Capitolo 5: tutto buio

105 8 3
                                    

Penny

Il giorno seguente mi alzai dal letto con un fastidiosissimo mal di testa. Guardai la sveglia. Erano le cinque del mattino. Avevo dormito a stento quattro ore. Tirai fuori i libri per ripassare quanto studiato la sera prima. Finii in trenta minuti tutto.
Sbuffai e uscii dalla mia camera per dirigermi in cucina dove mi aspettava mia madre e il suo compagno. L'atmosfera era molto tesa dato quello che era successo la sera precedente, e lo sguardo di disappunto che mi lanciò il suo compagno confermò le mie ipotesi. Lui lo sapeva.
"Hai fame?" Mi domandò secca mia mamma.
"Prendo qualcosa al bar della scuola." Le dissi per poi girarmi e tornare in camera per prepararmi. Preparai la borsa e mi diressi in bagno a fare la doccia. Amavo sentire l'acqua calda scivolarmi lungo il corpo e sulle mie curve perchè mi trasmetteva il calore di un abbraccio.
Appena uscii di malavoglia presi l'asciugamano lo utilizzai per coprirmi. 𝐷𝑖𝑎𝑚𝑖𝑛𝑒. 𝑀𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑖 𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑒𝑟𝑎.
Uscii di fretta dal bagno. 𝐶ℎ𝑒 𝑓𝑟𝑒𝑑𝑑𝑜. 𝐶ℎ𝑒 𝑓𝑟𝑒𝑑𝑑𝑜. 𝐶ℎ𝑒 𝑓𝑟𝑒𝑑𝑑𝑜. Rabbrividii ed entrai in camera.
Una sagoma imponente si catapultò su di me.
"Andras!" Lo rimproverai. "Esci immediatamente dalla mia camera!"
Lui mi guardò ed io mi persi dentro a quelle iridi infuocate.
"Cercavi questa?" Mi chiese e solo allora notai la mia biancheria intima tra le sue mani.
"Stronzo." Gli dissi tirandogli un calcio nei testicoli. Lo sentii trattenere un urlo dal dolore.
"Me lo sono meritato." Disse sofferente.
Mi vestii e lui mi accompagnò a scuola con i suoi soliti modi gentili.
Ero in anticipo.
"Penny!" Sentii una voce squillante chiamarmi e mi voltai.
"Emma!" Mi avvicinai a lei e mi saltò addosso abbracciandomi. Non mi piacevano gli abbracci a parte quelli del mio migliore amico.
"Emma! Sto soffocando!" Dissi sperando di essere rilasciata.
"Tutto bene?" Mi chiese sorridendo.
"Tutto bene. E tu?"
"Benissimo se non fosse per il mio ex. Continua a rompermi perchè disapprova Marco, il mio ragazzo." 𝐶𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑎𝑟𝑔𝑙𝑖 𝑡𝑜𝑟𝑡𝑜.
"Gli voglio bene ma non capisce che lui è l'amore della mia vita?" Si fermò in attesa che le dicessi qualcosa.
"È solo preoccupato per te." Provai a rassicurarla. "Sembra che ci tenga." Aggiunsi.
Lei mi guardò con una faccia di disappunto. "Marco è perfetto."
"Come un brutto bambino tedesco." Aggiunsi e me ne pentii subito dopo.
All'improvviso lo vidi arrivare. Era alto circa quanto me ma assolutamente più alto di Emma.
"Sei uno gnomo da giardino." Disse lui prendendola in giro.
"Smettila! Non è vero!" Era bassa. Sì. Ma pur sempre bellissima come un angelo.
Le lezioni quel giorno finirono presto. Appena la campanella suonò mi alzai e la testa incominciò a vorticare. Non mangiavo nulla da meno di un giorno. Mi reggevo a malapena in piedi e mi sembrava di stare per cadere a terra da un momento all'altro. Il peso dello zaino riusciva solo a peggiorare la situazione. Vedevo tutto sfocato e gli occhi di tanto in tanto mi si appannavano.
Mi arrivò un messaggio da parte di Andras:

𝚂𝚘𝚗𝚘 𝚒𝚗 𝚞𝚗 𝚋𝚊𝚛. 𝚁𝚊𝚐𝚐𝚒𝚞𝚗𝚐𝚒𝚖𝚒 𝚕𝚒̀. 𝚃𝚒 𝚒𝚗𝚟𝚒𝚘 𝚕𝚊 𝚙𝚘𝚜𝚒𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎.

𝑃𝑒𝑟𝑓𝑒𝑡𝑡𝑜. Distava cinquecento metri.
Provai a cliccare i tasti sul telefono ma precipitai per terra in meno di un secondo. La testa mi vorticava e anche respirare mi sembrava faticoso. Il fiato mi mancava. Vidi in lontananza Tommy parlare con un biondo girato di spalle ma non avevo la forza di parlare nè tanto meno di pensare. La vista mi si appannava di tanto in tanto.
Presi con le mani tremolanti il telefono e chiamai Andras. Il suono costante del telefono mi fece venire la nausea. E se non avesse risposto?
All'improvviso sentii la sua voce rimbombarmi nell'orecchio.
"Penny!" La sua voce era fretta e arrabbiata come una furia. Ma non era quello che mi faceva arrabbiare; mi aveva chiamata 'Penny' e non 'gattina' cosa alquanto irritante dato che mi chiamava sempre così.
"È quasi un'ora che ti aspetto". Continuò. "Si può sapere dove cazzo sei?!" Non avevo le forze di digliene quattro perchè non avevo energie quindi gli buttai giù la chiamata. Il mio corpo ne era privo. Era stato consumato dalle mie stesse azioni, portandomi di passo dopo passo verso quella che sarebbe stata la mia fine. Ormai non ero più io: la ragazza sorridente che non contava ogni caloria che assumeva. Ero diventata ossessionata dal cibo e il mio pensiero rimaneva costante su quello. Il mio cuore era stato rinchiuso in una prigione che lui stesso aveva costruito, per poi gettarne la chiave, privandosi lui stesso di ciò che necessitava. Avevo un vuoto dentro che mi consumava fino alle ossa, estirpando da me ogni sorriso e ogni gioia. Mi strappava ogni speranza abbandonandomi al patibolo. Non avevo via di scampo, perchè ero stata io stessa a distruggermi, massacrando ogni cosa che mi rendesse felice. Io ero lo stesso veleno che inghiottivo ogni giorno. La gente mi stava lontana appena mi conosceva davvero. Tutti mi avrebbero abbandonata. Tutti. Il suono di una macchina interruppe i miei pensieri autodistruttivi. Una Ferrari rosso sangue mi si fermò di fianco. Un ragazzo dal petto imponente e dall'altezza vertiginosa mi torreggiò addosso.
Ci misi qualche secondo a mettere a fuoco quel viso che sembrava la personificazione del diavolo.
"Andras." Biascicai con voce rotta.
Lui mi afferrò la mano e con un minimo sforzo mi fece alzare.
Mi prese in braccio e mi caricò in macchina senza fiatare.
Non mi guardava. Faceva di tutto per non farlo.
Lo guardai prendere una cosa dalla tasca che si rivelò una caramella.
Me la porse ed io provai a rifiutarla. Subito lui mi fulminò in modo assassino facendomi mancare il respiro.
La presi con mani tremanti. Troppe calorie. Troppe. Il mio cuore esplose dal battito che accellerava sempre di più facendomi male, forse più all'anima che al mio corpo.
I miei pensieri ritornarono come un uragano travolgendomi completamente.
Lui mi guardò in un modo spietato ed io fui praticamente costretta ad ingerire  quella caramella alla ciliegia.
"Da quanto tempo non mangi?" Il suo tono glaciale mi percorse il corpo dall'alto verso il basso mettendomi i brividi.
Accese la macchina e partì sfrecciando velocemente, prendendomi alla sprovvista.
"Ho mangiato." Gli dissi. Mi finsi calma. Ero bravissima nel mentire e nel manipolare le persone.
"Cazzate." La macchina aumentò velocità come i miei battiti.
"Ho mangiato. Perchè fai così?" Mi finsi stupita dalle sue parole. 𝐿𝑢𝑖 𝑙𝑜 𝑠𝑎𝑝𝑒𝑣𝑎?
"Sono solo 𝑐𝑎𝑧𝑧𝑎𝑡𝑒, 𝑔𝑎𝑡𝑡𝑖𝑛𝑎. Cazzate su cazzate." Mi fulminò. "E tu lo sai benissimo." Il suo tono ghiacciato mi fece gelare il sangue nelle vene. "Lo sai eccome."
Iniziò ad andare al massimo della velocità ed urlai tremante.
"Zitta!" Il suo sguardo, penetrante come proiettili, era fisso su di me.
Raccimolai quel poco di forze che mi erano rimaste per rispondergli a tono.
"Sennò?" Gli lanciai un'occhiata felina.
"Stai già male 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑎. Vuoi anche essere scopata fino allo sfinimento?"
Staccò la mano destra dal volante e raggiunse le mie cosce. Mi afferrò quella sinistra e mi disegnò dei piccoli cerchietti su di essa per poi alzarmi un po' e 𝑖𝑛𝑣𝑜𝑙𝑜𝑛𝑡𝑎𝑟𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 il tubino nero che indossavo. Ansimai e lui sorrise malignosamente.
"Ti farei godere come nessun altro saprebbe fare 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜𝑙𝑎." Strinse la presa sulla coscia impregnandomi del suo tocco. "Non sai come vorrei in questo momento entrarti dentro più e più volte fino a farti venire su di me. Per me."

SPAZIO SCRITTRICE

Il prossimo capitolo sarà un po' mooooolto piccante stelline!!!!!

Auguri e ricordatevi di lasciare una stellina se avete gradito la storia!

 MASCHERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora