Capitolo 22: una visita

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Penny

Le settimane seguenti passarono in fretta. Rafforzai i rapporti con Filippo, feci pace con Tommy e recuperai un po' i rapporti con Andrea.

Da quando Andras se n'era andato dalla mia vita, tutto era migliorato. Il vuoto che mi portavo dentro si era un po' colmato. Ora ero felice, mi divertivo, vivevo la mia vita spensierata, senza farmi troppi problemi.

A forza di pensare ad Andras e a tutto quello che lo riguardasse avevo praticamente perso il contatto con la realtà. Avevo trascurato Andrea e soprattutto me stessa.

Avevo solo bisogno di chiudere definitivamente un rapporto, di mettere un punto a certi comportamenti.

"Amore sei sicura di sentirtela?" La voce dolce di Emma mi riportò alla realtà. "Non sei obbligata a farlo. Vuoi davvero farlo?"

"Sì." Feci un sospiro ed entrai in quella stanza in ospedale.

"Sei venuta." Disse Stefano con una voce flebile mentre mi osservava con occhi tristi. Mi guardò negli occhi e si mise a piangere. "Scusa, è tutta colpa mia." Iniziò a singhiozzare. "Non volevo. Non so cosa mi sia preso, davvero. Ti posso giurare che avevo smesso con la droga quando ti ho visto, ma ho bevuto qualcosa che mi ha offerto uno sconosciuto. Aveva gli occhi praticamente neri e rossi ed era alto. Forse ce l'ha messa lui dentro al bicchiere. Te lo giuro Penny, te lo giuro, sono cambiato. Sono andato in terapia da uno psicologo e ho capito i miei grossissimi errori. Ma ti posso giurare su dio che io non mi sono più drogato." I suoi occhi sembravano distrutti dal dolore. "Da quando ti ho promesso l'ultima volta che avrei smesso ho davvero smesso. Grazie a te sono cambiato."

Lo guardai senza macchiarmi di alcuna emozione.

"Penny lo so che il nostro rapporto non continuerà, ma devi credermi, ti prego. Almeno questo. È l'ultima cosa che ti chiedo. Penny io ti amo più di quanto tu possa immaginare." Mise la sua mano sulla mia.

Tolsi subito il braccio bruscamente, travolta dai ricordi di quella terribile sera.

"Basta dire cazzate, non mi cercare mai più." Sibilai secca.

"Penny, ti prego, devi credermi." Mi provò a trattenere ma lo spinsi via e andai verso la porta. "Penny tu sei la mia vita, non ti potrei mai fare del male." Balbettò con la paura che me ne andassi da lui. "Io ti amo! Ti amo, cazzo. Lo vuoi capire?!"

"Addio Ste." Gli rivolsi un ultimo sguardo impassibile ed uscii dalla stanza.

Emma era subito lì ad aspettarmi. "Penny!" Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte. "Stai bene?"

"Sì, stellina. Non ti preoccupare. Ora andiamo a casa a fare skincare." Le dissi mentre prendevo il telefono.

"Tommy vieni a prendermi subito all'ospedale, che mi devi un passaggio." Lo rimproverai. "Sbrigati, ritardato."

Emma e Tommy si parlavano a malapena anche se a volte uscivamo insieme io, lui e lei. Ogni tanto si aggiungevano anche Camilla e Filippo, ma raramente.
Andras, invece, da quel che ne sapevo, stava ancora con Lucia ma andava con metà popolazione femminile. Bah. Non mi interessava, ormai tanto con lui avevo chiuso. Gli parlavo solo per chiedergli un passaggio o dei soldi.

Tommy arrivò sfrecciando come un pazzo davanti a noi, stranamente. Frenò all'improvviso attirando l'attenzione di tutti i passanti, infastiditi dal suo gesto.

"Tesoro?" Cercò il mio sguardo. "Potresti finirtela di guardarmi in un modo assassino?" Mi fece l'occhiolino. "Ognuno ha i suoi modi di attirare l'attenzione."

Gli tirai un pugno sul braccio che teneva fuori dal finestrino, avendo come risultato un piccolo strillo. Che bambino.

Poi, insieme ad Emma, entrammo in macchina.
Subito ci travolse l'odore di tutte le droghe che si faceva. Che idiota. Ad Emma dava particolarmente fastidio la cosa, secondo me più del dovuto.

"Che schifo." Commentò.

"Che c'è principessa?" Le chiese Tommy. "Ti da fastidio l'odore dell'erba?"

"Sì, esatto." Rispose infastidita lei.

Si scambiavano sempre insulti fatti di sguardi. Loro non parlavano con la bocca ma con gli occhi.

Gli occhi Chico, gli occhi non mentono mai.

"Ora andiamo a casa." Dissi per alleggerire l'atmosfera. "Sai dov'è."

Tommy si avviò senza calcolare minimamente i divieti stradali e mise la musica ad alto volume.

In queste settimane aveva strinto amicizia con Andras, uscivano sempre insieme per andare alle feste a sballarsi e, inoltre, ascoltavano lo stesso genere di musica, pure allo stesso fastidioso volume. E pensare che prima si odiavano... Non capivo proprio come si fossero avvicinati, ma dopottutto uno stava con Lucia e l'altro con Vanessa.
Emma odiava profondamente quest'ultima, tanto da riempire i suoi repost su Tiktok con delle frecciatine rivolte alla sottoscritta, che manco leggeva (ma dettagli).

"Eccoci arrivati, tesoro." Mi fece un sorrisetto malizioso. "Sai come rimediare al favore." Mi guardò i vestiti spudoratamente e io uscii dalla macchina sbattendo la porta.

"Viscido!" Gli lanciai un'occhiata assassina e lui si mise a ridere. Che idiota senza cervello.

"Ci sentiamo, va." Ci salutò mentre Andras appariva dietro me ed Emma.

"Eccomi." Sibilò con freddezza. Lo guardai dall'alto in basso con aria divertita.

"Mi servono cinquecento euro." Gli ricordai.

"Tieni." Me li passò evitando il mio sguardo. "Ora torna con la tua amichetta del cazzo a casa e non rompermi i coglioni, sorellina." Strinsi i pugni. "Ora mi devo andare a divertire con Tommy." Salì in auto con lui e se andò. Lo odiavo profondamente. Per evitare una discussione non risposi e non mi abbassai al suo livello.

Emma era con la testa sull'Isola che non c'è, questo era ciò che accadeva appena stavamo cinque minuti con Tommy. Quando c'era lui il suo briciolo di intelligenza spariva e sembrava appena caduta dal cielo.

"Amo sembri in una fase di trans." La presi in giro.

"No, è che ho appena visto..."

"...quel cretino di Tommy, sì, si nota."

Lei arrossì come un peperone appena cotto sulla griglia.

"Dai, entriamo in casa."

Appena entrate ci accolsero le domestiche, Emma rimaneva sempre stranita da quell'ambiente che non le apparteneva, si sentiva in imbarazzo. Io, invece, anche se non ci ero cresciuta, mi sentivo perfettamente a mio agio in quei luoghi. Sì, ero umile, ma amavo la ricchezza e gli oggetti preziosi e di valore. Scaturivano in me un barlume negli occhi, una scintilla di curiosità e di ossessione. Io ero fatta così: mi ossessionavano le cose che non potevo avere.

"Come va a casa?" Mi chiese Emma.

"Bene stellina, non ti preoccupare." Le sorrisi dolcemente per rassicurarla, ormai fingere era diventato un mestiere.

A casa, mia mamma e Marco, il babbo di Andras, sembravano la coppia perfetta all'esterno ma tra le mura di casa non parlavano praticamente. Avevo notato dei comportamenti quasi aggressivi da parte sua e la cosa non mi piaceva. Mia mamma ovviamente continuava a fare la bambola qual era, con il suo solito sorriso e pelle di porcellana. Non so come quei due facessero a non stancarsi di recitare dalla mattina alla sera. Dovevo solo sorridere, come facevano loro, e fingere che tutto fosse perfetto.

La mia vita era fatta di recite, di maschere.

Quando sarei potuta essere davvero me stessa?

 MASCHERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora