venuto per avvisarti che lo sgombero del forte si è concluso nel migliore dei modi. Il Generale Cinquelao è stato trovato privo di vita. Sospetto ammutinamento.»
Sorrise. «Chissà perché non sono stupito.» Si voltò verso il suo stratega preferito. «C'era Kjetil tra i soldati nel forte. Fallo scortare nella mia tenda. Vi aspetto lì.»
«Sarebbe stata la seconda cosa di cui ti avrei parlato.» Mitia chinò il capo come gesto di deferenza. «Agli ordini.»
***
Art si sfilò i guanti placcati d'acciaio e li gettò con noncuranza sopra un baule di legno. Finalmente quei giorni in mezzo alla torrida calura del deserto bianco stavano per avere fine. Prima di andarsene, però, avrebbe scambiato quattro chiacchiere con Kjetil. La presenza al forte di un vecchio compagno di accademia aveva destato la sua curiosità.
Alcune ombre di uomini fecero capolino all'ingresso del suo alloggio spartano. Una di queste sollevò la stoffa della tenda rivelando un soldato dal volto celato sotto la barbuta e annunciò l'arrivo del prigioniero. «Capitano. È qui l'uomo che avete richiesto di incontrare.»
«Bene. Liberatelo e fatelo entrare.»
«Ma... Capitano. È pur sempre un soldato dell'imperatrice e...» I sospetti del suo sottoposto erano più che comprensibili, ma Art non era tenuto a dare una spiegazione delle sue azioni. Era il Capitano, la sua parola era legge nell'intero accampamento.
«Liberatelo e fatelo entrare.» Ripeté con tono aspro che non lasciava adito a repliche.
«Agli ordini, Capitano.» Il soldato ubbidì. Fece qualche passo all'indietro, e, poco dopo, un uomo dai capelli bianchi e unti fece il suo ingresso. Si massaggiava il polso con la mano e teneva basso lo sguardo. Art lo squadrò dall'alto a basso notando come la sua armatura fosse di pregio; il petto della corazza era composta da più placche d'acciaio unite da cinghie di cuoio così come falda e fiancali. Spallacci, bracciali, avambracci, cosciali e gambiere d'acciaio e, per finire, un lungo mantello rosso che gli ricadeva dalle spalle. Solo chi aveva denaro o rivestiva ruoli di pregio nell'esercito dell'Impero poteva vantare una simile dotazione; di solito sottufficiali e ufficiali.
«Non incuto alcun timore per voi?» Esordì Kjetil con voce melliflua come se si stesse facendo beffe di lui. Sollevò il viso e piantò due iridi ambrate su Art.
Art sorresse il suo sguardo. «Al contrario. Non siete un uomo da sottovalutare, Kjetil. Sopratutto non sapendo quello che vi passa per la testa.»
A Kjetil sfuggì un sorrisetto sghembo. «Allora sappi che come ho tagliato la testa a uno dei nove generali di Elyse, non mi faccio problemi a tagliare anche la tua.»
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La figlia dell'imperatore
Fantasy[high | medieval fantasy, grimdark] Nulla è per sempre. Anno quattromiladuecentotrentanove dell'Impero di Valesia. Art Gunther è un giovane scapestrato, figlio cadetto del potente nobile Daniem Gunther. Insieme a dieci coetanei frequenta il primo an...