Capitolo 8: la mia stella della notte

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Andras

Due ore prima

Dopo essere salito nella mia camera non riuscivo più a smettere di pensare a quell'angelo della notte: a Penny, al suo sorriso, ai suoi occhi, al suo corpo, ai suoi baci sul collo, al suo modo di fare. Nonostante non ci fosse mi continuava ad invadere la mente, come un tarlo del quale non puoi liberarti. Mi tormentava, era la mia malattia, la mia medicina, la mia droga.

Non era come le altre. Con le altre era tutto più facile: una botta e via senza più pensarci. Con lei invece era diverso: lei mi prendeva l'anima, me la strappava via e io avrei tanto voluto tenerla lì con me, senza lasciarla mai andare. Avrei voluto farla mia, solamente mia. E in cambio di ciò avrei fatto di tutto. Per lei avrei fatto di tutto, persino uccidere. Lei era il mio angelo dell'Inferno. Mi incantava con quelle pietre verdi smeraldo al posto degli occhi, mi guardava in un modo così affilato e felino che mi sembrava di essere i Paradiso. Ma non era così. Quello non era un Paradiso, ma un'Inferno, il nostro Inferno. La desideravo come non avevo mai desiderato nessun'altra.

Serrai i pugni e scesi di sotto in modo impulsivo. L'avrei presa in braccio e buttata nel mio letto. L'avrei baciata, fatta mia e forse, finalmente, avrei accettato di provare qualcosa per lei.

Appena finii di percorrere la rampa di scale la vidi, era girata di spalle e teneva in mano una mela che le avevo preparato io stesso. Rimasi lì in silenzio per assicurarmi che mangiasse, dato che avevo letto nel suo diario (prima che lo bruciasse come una pazza psicopatica) che aveva dei disturbi alimentari.

"Al diavolo te e tutto questo cibo." La sentii sibilare tra i denti per poi lanciare via il cibo che le avevo preparato con molto impegno.

Anche io ti amo tanto gattina.

La vidi scrivere un biglietto con scritto che cenava fuori per poi uscire titubante.

Non mi ispirava nulla di buono questa cosa. E se qualche malintenzionato l'avesse molestata? Che poi è proprio una cretina ad andare in giro con un tubino nero corto ed attillato in piena notte e da sola in giro senza pensare a nulla. Una stupida e scema. Eppure è così carina. Se lo meritava dopotutto. Aveva lanciato il cibo che le avevo preparato in aria e faceva sempre la stronza. Se lo meritava. Però se le fosse accaduto qualcosa mi sarei sentito in colpa a vita. Sbuffai. Anche stanotte mi tocca fare da badante. Maledetto me e i miei sentimenti per quella bellissima dea. Borbottai tra me e me qualcosa e la seguii, senza farmi notare.

Era bellissima, sembrava una dea mentre correva spensierata tra gli alberi. I capelli neri si fondevano con il cielo. I suoi occhi felini illuminavano la notte come stelle. Si dice che gli occhi siano il riflesso dell'anima. Se questa affermazione è vera tu sei la luce nelle tenebre, l'Inferno nel Paradiso. Come può una semplice ragazza essere tutto ciò? Non lo so nemmeno io; so solo che è un'incantatrice. Quando mi guarda io mi perdo nei suoi occhi, immergendomi in un altro sogno. Lei è il mio Paradiso perchè mi fa provare le emozioni più travolgenti, ma allo stesso è un Inferno perchè mi obbliga a provare qualcosa per lei. Si vede, per lei è tutto un gioco, ma è ancora così? Prova qualcosa per me o sono uno come tutti gli altri? Lo stomaco mi si aggrovigliò.

Continuai a guardarla, mentre giocava e rideva come una bambina. Il suo sorriso era il più bello che avessi mai visto, così luminoso, così solare. Mi faceva venir voglia di prenderla tra le mie braccia e sollevarla verso il cielo urlando a tutti che quel bocciolo di rosa era solamente mio.

La vidi perdere il controllo, cosa che non aveva mai fatto, neanche con me. La vidi correre verso il vigneto e mangiare. Vederla mangiare qualcosa mi rincuorava il cuore. Era bellissima pure quando faceva la scema e la bambina. Era bellissima sempre, come un diamante luminoso che non smette mai di brillare.

Poi la vidi andare verso una casa. Chi abitava lì? La vidi suonare il campanello, anche se nessuno rispose. Poi prese il tablet ed entrò su instagram. Provai a leggere a chi stava scrivendo ma ero troppo lontano. Ebbi  il timore che volesse scrivere a Tommaso o Filippo o Stefano.

Stefano (Da quello che avevo letto nel suo diario) le aveva spezzato il cuore. Serrai i pugni. Se fosse qui lo ucciderei senza pietà e senza rimorsi. Come si permetteva? Che poi, scusami eh, ma lei non gli bastava? Doveva pure tradirla più e più volte solamente perchè non l'aveva baciato e non gli aveva regalato il suo corpo? Che merda di persona sei per fare una cosa del genere? Come ti permetti?

Il suono della voce di una terza persona distrasse i miei pensieri omicidi. Penny era in chiamata con una persona, una ragazza. Provai ad ascoltare il più possibile, non che fosse tanto difficile dato che stavano urlando come delle matte. Capii che Penny avrebbe dormito a casa di Emma e mi tranquillizzai un po'. Almeno non andava a dormire a casa di Filippo, pensai tra me e me.

Vidi Penny incamminarsi ed io la seguii. Il vento le faceva volare i capelli da tutte le parti, rendendola ancora più attraente di quanto fosse già, cosa alquanto difficile.

All'improvviso mi dimenticai di tutto e mi immersi nel suo mondo, in lei, e provai a vedere tutto dal suo punto di vista. Era come una sirena, bella, elegante e misteriosa. Mi avvolgeva la mente, distorcendo i miei pensieri e attirando tutte le attenzioni su di sé. Mi stava rubando il cuore senza che io me ne accorgessi. Ero sucube del suo tocco, del suo profumo, del suo corpo, del suo sorriso, del suo carattere, di lei. Il tarlo si stava prendendo tutto di me, e prima o poi avrebbe preso il mio cuore e lo avrebbe divorato senza pietà.

Mi distrassi a pensare e per sbaglio calpestai dei rami, attirando la sua attenzione. La vidi irriggidirsi e bloccarsi. All'improvviso si girò di scatto puntandomi contro una... matita. Risi divertito e lei posò gli occhi su ciò che aveva appena afferrato per difendersi imbarazzata. Il suo sguardo salì fino ad incontrare mio. "Andras." Disse con voce flebile, a malapena udibile.

 MASCHERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora