Capitolo 6: mi ami?

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Penny

Fermò la macchina in un parcheggio vuoto ed io non resistetti. Mi slacciai la cintura e mi misi a cavalcioni su di lui. Lui non perse tempo e mi afferrò i fianchi per poi scendere ed afferrarmi i glutei stringendoli tra le sue dita. Ansimai e lui mi incoraggiò a continuare il lavoro. "Brava piccola, continua così." Gli baciai il collo in modo passionale, divorando il suo sapore. Gli spostai le mani dai glutei e lui mi afferrò i capelli per poi portare la mia testa tra le sue gambe, facendomi inginocchiare davanti a lui.

Uscii subito dall'auto e lui mi afferrò il polso mentre si alzava. "Si può sapere che cazzo di problemi hai?!" Mi lanciò un'occhiataccia infastidita. "Me lo hai fatto diventare duro come il marmo e poi cambi idea. Guarda che fa male!"

"Smettila di fare il bambino Andras! Sei immaturo!" Gli urlai contro mentre le forze mi tornavano a mancare.

"Perchè hai smesso?" Mi domandò, come ferito. "Perchè non sei come tutte le altre ragazze? Sono tutte delle troie. Perchè non puoi esserlo anche tu?"

"Perchè non sono come altre!" Gli urlai sbraitando e spingendolo. All'improvviso vidi tutto buio e crollai per terra.

Quando mi svegliai mi ritrovai a casa sul divano del piano terra. Ci misi qualche secondo per capire quello che era appena successo. Vidi il piccolo micino che avevo raccimolato per strada  e lo presi in braccio accarezzandolo delicatamente, stando attenta a non fargli male.

Andras mi guardava puntando quelle iridi infuocate su di me.

"Mi ami?" Mi chiese all'improvviso buttando fuori quelle parole senza pensare. Si tappò la bocca subito ma ormai era troppo tardi perchè io avevo sentito tutto.

"Come?" Risposi istintivamente, sconvolta.

"Hai sentito benissimo gattina." Mi guardava in un modo diverso dal solito, tenero, dolce.

"Tu mi ami?" Gli chiesi rigirando la domanda.

"Vorrei tanto non provare nulla per te," Rimasi scioccata da quelle parole che mi continuavano a rimbombare in testa come una cantilena. "Ti ho preso del cibo sano, così magari mangi qualcosa gattina. L'ho preparato io da solo." Disse facendo cenno a una merenda composta da una composizione della mia frutta preferita.

"Come fai a sapere...?" Lo guardai stranita arricciando il naso.

"Shh." Mi diede un bacio tenero sulla fronte e si diresse in camera sua senza aggiungere nient'altro. Cosa diamine era appena successo?

Afferrai il tablet e chiamai Emma, la quale mi rispose subito. Il telefono mi sarebbe stato ridato il giorno seguente, ma mia mamma non sapeva che dal tablet avevo istallato Instagram dalla quale potevo chiamare i miei amici.

"Che succede?" La sua voce risuonò nelle mie orecchie. Non sapevo neanche io perchè l'avevo chiamata, dopotutto la conoscevo da solamente pochi giorni e non la potevo considerare ancora un'amica con la quale confidarmi.

"Ti sta simpatico il figlio del compagno di mia mamma? Quello che mi viene a prendere a scuola in moto?" Le chiesi senza pensare.

"Ah, intendi il miliardario dietro al quale tutte le ragazze sbavano dietro?" Quelle parole mi infastidirono più del dovuto. Non volevo che nessun'altra ragazza si avvicinasse a lui anche solo per salutarlo. Il sangue mi ribollì nelle vene, lanciandomi una scarica di rabbia e irritazione.

"Sì." Risposi cercando di contenere i miei pensieri divoranti. Sarebbe stato molto bello vedere tutte quelle ragazze bruciare vive. Eppure,  avrei dovuto anche pensare a come disfarmi dei cadaveri, cosa alquanto difficile senza una macchina e un tritacarne.

"Penny mi stai ascoltando?" Mi chiese Emma e solo allora mi resi conto di non aver ascoltato mezza parola.

"Cosa?" Le chiesi e lei mi rispiegò tutto.

"Sembra un ragazzo problematico che porta solo guai, Penny." La sua voce era stranamente fredda e distante. "Non mi piace per niente. Ti consiglio di stargli lontano. Potrebbe essere pericoloso."

Ma io come potevo stare lontana da lui? Lui era una calamita per me, per quanto mi risultava difficile ammetterlo. Mi sapeva prendere in un modo che solo lui sapeva fare. Eppure allo stesso tempo era insopportabile: uno di quei tipi che pensano che tutto gli sia dovuto e che pensano che bastino dei soldi per risolvere ogni problema. Beh, spoiler, non è così. Era arrogante, testardo e presuntuoso. E poi non si sarebbe più dovuto avvicinare a me. Mai più. Eppure mi mancava il suo tocco, il quale mi aveva lasciato delle cicatrici lungo tutto il corpo. Avrei dovuto resistere a quell'angelo dell'Inferno, alle sue attenzioni e provocazioni per (molto probabilmente) il resto della mia vita. Lo odiavo. Lo odiavo perchè sono abituata a non legarmi a nessuno e invece lui era entrato nella mia vita e nel mio cuore, aprendo la porta d'ingresso con forza e senza chiedermi il permesso. Si prendeva sempre quello che voleva, senza farsi scrupoli. Non lo volevo più lì, nella mia vita. Lo volevo il più lontano possibile, da me e da tutto il mio mondo. Se fosse rimasto mi sarei affezionata e lui m avrebbe delusa e uccisa dentro, come tutti gli altri ragazzi. Giocano con te come se fossi una bambola senza sentimenti. Semmai, Stefano aveva fato così. Il cuore si appesantì a quel pensiero. Mi aveva utilizzato come un gioco, del quale ogni tanto si stancava e dimenticava. Mi aveva strappato il cuore con le unghie, facendomi sanguinare. Ma a lui non importava. A lui importava solamente che io rimanessi la sua bellissima bambolina con un bel fisico. Non gli interessava come stavo, come mi faceva sentire. Non gli interessavo io. Mi aveva ferita così tanto da farmi cambiare in una persona che non riconoscevo neanche più io. Non ero più io, ero senza cuore perchè me lo aveva strappato via lui. Ormai non provavo più nulla; solo un vuoto incolmabile che divorava ogni centimetro della mia pelle ogni giorno sempre di più. E più i giorni passavano più quel dolore mi consumava fino al sangue, portandomi verso la fine.

"Hai ragione Emma." Le dissi in tono sereno. Dentro, invece, un tarlo mi stava maciullando sempre di più, perchè ammettere quello che stavo per dire faceva male, come uno sparo al cuore. "Gli devo stare lontana." Ma io quel cuore non ce l'avevo più: era caduto in un pozzo senza fine e me ne rimaneva solo il ricordo.

"Ora vado amore!" Mi disse lei in tono raggiante, come suo solito.

"A domani." Buttai giù la chiamata e guardai l'orario. Ormai era ora di cena e mia mamma e Marco sarebbero tornati a casa tra poco.  Guardai la frutta sul tavolo che mi aveva preparato Andras. Presi una mela tra le mani per avvicinarla alle mie labbra.

"Al diavolo te e tutto questo cibo." La lanciai in aria con noncuranza e attaccai un biglietto sul tavolo con scritto che cenavo fuori.

Tintinnai davanti alla porta. Se avessi varcato la soglia mi sarei lascato tutto alle spalle. Andras e tutto ciò che lo riguardava. Avrei ricominciato da capo e ce l'avrei fatta: da sola, come sempre. Perchè alla fine della giornata tutto ciò che ti rimane sei tu. Tu e solamente tu. Feci quel passo.

Un nuovo capitolo della mia vita era appena incominciato e nessuno, ripeto nessuno, me lo avrebbe rovinato. Mi bastava solo stare lontana da un ragazzo dai capelli nero carbone e gli occhi rosso rubino. Mi bastava solo quello e tutto sarebbe andato bene e per il verso giusto. Tutto secondo i miei piani.


SPAZIO SCRITTRICE

-lasciate una stellina se volete!

Hey, stelline! Ora state vedendo un lato fragile della protagonista. Ho deciso di mostrarvelo perchè nessuno è senza cuore. Però, invece, c'è chi finge di non averlo per non soffrire ancora. Perchè il dolore interiore fa più male di quello fisico. Perchè le parole fanno più male di tagli.

 MASCHERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora