Capitolo 18.1: La danzatrice

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Art non si bevve il gesto di Kjetil nei confronti di Onara. Per questa volta avrebbe lasciato correre, alla prossima gli avrebbe piantato una freccia nel petto. Lasciarono la taverna e si buttarono all'inseguimento della danzatrice.

Onara si destreggiava agilmente tra la folla, evitando i passanti e mettendo sempre più terreno tra loro. A differenza di lei, Kjetil e Art travolsero chiunque si parasse sulla loro strada creando trambusto. Stavano dando spettacolo in senso negativo e non si sarebbe stupido se, da lì a poco, anche le guardie cittadine sarebbero state allarmate.

All'improvviso, Kjetil cambiò strada imboccando un vicolo meno frequentato. «Ho un piano. Mi auguro solo che in questi quattro anni non abbiano deciso di costruire un muro di troppo.»

Art si limitò a seguirlo. Non conosceva la città. Altro non poteva fare se non affidarsi a lui. L'intenzione dell'ormai ex sottufficiale dell'esercito dell'imperatrice era quella di trovare una scorciatoia.

Svoltarono l'angolo e Onara sfrecciò proprio davanti a loro. Kjetil allungò la mano, nel tentativo di afferrarle un braccio, ma la ragazza gli sfuggì. La danzatrice balzò sopra alcune casse di legno accatastate vicino al muro di un edificio, si diede lo slancio e afferrò la tettoia. Si tirò su con la sola forza delle mani e proseguì la fuga dal tetto.

«Com'è salita lassù dovrà trovare un modo per scendere. Seguimi.» Esortò Kjetil.

Art non si oppose. Del resto, era da escludere che anche loro salissero sul tetto.

«Fermatevi subito!» Art udì una voce estranea alle sue spalle e dei passi metallici riecheggiare sul selciato. Com'era prevedibile, le guardie cittadine erano state allarmate. Non poteva accadere in un momento peggiore. Se lo avessero preso, non sarebbe passato molto tempo prima di essere identificato. Le voci riguardo la sua cattura sarebbero giunte fino a Elyse Regan e per lui sarebbe stata la fine. Si trovavano pur sempre in territorio nemico. Era stato un vero incosciente ad agire in quel modo.

«Kjetil, fermati. Non possiamo inseguirla oltre. Le guardie sono state allertate. Per ora ritiriamoci.» Lo ammonì Edgar.

Kjetil arrestò la corsa e si voltò verso di lui. «D'accordo. Vediamo di seminarli e di raggiungere Mitia.»

Riuscirò a sfuggire alle guardie sfruttando l'intricato dedalo di strade della città. Si fermarono per riprendere fiato in un vicolo appartato. Art si appoggiò alla parete di un edificio e scivolò a terra, esausto. Kjetil inspirò profondamente e si tolse la lunga veste che avevano utilizzato nel deserto per ripararsi dal sole. «Disfiamoci di questo, sarà più facile depistare le guardie.»

«O lasciare delle tracce.» Rispose Art.

Un ghigno divertito comparve sul volto di Kjetil. «Non ti sfugge davvero nulla.»

Art inspirò e si levò in piedi. Imitò il gesto di Kjetil e si disfò anch'esso della lunga casacca che lo aveva protetto dal sole del deserto gettandola a terra. «Mi basta che non ci troviamo di nuovo alle costole le guardie di poco fa.»

S'incamminarono guardinghi, accertandosi che nessuno li seguisse. Si accostarono a una parete di una casa e scrutarono la via principale. Infine, Art fece cenno Kjetil di proseguire. Si mescolarono tra la folla e ritornarono alla taverna dove, ad attenderli, trovarono il rimprovero di Mitia.

«Si può sapere dove eravate finiti? Vi ricordo che siamo qui per un motivo ben preciso.» Protestò lo stratega.

Art ammise la ragazzata e restò in silenzio. Fu Kjetil a prendere parola. «La danzatrice era Onara, è fuggita.»

«Allora non mi stavo sbagliando, era davvero lei.»

Lo sguardo di Kjetil divenne sagace. «Ho un piano... Per attirarla in trappola.»

La figlia dell'imperatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora