Capitolo 14: demoni

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Lei ansimò cercando di interrompere quel contatto bestiale, divorante, che la stava per far impazzire.

In un gesto fulmineo mi sfilai la maglia e i pantaloni rimanendo solamente con i boxer mentre lei faceva scivolare il suo sguardo lungo i miei addominali possenti e al tatuaggio sul braccio con la forma di un ragno. Sembrava incantata da me e dall'effetto che le facevo. La cosa mi eccitava sempre di più. L'idea sola di vederla aggrapparsi alla mia schiena graffiandomi mi faceva impazzire. Il suo sguardo passò dall'imbarazzo alla seduzione. Mi chiedevo sempre come lei potesse cambiare sguardo e atteggiamento in un decimo di un secondo. Volevo sapere ogni cosa di lei: cosa le piaceva, cosa voleva indossare, le sue insicurezze, le sue paure, i suoi sogni. Tutto. Volevo scavare nelle radici del suo passato con le unghie e darle l'amore che le era stato negato. Glielo si leggeva negli occhi il suo dolore, la stessa ombra che avvolgeva anche i le mie iridi. Un'ombra infernale, brutale, agghiacciante, che ti consuma giorno dopo giorno fino a toglierti il respiro. Fino succhiarti via l'anima e il cuore senza pietà. Ma io l'avrei salvata dal buio e dall'oscurità, a costo di affondare. A costo di perdermi nel buio della notte.

Il suo modo di giocare con le ciocche di capelli con fare sensuale distrasse i miei pensieri.

Presi il bombolone mentre lei seguiva i miei movimenti mordendosi il labbro. Poi, lo aprii facendo colare la crema sul mio corpo seminudo. "Lecca, succhia, nutriti." Le bisbigliai con un filo di voce all'orecchio percorrendo con le dita le curve del suo corpo sinuoso.

Subito si avvinghiò a me e iniziò a mordermi e succhiarmi il collo come assetata della mia essenza e drogata del mio tocco.

Affondai le dita le dita nella sua carne che avvampava mentre lei si muoveva come una dea dell'Inferno.

Le osservai gli occhi, oscuri, velati di quell'ombra, e una domanda uscì di getto dalla mia bocca.

"Quali sono i demoni che ti tieni dentro?" Le disegnai il contorno delle labbra con una cura che non mi apparteneva.

Lei sembrò esitare mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare. La baciai, deliziandomi del sapore. "Hai tre secondi per dirmelo piccola, oppure ti posso garantire che stanotte non avrò pietà." Ovviamente non le avrei fatto male, ma volevo sapere. E manipolare era l'unico modo che conoscevo per raggiungere i miei obiettivi.

Rimase in silenzio a pensare, inondata dai pensieri che le si insinuavano come serpenti nella sua mente.

La mia lingua scivolò sul suo corpo fino a raggiungere la sua biancheria intima. La sfilai con una delicatezza che non era da me e la ammirai, come una dea merita di essere osservata e venerata. Poi, le infilai un dito dentro. Ansimò, come impazzita dal piacere. "Uno" Contai, ma lei rimase della sua idea. "Due." Infilai un secondo dito nel suo inguine mentre lei mi infilava le unghie nella schiena. Iniziò ad urlare il mio nome tra i gemiti. "Tre." Mi tolsi i boxer e tolsi le dita dalla sua intimità mentre lei voleva godere sempre di più. Glielo si leggeva negli occhi: quel desiderio graffiante e impaziente. L'avrei soddisfatta e l'avrei resa solamente mia.

"Aspetta." Mi fermò prima che glielo infilassi dentro. "Mi ami?" Chiese mordendosi il labbro.

Mi bloccai e rimasi in silenzio. La amavo, ma dirlo ad alta voce sarebbe stato come accettare di aver perso. Accettare che non potevo più tornare indietro. Accettare che ero dipendente da lei come una droga. Non me lo potevo permettere. I miei occhi erano colmi di indecisione riguardo cosa fare.

Penny, però, scelse per me. "Vaffanculo." Urlò con gli occhi, come impossessati dai demoni che la tormentavano. Lei bruciava. Bruciava di rabbia.

La vidi alzarsi e coprirsi, purtroppo. "Per me sei morto." Annunciò gelida e mi venne un dolore lancinante al petto.

"Dove vai?" La guardai mentre ogni pezzo del mio corpo e della mia anima andava in frantumi.

"Rimani. Domani devo portarti in un posto, ricordi?" La implorai ma lei non era più lei. Non avevo mai visto questo suo lato, ma mi faceva davvero paura. Il suo sguardo avvolgeva il mio corpo di spine. Lei era una rosa: delicata quanto affilata. Affilata come un coltello.

Aveva perso il controllo e solo allora ho capito perché non si lasciava mai andare. Solo allora ho visto i demoni che dimoravano nel suo cuore.

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