Julius salì anche l'ultima rampa di scale che conduceva all'ultimo piano del dongione di Forte Torrechiara. Privo di una guardia e abbandonato al suo destino su una branda, trovò un uomo che ormai era l'ombra di se stesso; la pelle delle mani e del volto avevano assunto un colorito giallastro e delle profonde occhiaie gli contornavano gli occhi che in quel momento erano chiusi. Qualche sprazzo di bianco tra i capelli corvini e delle profonde rughe gli solcavano il viso smagrito dalla malattia.
Si soffermò a scrutare colui che nel periodo d'oro della sua carriera militare era stato uno dei nove generali dell'impero: Evitreo Berengario.
Julius sfilò il pugnale dal fodero legato alla cintola e si avvicinò al capezzale del generale.
Mancava solo quel relitto umano e il forte poteva dirsi definitivamente in mano sua. Sorrise beffardo nonostante l'odore acre e nauseabondo degli escrementi gli facessero lacrimare gli occhi e arricciare il naso.
Alzò il pugnale afferrandolo con entrambe le mani e, con un gesto secco, lo piantò sul petto dell'uomo. Lo estrasse e ripeté il gesto. Schizzi rosso scuro volarono a terra e addosso alla giacca nera e al volto di Julius. Lo pugnalò più volte, infierendo su un corpo la cui anima aveva già abbandonato.
Si ritrasse ricacciando all'indietro alcuni riccioli con la mano impiastricciata di sangue. Il braccio del pugnale scivolò lungo il fianco.
Diede un'ultima occhiata dardeggiante al corpo trucidato prima di voltargli le spalle e uscire nel terrazzamento esterno. Posò entrambe mani sul parapetto e fissò l'orizzonte. Lo aveva giurato a se stesso e ora era lì, a scrutare quel colle dove poco tempo prima si era soffermato a sognare questo momento.
Non negò a se stesso che il successo lo aveva inebriato. Con oggi, l'Alleanza aveva dimostrato di poter tener testa all'Impero. Una volta diffusa la notizia della conquista di Forte Torrechiata, sarebbe stato più facile riunire tutti coloro che avevano appoggiato suo padre e incoraggiare gli indecisi a unirsi all'Alleanza. La sua era stata una dimostrazione di forza. Elyse Regan non poteva più restare a guardare i suoi forti cadere uno dopo l'altro e l'influenza dell'impero sul continente venire sempre meno. L'Impero sarebbe tramontato come il sole all'orizzonte e lui ne sarebbe stato il principale fautore.
***
Art tese la corda dell'arco fino alla punta delle labbra e scoccò. La freccia colpì il centro del bersaglio.
La corte di Forte Torrechiara gli parve tutt'altra cosa rispetto a come l'aveva trovata al suo arrivo. Aveva ripulito il luogo insieme ai cavalieri arcadiani e ora tirava un'aria decisamente migliore.
Era sopraggiunta la sera, i soldati alleati di ronda avevano acceso alcune fiaccole ai lati del cortile e sulle mura. Art afferrò una nuova freccia, ma avvertì una presenza alle sue spalle. Si bloccò.
«Hai avuto una bella faccia tosta a disobbedirmi e poi presentarti qui con il veleno di Mira.»
«Vengo in pace, fratello.»
«Non puoi continuare a fare quello che vuoi, Art.»
«È andato tutto per il meglio. Ti ho portato Forte della Serpe, i mercanti di Siorroc e il veleno di Mira. Ho fatto tutto questo per l'Alleanza, dovresti ringraziarmi e invece mi fai la paternale.» Incoccò la freccia e mollò la presa. Il dardo si conficcò accanto a quello precedente. «Sei uguale a nostro padre.» Art abbassò l'arco e con esso, lo sguardo.
«Questo carattere marcio te lo porti dietro da sempre. Anche nostro padre era esasperato dal tuo modo di fare, Art. Ma non m'importa se sei mio fratello, se diventi un danno per l'Alleanza non esiterò a cacciarti. Alla peggio, ti uccido con le mie mani.» Inveì Julius. «Non ho bisogno di gente disobbediente come te.»
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La figlia dell'imperatore
Фэнтези[high | medieval fantasy, grimdark] Nulla è per sempre. Anno quattromiladuecentotrentanove dell'Impero di Valesia. Art Gunther è un giovane scapestrato, figlio cadetto del potente nobile Daniem Gunther. Insieme a dieci coetanei frequenta il primo an...