Capitolo 18: un cuore di ghiaccio

54 2 5
                                    

Emma

La mattina seguente mi svegliai nel letto seminuda sotto le coperte. Stare a letto con Tommy era stato magnifico. Era bellissimo. Forse avevamo saltato un po troppe tappe, forse eh. Ma non importava, lui era lì con me e mi faceva stare bene. Mi faceva sentire amata ed apprezzata, quello che io sognavo da tempo e quello di cui io avevo bisogno.

Mi girai per abbracciarlo ma lui non c'era.

Il battito accellerò all'improvviso, non poteva essere. Lo chiamai ma nessuno rispose se non Penny dalla stanza di fianco con un brontolio, perfetto. Provai a scrivergli ma mi aveva bloccato.

Le emozioni si mischiarono.

Tristezza.

Paura.

Vergogna.

Tutte si trasformarono in odio.
Lui mi aveva solo usata come un giocattolo, non gli importava di me. Sennò non se ne sarebbe andato senza neanche salutare o lasciare un messaggio. Avevo perso la verginità con un ragazzo che non mi amava. Che stupida. Che illusa. Strinsi la coperta tra le mie dita. Forse non ero abbastanza. Era di sicuro così. Io non ero abbastanza per nessuno e non lo sarei mai stata. Nè per lui, né per Marco, né per nessuno.
Provai un senso di vergogna e di vuoto.

Mi aveva solo usata.

Mi aveva solo usata.

Quelle parole continuavano a rimbombare nella mia testa in modo straziante e autodistruttivo. Basta, basta, basta! Supplicai la mia mente di fermarsi, di farmi respirare, eppure mi stava togliendo l'ossigeno, come l'edera ad un albero. Mi stava togliendo la vita tutto quel pensare.

Crollai per terra in lacrime. Era tutta colpa mia. Forse non ero abbastanza bella? Abbastanza intelligente? Abbastanza simpatica? No, io non ero mai abbastanza. In niente. E mai lo sarei stata. La verità faceva male come una pugnalata sul cuore. Era un dolore straziante, che si propagandava nel mio corpo, prendendosene il possesso.

Poi arrivò la rabbia, una rabbia implacabile, come un eruzione di un vulcano. Come aveva potuto usarmi in quel modo in un momento di fragilità?

Mi misi le mani tra i capelli con fare disperato. Ero una come tutte per lui e lo sarei sempre stata. Le lacrime continuarono a bagnarmi il viso, rigandolo di dolore.

Penny entrò in camera e corse da me, vedendomi in quello stato. Lei a quanto pare stava meglio fisicamente ma non mentalmente, dato che anche lei aveva gli occhi lucidi. Eravamo rotte, scheggiate, lo saremmo sempre state. Ma almeno eravamo insieme.
Mi abbracciò e mi accarezzò il viso dolcemente. "Supereremo anche questa." Mi rassicurò mentre mi dava un dolce bacio sulla fronte. I suoi occhi erano cosi dolci e comprensivi che crollai su di lei in un pianto straziante. Le raccontai tutto, ogni cosa. Lei, invece, mi raccontò di Andras e di tutto quello che le aveva fatto: dello stalking e che non la amava. Che pezzo di merda. Eravamo entrambe arrabbiate dentro, ma non avevamo abbastanza forze per reagire. Eravamo distrutte, entrambe dalle azioni di due uomini.

"Amore ora dobbiamo andare o faremo tardi a scuola." Mi disse Penny, tirandomi su dal letto. "Niente più pianti. Da oggi si cambia, si cambia vita."

Ci preparammo di fretta per poi andare a scuola.

Una volta arrivate venne da noi una nostra compagna di classe, sembrava simpatica anche se beveva e fumava sempre. Si piastrava sempre i suoi magnifici capelli biondi e ricci. Non ne capivo il motivo, dato che erano meravigliosi. Aveva gli occhi azzurri, come l'oceano. Ti ci perdevi ogni volta che la guardavi, ma avevano qualcosa di triste, nel fondo. E non capivo cosa.
Quelle iridi cobalto celavano segreti taciuti che io avrei tanto voluto portare a galla dall'oscurità della sua anima.

 MASCHERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora